Penale

Il sequestro per omesso versamento si applica anche nel concordato preventivo

La configurabilità dei reati di omesso versamento, anche nel caso in cui il termine rilevante ai fini penali venga a scadere dopo la presentazione della domanda di concordato, risponde all'esigenza di garantire in modo particolarmente pregnante il credito erariale, rispetto al quale l'ordinamento appronta anche lo strumento della confisca (Corte di Cassazione, Sez. III Pen., Sent. n. 9248, 18 marzo 2022)

di Paolo Comuzzi

Con la sentenza che qui si commenta ( Cassazione decisione 9248/2022 ) la Corte ha stabilito alcuni interessanti principi che meritano un commento in questa sede.

Nel caso di specie (ricorrente era il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Benevento) la doglianza era relativa al fatto che "…il Tribunale di Benevento, in sede di riesame, ha annullato il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP del Tribunale di Benevento l'8 luglio 2021, in relazione al reato di cui all'art. 10-ter del d.lgs. n. 74 del 2000, contestato all'indagato perché, in qualità di amministratore unico della società [omissis], non versava l'imposta sul valore aggiunto dovuta per l'anno 2017, per un importo pari ad € 521.440,72. Il sequestro era finalizzato alla confisca diretta delle somme di denaro nella disponibilità della società coinvolta e, in via subordinata, alla confisca per equivalente dei beni propri dell'indagato, sempre fino alla concorrenza complessiva dell'imposta evasa …".

In sostanza viene contestato il reato di omesso versamento dell'IVA ad un soggetto che riveste la qualifica di amministratore di una S.r.L. e, questo punto, il mancato versamento si ha nelle more di una procedura in quanto la società aveva presentato ricorso per la ammissione alla procedura di concordato preventivo.

In questa situazione – presentazione di una istanza di concordato - si aveva che il Tribunale di Benevento (fissati i termini per il deposito della documentazione) aveva anche stabilito "… in via provvisoria, che per i pagamenti di importo superiore ad € 50.000,00 sarebbe stata necessaria l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria, previa comunicazione ai commissari giudiziali nominati; nel frattempo, in data 27 luglio 2018, la società ha presentato telematicamente il modello IVA 2018 concernente l'imposta dovuta per l'anno 2017, pari ad € 521.440,00, il cui termine per adempiere scadeva il 27 dicembre 2018; la domanda di concordato corredata dal piano, comprendente proposta di transazione fiscale, è stata depositata il 29 novembre 2018 e il Tribunale Fallimentare, in data 26 giugno 2019, ha adottato il provvedimento di ammissione alla procedura concorsuale, evidenziando la fattibilità giuridica (e non anche economica) del piano e l'opportunità di ammettere la società alla procedura nonostante il dissesto, per via del promesso apporto di finanza esterna. Il Tribunale ha accolto la richiesta di riesame, aderendo all'orientamento minoritario di legittimità secondo cui la semplice presentazione della domanda di concordato preventivo preclude l'adempimento delle obbligazioni tributarie …".

Come appare chiaro nelle parole del Tribunale la società aveva presentato (mediante sistema telematico) il modello IVA per l'anno precedente che portava una debito pari a 521.440 euro ed il cui termine per adempiere scadeva il successivo 27 dicembre.

A seguire la presentazione del modello la società aveva depositato la domanda di concordato (29 Novembre prima del giorno in cui doveva adempiere) e poi, il giorno 26 giugno dell'anno solare successivo, il Tribunale aveva adottato il provvedimento di ammissione alla procedura.

In buona sostanza la questione appare semplice ed evidente e si sostanzia nell'affermare se la semplice presentazione di una istanza di concordato preventivo preclude o meno l'adempimento delle obbligazioni tributarie - sul punto non esiste certamente concordia - e nel caso di specie la Corte di Cassazione ritiene il ricorso del Procuratore del tutto fondato e per dirlo opera i passaggi che seguono.

