Famiglia

Coppie omosessuali, trascrizione solo per i nati all'estero

La Cassazione, sentenze n. 23319-20-21, fa il punto sulla fecondazione eterologa

di Francesco Machina Grifeo

La Cassazione delimita i casi in cui è possibile il riconoscimento del figlio nato da una coppia omosessuale con tecniche di procreazione assistita di tipo eterologo da parte del "genitore intenzionale". Se nel caso di nascita in Italia, la rettificazione dello stato civile resta vietata, è invece possibile nel caso di atto di nascita estero, nonostante l'assenza di un legame biologico con il genitore intenzionale munito della cittadinanza italiana.

Il distinguo si basa sulla diversa nozione di ordine pubblico "nazionale" e "internazionale". La seconda, avendo una portata più limitata, non impedisce il riconoscimento del rapporto di filiazione con un cittadino italiano che abbia prestato il proprio consenso all'utilizzazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita non consentite dal nostro ordinamento.

Le limitazioni previste dalla legge n. 40 del 2004, spiega la Corte (sentenza n. 23319/2021), "costituiscono espressione non già di principi di ordine pubblico internazionale, ma del margine di apprezzamento di cui il legislatore dispone nella definizione dei requisiti di accesso alle predette pratiche, la cui individuazione, avente portata vincolante nell'ordinamento interno, non è di ostacolo alla produzione di effetti da parte di atti o provvedimenti validamente formati nell'ambito di ordinamenti stranieri e disciplinati dalle relative disposizioni".

Sempreché però precisa la Cassazione non si ricada nella ipotesi di maternità surrogata il cui divieto, previsto dall'art. 12, comma sesto, della legge n. 40 del 2004, invece è stato qualificato come principio di ordine pubblico, "in quanto posto a tutela di valori fondamentali, quali la dignità umana della gestante e l'istituto dell'adozione, non irragionevolmente ritenuti prevalenti sull'interesse del minore, nell'ambito di un bilanciamento effettuato direttamente dal legislatore".

La nozione di ordine pubblico rilevante (ai fini degli artt. 64 e ss. della legge n. 218 del 1995), prevede infatti che la compatibilità dell'atto o del provvedimento straniero con l'ordinamento italiano debba essere "valutata alla stregua dei principi fondamentali della Costituzione e di quelli consacrati nelle fonti internazionali e sovranazionali, nonché del modo in cui detti principi si sono incarnati nella disciplina ordinaria".

In questo senso, precisa la Corte, il divieto della maternità surrogata si configura come «l'anello necessario di congiunzione tra la disciplina della procreazione medicalmente assistita e quella generale della filiazione, segnando il limite oltre il quale cessa di agire il principio di auto-responsabilità fondato sul consenso prestato alla predetta pratica, e torna ad operare il favor veritatis, che giustifica la prevalenza dell'identità genetica e biologica».

Così, nel caso della sentenza n. 23319/2021, il minore risulta cittadino straniero, in quanto nato all'estero da una cittadina britannica, sicché il riconoscimento del rapporto di filiazione con la genitrice c.d. intenzionale risultante dall'atto di nascita è necessariamente subordinato alla verifica della compatibilità con i principi di ordine pubblico internazionale. In questo senso, non si ravvisa "alcuna contraddizione tra il riconoscimento del rapporto di filiazione risultante dall'atto di nascita formato all'estero e l'esclusione di quello derivante dal riconoscimento effettuato in Italia, la cui efficacia dev'essere valutata alla stregua della disciplina vigente nel nostro ordinamento". Del resto, il riconoscimento dell'atto straniero "non fa venir meno l'estraneità dello stesso all'ordinamento italiano, il quale si limita a consentire la produzione dei relativi effetti, così come previsti e regolati dall'ordinamento di provenienza, nei limiti in cui la relativa disciplina risulti compatibile con i principi di ordine pubblico internazionale".

Correttamente dunque la Corte di appello ha ritenuto inapplicabile il divieto posto dall'art. 12, comma sesto, della legge n. 40 del 2004, con il conseguente rigetto della domanda di cancellazione della relativa trascrizione.

Con le decisioni 23320-23321 , la Cassazione ha invece accolto il ricorso del Ministero dell'Interno contro rettificazione dello atto di nascita di una minore nata a Roma e concepita mediante il ricorso alla procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo (effettuata all'estero senza alcun apporto biologico da parte della seconda donna), la quale aveva tuttavia prestato il proprio consenso all'intervento.

Una lettura in linea con il principio già espresso (n. 8029/2020) per cui il riconoscimento di un minore concepito mediante il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo da parte di una donna legata in unione civile con quella che lo ha partorito, ma non avente alcun legame biologico con il minore, si pone in contrasto con l'art. 4, comma terzo, della legge n. 40 del 2004 e con l'esclusione del ricorso alle predette tecniche da parte delle coppie omosessuali, non essendo consentita, al di fuori dei casi previsti dalla legge, la realizzazione di forme di genitorialità svincolate da un rapporto biologico, con i medesimi strumenti giuridici previsti per il minore nato nel matrimonio o riconosciuto.

Per la Corte costituzionale l'infertilità fisiologica della coppia omosessuale non è omologabile a quella della coppia eterosessuale affetta da patologie riproduttive, e la Costituzione non pone una nozione di famiglia inscindibilmente correlata alla presenza di figli. E sempre la Consulta (237/2019) ha chiarito che la legge n. 76 del 2016 "pur riconoscendo la dignità sociale e giuridica delle coppie formate da persone dello stesso sesso, non consente comunque la filiazione, sia adottiva che per fecondazione assistita, in loro favore".

Mentre il criterio dell'interesse prevalente del minore "non può essere considerato automaticamente prevalente rispetto agli altri interessi in gioco, dovendo essere bilanciato con questi ultimi, alla luce del criterio di proporzionalità". Ragion per cui ha escluso l'illegittimità costituzionale delle norme che impediscono l'indicazione del genitore intenzionale nell'atto di nascita del minore, evidenziando nel contempo "la necessità di assicurare la tutela dell'interesse del minore attraverso un procedimento di adozione effettivo e celere, che riconosca la pienezza del legame di filiazione tra adottante e adottato, allorché ne sia stata accertata in concreto la corrispondenza agli interessi del bambino" (n. 33/2021).

In definitiva, per la Cassazione non si può procedere "ad un arbitrario frazionamento della disciplina dettata dalla legge n. 40 del 2004, distinguendo nello ambito della stessa le disposizioni che individuano i requisiti per l'accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita da quelle riguardanti lo stato giuridico del minore nato a seguito del ricorso alle predette tecniche, e proponendo un'interpretazione di queste ultime completamente svincolata dai principi ispiratori della legge, in virtù della quale vi ha ravvisato il fondamento di una nuova forma di filiazione, caratterizzata da uno statuto giuridico diverso da quella biologica e quella adottiva, ma produttiva dei medesimi effetti".

"Tale frazionamento - conclude - si pone in contrasto con l'unitarietà della disciplina in esame, volta ad adattare le modalità di costituzione del rapporto di filiazione alla diversa realtà determinata dalla procreazione medicalmente assistita, nei limiti in cui il ricorso alla stessa risulta consentito".

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