Società

Composizione negoziata della crisi con doppio livello di efficacia

Presupposto oggettivo perché il debitore adotti la composizione negoziata della crisi (Cnc) è il ridisegnato stato di crisi, ignoto al Dl 118/2021 ma già disciplinato dal Ccii

di Filippo D’Aquino

Lo strumento della composizione negoziata della crisi (articoli 12-25-quinquies del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza), già introdotto dal Dl 118/2021, è stato innestato nel Codice della crisi dalla riforma estiva (Dlgs 83/2022), allo scopo di adeguare la legislazione interna al diritto dell’Unione in tema di strumenti di «allerta precoce», idonei a intercettare situazioni di «probabilità di insolvenza» e a incoraggiare il debitore ad agire «senza indugio» (17° e 22° considerando e articolo 3 della direttiva UE n. 2019/1023).

Per il vero, il legislatore si era già mosso in prevenzione su questa strada, introducendo ab origine nel Ccii (ai precedenti articoli 12-25) la disciplina degli «strumenti di allerta», successivamente abbandonata in quanto, a tacer d’altro, ritenuta inadeguata al mutato scenario post-pandemico.

Presupposto oggettivo perché il debitore adotti la composizione negoziata della crisi (Cnc) è il ridisegnato stato di crisi, ignoto al Dl 118/2021 ma già disciplinato dal Ccii. Lo stato di crisi è imperniato su un orizzonte temporale di osservazione della sostenibilità dell’indebitamento rispetto all’andamento dei flussi di cassa prospettici (articoli 2, lettera a), e 3, comma 3, lettera b), del Ccii), attualmente più ampio di quello originario (12 mesi anziché 6), benché forse residui qualche difetto di coordinamento (articoli 17, comma 3, lettera b), e 19, comma 2, lettera d).

Ulteriore presupposto, di carattere organizzativo, per l’adozione della Cnc (al pari degli abrogati strumenti di allerta) è l’istituzione da parte dell’impresa di adeguati assetti (già in vigore dal 16 marzo 2019), tali da consentire sia di rilevare tempestivamente lo stato di crisi, sia di individuare e adottare uno strumento per il suo superamento (articoli 3 e 375).

La Cnc marca la più netta differenza rispetto agli abrogati strumenti di allerta, in quanto rimessa all’iniziativa del debitore, nonché imperniata sulla figura dell’esperto, designato «terzo rispetto a tutte le parti» (articolo 16, comma 2).

Può distinguersi un “doppio livello” (come già per gli abrogati strumenti di allerta), a seconda che l’impresa rimanga estranea o meno alla adozione di strumenti giudiziali che incidono su alcuni atti dell’impresa o dei creditori.

Al primo livello, la Cnc opera sul piano stragiudiziale, con una disciplina piuttosto fluida. L’imprenditore può avvalersi dell’esonero dagli obblighi di ricapitalizzazione sino a conclusione delle trattative (articolo 20), per quanto tale facoltà, introdotta dall’articolo 6, comma 1, del Dl 23/2020 (convertito dalla legge 40/2020) per le perdite verificatesi nell’esercizio 2020, sia stata prorogata anche per gli esercizi successivi (da ultimo dall’articolo 3, comma 9, del Dl 198/2022). Scattano obblighi informativi nei confronti delle rappresentanze sindacali dei lavoratori (articolo 4, comma 3).

La gestione anche straordinaria dell’impresa rimane sotto controllo dell’imprenditore, con il limite della salvaguardia della sostenibilità economico-finanziaria, prospettiva dinamica rispetto alla conservazione dell’integrità del patrimonio (articolo 2394 del Codice civile). Nessuna conseguenza si verifica in relazione a rapporti pendenti e allo stock di debito (soprattutto tributario), potendo – al più – i rapporti essere rinegoziati su invito dell’esperto (articolo 17, comma 5).

Più pregnante l’articolo 21, comma 1, che prevede, in caso di insolvenza, la gestione dell’impresa «nel prevalente interesse dei creditori» (analogamente a un trust), norma, peraltro, difficilmente controllabile quanto a presupposti e modalità. Blanda si rivela, inoltre, la norma che consente la conservazione degli effetti degli atti di gestione e del rilascio di garanzie, essendo sempre possibile per il curatore dedurre la non coerenza dell’atto rispetto all’andamento della Cnc (articolo 24, comma 2), con onere della prova agevolato rispetto, ad esempio, alla revocazione di atti compiuti in esecuzione di piani attestati (articolo 166, comma 3, lettera d).

Se, invece, si tratta di atti di straordinaria amministrazione, risolutiva appare (ai fini della conservazione degli effetti) la mancata iscrizione da parte dell’esperto del dissenso al compimento dell’atto (articoli 21, comma 4, e 24, comma 3).

Al “secondo livello”, in cui l’impresa accede a strumenti giudiziali (più ampi rispetto agli abrogati strumenti di allerta), la disciplina si fa più pregnante. Gli strumenti giudiziali spaziano dal blocco temporaneo delle azioni cautelari e, soprattutto, esecutive (articolo 18), compresa l’improcedibilità dell’eventuale domanda di liquidazione giudiziale (comma 4), all’inibizione dell’eccezione di inadempimento (comma 5), a finanziamenti autorizzati dal tribunale, dichiarati espressamente prededucibili nelle successive procedure concorsuali e sin anche alla cessione dell’azienda (articolo 22); atti negoziali che conservano la loro efficacia nell’eventuale procedura concorsuale successiva, benché senza espressa salvezza ai fini tributari secondo quanto previsto dall’articolo 14, comma 5-bis del decreto legislativo 472/1997.

Lo strumento (che non ha avuto sinora grande impatto) va salutato con favore, benché – da un lato – scarichi sull’esperto una enorme responsabilità sull’operato dell’impresa e – dall’altro – non sia stata accompagnata da una adeguata classificazione dei crediti finanziari dell’impresa in Cnc, con conseguente loro deterioramento e risposta ostativa del sistema creditizio.

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