In via preliminare la Corte di Cassazione ritiene opportuno svolgere una "…riflessione sulla questione relativa ai rapporti tra il reato tributario in contestazione e la procedura di concordato preventivo, in relazione alla quale si registra un primo orientamento, secondo cui la procedura di concordato preventivo scrimina i reati di omesso versamento, in relazione a obblighi scaduti tra la presentazione dell'istanza di ammissione al concordato - sia esso "in bianco" che con deposito del piano - e l'adozione del relativo decreto , solo ove sia intervenuto un provvedimento del Tribunale che abbia vietato , o comunque non autorizzato, come invece richiesto dall'interessato, il pagamento dei suddetti debiti, essendo in tal caso configurabile la scriminante dell'adempimento di un dovere imposto da un ordine legittimo dell'autorità di cui all'art. 51 cod. pen. Per contro, in mancanza di dette condizioni, il mero decreto di ammissione al concordato non vale a scriminare "retroattivamente" gli omessi versamenti relativi a debiti scaduti anteriormente. Tale indirizzo interpretativo si pone in linea con gli enunciati della giurisprudenza largamente maggioritaria, secondo cui la procedura di concordato preventivo non inibisce - in linea di principio - il pagamento dei debiti tributari il cui termine di scadenza è successivo al deposito della domanda (ex multis, Sez. 3, n. 13628 del 20/02/2020, Rv. 279421; Sez. 3, n. 2860 del 30/10/2018, dep. 22/01/2019, Rv. 274822).
In particolare, si è affermato che il pagamento del debito trova fondamento nella previsione normativa di cui agli artt. 161, comma 7, e 167 della legge fallimentare, come osservato dalla Cassazione civile, la quale afferma che non è tout court vietato il compimento di atti straordinari (tra cui il pagamento del debito tributario), i quali, se compiuti senza autorizzazione giudiziale, non comportano la revoca della procedura (Sez. 1, n. 11958 del 16/05/2018 Rv. 648456, che richiama Cass. 14887/2017, 7066/2016, 3324/2016, successivamente ribadito da Sez. 1, n. 16808 del 21/06/2019 Rv. 654280).
Un argomento a sostegno di questa ricostruzione può essere desunto da Corte cost., ord. n. 256 del 2017, che chiarisce - ove ve ne fosse la necessità - che il soggetto in concordato è la società e non l'imputato, e l'impossibilità di provvedere al pagamento a causa dei vincoli derivanti dal concordato preventivo riguarda solo la società e non anche l'imputato, che è, invece, l'autore del reato. Ne consegue che trova applicazione, anche in relazione alla questione del rapporto fra crisi e concordato, il principio - già richiamato - secondo cui spetta all'imprenditore in crisi, che sa di avere un debito fiscale che verrà a scadenza certa, ponderare la migliore soluzione della crisi di impresa e valutare in tale ambito anche le conseguenze penali della sua eventuale omissione del pagamento del debito …".


Proseguendo in questo esame i Giudici affermano che "Un ulteriore argomento a favore di tale ricostruzione interpretativa e' rappresentato dal fatto che il pagamento dell'IVA - che peraltro e' un credito privilegiato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 62, - dopo la presentazione della domanda di concordato preventivo non puo' neanche dirsi diretto a frodare le ragioni dei creditori, in quanto impedisce l'ulteriore depauperamento per i creditori che puo' derivare dall'imposizione di sanzioni e interessi".

La Corte di Cassazione ovviamente si fa carico anche di rendere evidente che il collegio
"… non ignora il diverso orientamento minoritario - fatto proprio dal giudice del riesame nell'ordinanza impugnata - per il quale, nel caso di ammissione al concordato preventivo, non è configurabile il fumus del reato di cui all'art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000 , per l'omesso versamento di ritenute dovute o certificate in relazione agli obblighi scaduti successivamente alla presentazione dell'istanza di ammissione al concordato, in quanto gli effetti di tale ammissione decorrono dalla data della presentazione della relativa domanda (Sez. 3, n. 36320 del 02/04/2019, Rv. 277687). Si afferma, in particolare, che se il debitore è stato ammesso, prima della scadenza del debito tributario, alla procedura di concordato preventivo con pagamento dilazionato e/o parziale dell'imposta, l'inadempimento è scriminato dall'art. 51 cod. pen. L'assunto si basa sull'interpretazione dell'art. 168, comma 1, legge fallimentare, in verità non riferito espressamente alla condotta che deve tenere il debitore, ma agli "Effetti della presentazione del ricorso", a tenore del quale, «dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore» …".

La disamina però si conclude con una affermazione molto precisa ovvero i giudici stabiliscono che "…Tutto ciò premesso, tra le due soluzioni proposte appare preferibile la prima, che incontra il favore della maggioranza della giurisprudenza di legittimità, perché più coerente con il dato, difficilmente controvertibile, rappresentato dalla specialità dell'obbligazione tributaria, il cui inadempimento è addirittura assistito, a certe condizioni, da sanzione penale, a differenza di quanto accade per la generalità delle altre obbligazioni. Nell'interferenza fra diritto penale e diritto delle procedure concorsuali, il legislatore ha, dunque, inteso dare spazio all'effettività della tutela penale, anche a scapito della par condicio creditorum, dovendosi considerare che, diversamente opinando, il profitto da omesso versamento - consistente in un risparmio di spesa corrispondente all'entità del tributo non versato - andrebbe di fatto ad incrementare il patrimonio del contribuente …".

Quindi la decisione stabilisce che "…. in altre parole, la configurabilità dei reati di omesso versamento anche nel caso in cui il termine rilevante ai fini penali venga a scadere dopo la presentazione della domanda di concordato risponde all'esigenza di garantire in modo particolarmente pregnante il credito erariale, rispetto al quale l'ordinamento appronta anche lo strumento della confisca, la quale svolge una funzione che, vista dal lato dello Stato, ha un carattere sostanzialmente ripristinatorio. La soluzione qui criticata rischierebbe, come sottolineato altresì dal ricorrente, di consentire l'utilizzazione strumentale della domanda di presentazione di concordato preventivo al solo scopo di evitare la responsabilità penale per inadempimento fiscale, quasi giungendo a configurarla come una condizione meramente potestativa di non punibilità …".

La conclusione finale pertanto è che si deve "…ribadire … la direttrice interpretativa maggioritaria, va rilevato che l'ordinanza impugnata si pone con questa in contrasto, nella parte in cui ritiene che il reato di omesso versamento provvisoriamente contestato all'indagato - per l'inadempimento riferito ad una scadenza rilevante a fini penali maturata dopo la domanda di concordato - debba ritenersi scriminato, essendo stato commesso nell'adempimento del dovere di non compiere atti lesivi della par condicio in pendenza della procedura concordataria …".

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