Amministrativo

Permessi di soggiorno per motivi di lavoro: il canone del tempus regit actum è imprescindibile

di Pietro Alessio Palumbo

La sopravvenienza di un rapporto di lavoro in data successiva all'adozione (ed anche alla notificazione) del provvedimento di rigetto del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro non può costituire un vizio del diniego reso dalla Questura.
Con la recente sentenza 814/2022 il CGARS ha chiarito che l'onere dell'Amministrazione di prendere in considerazione gli elementi favorevoli allo straniero non può che riferirsi a quelli in essere al momento in cui è stata esercitata la potestà amministrativa; nessuna rilevanza potendo rivestire atti sopravvenuti. In altre parole il giudizio circa la legittimità del provvedimento impugnato va condotto con riferimento al momento dell'adozione dell'atto medesimo. E ciò in ossequio al principio "tempus regit actum".

I nuovi elementi sopraggiunti
Nell'imporre alla pubblica amministrazione di prendere in considerazione i "nuovi sopraggiunti elementi" favorevoli allo straniero, la vigente disciplina in tema di permessi di soggiorno si riferisce a quelli esistenti e formalmente rappresentati o comunque conosciuti dalla stessa amministrazione al momento dell'adozione del provvedimento; anche se successivamente alla presentazione dell'istanza. In base al principio del tempus regit actum deve ritenersi che gli elementi sopravvenuti, cui avere riguardo ai sensi del Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione possono avere ad oggetto circostanze posteriori all'istanza di rilascio/rinnovo del titolo di soggiorno, tuttavia anteriori all'adozione del provvedimento su di essa.

I tempi del provvedimento amministrativo
Il procedimento amministrativo ad istanza di parte è connotato temporalmente da un inizio e da una fine. L'intervallo che si viene a creare fra i due estremi è disciplinato dal legislatore in termini acceleratori, prevedendo un termine massimo di durata, la cui violazione, pur non determinando l'illegittimità dell'atto, non è irrilevante per l'Ordinamento. Incide infatti sulla responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile, sulla valutazione del dirigente o del funzionario, e sulla responsabilità per danno da ritardo dell'Amministrazione. Ciò può desumersi anche dalla disciplina delle fattispecie di silenzio significativo, volte
ad assicurare, prima di ogni altra cosa, la formazione del titolo abilitante in concomitanza allo scadere del termine del procedimento. Il termine è infatti posto prima di tutto nell'interesse del privato istante a vedere soddisfatta la propria pretesa sostanziale o almeno a conoscere la decisione amministrativa. Nell'ambito di detto intervallo temporale l'Amministrazione, responsabile dell'istruttoria, ha la facoltà di chiedere al privato di integrare la domanda con ulteriore documentazione; così sopperendo a una mancanza dell'istanza inizialmente presentata, allungando i tempi della risposta amministrativa sulla base dell'omissione del privato. Nell'ambito di questo regolamento generale non si può escludere che la richiesta istruttoria dell'Amministrazione consenta al privato di integrare l'elemento mancante anche tenendo conto di sopravvenienze fino a quel momento intervenute; a meno che non si tratti di un procedimento che, in ragione della scarsità del bene della vita conteso, ponga il medesimo in concorrenza fra gli aspiranti. Ciò con la conseguenza che il termine di presentazione della domanda di partecipazione costituisce anche il termine finale per l'integrazione del requisito. Una volta conclusa l'istruttoria l'Amministrazione adotta il provvedimento sulla base delle risultanze dell'istruttoria dalla medesima compiuta. E neppure potrebbe darsi un'alternativa a dette regole, atteso che l'Amministrazione è tenuta a rispettare il termine di conclusione del procedimento: non può considerare elementi che non siano stati acquisiti o, addirittura, che non si siano ancora verificati.
In questa ottica generale si colloca il Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione in base al quale il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato; sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili. Il legislatore ha quindi considerato che il bene giuridico tutelato dalla disciplina attiene a un diritto fondamentale della persona umana, provvedendo a rendere superabili irregolarità sanabili e ad ampliare la rilevanza delle sopravvenienze; pur nel rispetto delle regole di svolgimento del procedimento. Ma la spendita di una risorsa oltre le regole di settore, chiedendo ad esempio all'Amministrazione di prolungare il procedimento per valutare elementi sopravvenuti (e al giudice di tenere conto di dette sopravvenienze) non è indifferente alla tenuta dell'intero Sistema, potendo anche alterare la distribuzione predeterminata delle risorse fra le diverse priorità. Dal che, a fronte di sopravvenienze, è eventualmente onere del privato chiedere un nuovo provvedimento.

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