Civile

Rinvio pregiudiziale per il cumulo in via consensuale delle domande di separazione e di divorzio

Il rinvio degli atti alla Corte di cassazione è stato disposto dal tribunale di Treviso con l'ordinanza 1 giugno 2023

di Valeria Cianciolo

La riforma Cartabia ha introdotto un procedimento unitario per i giudizi contenziosi in materia di persone, minorenni e famiglie, prevedendo altresì la possibilità di proporre, negli atti introduttivi della separazione giudiziale, la domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, disciplinata dall'art. 473- bis. 49 c.p.c.
Tale possibilità non è espressamente prevista nel caso in cui le domande di separazione e di divorzio siano presentate consensualmente dai coniugi.
Il tribunale di Treviso con l'ordinanza 1 giugno 2023 (Tribunale di Treviso, ordinanza 1 giugno 2023 – Pres. Rel. Barbazza) ha ritenuto di disporre il rinvio pregiudiziale degli atti alla corte di cassazione, ai sensi dell'articolo 363 - bis c.p.c. per la soluzione della questione di diritto riguardante il cumulo in via consensuale delle domande di separazione e di divorzio.

Come è noto, la Riforma Cartabia ha ammesso il cumulo delle domande di separazione e di scioglimento o prestazione degli effetti civili del matrimonio in sede contenziosa - è questa una novità essendo prima esclusa la possibilità del "simultaneus processus" tra l'azione di separazione o di divorzio - disciplinandolo all'interno dell'articolo 473 bis. 49 c.p.c. che dispone che le domande di scioglimento o cessazione, cumulate a quella di separazione, saranno procedibili decorso il termine a tal fine previsto dalla legge, e previo passaggio in giudicato della sentenza che pronuncia la separazione personale. Tale disposizione implica che, nel caso di cumulo delle domande di separazione e divorzio, la seconda possa intervenire soltanto dopo che siano trascorsi almeno sei mesi o un anno dalla prima udienza e sia intervenuta sentenza parziale definitiva che abbia pronunciato sulla separazione personale.
Se sembra essere tutto chiaro per il procedimento contenzioso, non si può dire lo stesso per il caso in cui il cumulo riguardi la separazione consensuale e il divorzio congiunto ponendosi così il tema dell'ammissibilità di tale disciplina anche per queste domande e sul punto i tribunali non hanno adottato degli orientamenti uniformi, essendo emersi due orientamenti contrapposti.
D'altro canto, ci si può chiedere cosa potrebbe succedere quando il giudizio contenzioso di separazione si sia convertito in consensuale: verrebbe da dire che la domanda di divorzio sarà procedibile decorso il termine breve di sei mesi decorrente anch'esso dall'udienza di comparizione davanti al giudice relatore e, fermo restando il necessario passaggio in giudicato della relativa sentenza, forma ora data dal decreto legislativo anche al provvedimento con il quale il collegio omologa gli accordi intervenuti tra le parti.

Secondo un primo orientamento, seguito da alcuni tribunali di merito (Milano, Vercelli, Genova e Lamezia Terme) e da una parte della dottrina, la disciplina contenuta all'interno del 473 bis. 49 c.p.c. è applicabile anche nel caso in cui il procedimento si instauri su domanda congiunta delle parti.
La stessa relazione illustrativa, secondo questo filone interpretativo, avrebbe considerato ammissibile tale procedimento in forza del principio di economia processuale "per la perfetta sovrapponibilità di molte delle domande consequenziali che vengono proposte nei due giudizi e pur nella diversità della domanda, e… Con considerevole risparmio di tempo e di energie processuali".
Non sarebbe poi di ostacolo a tale impostazione, il fatto che il legislatore abbia disciplinato i procedimenti in due disposizioni diverse. Recentemente il tribunale di Milano (sent. 5 maggio 2023 pubblicata su nt plus diritto) e il tribunale di Lamezia Terme, (ordinanza 13 maggio 2023 – Pres. Rel. Garofalo) hanno seguito quest'orientamento.
Un profilo certamente da sottolineare che presenta delle problematicità, è quello che riguarda la compatibilità del cumulo con riferimento agli accordi prematrimoniali per la possibile nullità derivante dalla violazione dell'indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale, ai sensi dell'articolo 160 c.c. Infatti, la giurisprudenza di legittimità aveva recentemente qualificato come nulli gli eventuali accordi conclusi in sede di separazione rivolti a regolare i profili economici tra le parti per tutta la durata della vita e anche oltre il futuro divorzio (Cfr. Cass. Civ. 26 aprile 2021, n. 11012, ord., in Giur. it., 2022, 591 ss., citata nell'ordinanza in esame).
L'ostacolo sembrerebbe superabile potendosi ritenere che le parti, in realtà, chiedono al giudice di pronunciarsi sia sulla domanda di separazione sia su quella di divorzio sul presupposto, comunque, che il giudice debba verificare i tempi, i presupposti e le modalità regolate dalla legge. In buona sostanza, le parti non dispongono degli status, quindi non vi sarebbe alcun accordo nullo per illiceità della causa e "la riconosciuta possibilità di cumulare all'interno di un unico contesto processuale separazione e divorzio in forma congiunta (poiché laddove si tratti di giudizio contenzioso si è per natura fuori dall'alveo di riferimento di eventuali "patti" preventivi) potrebbe dunque anche portare a ripensare la tesi della nullità sino ad oggi fatta propria dalla Suprema Corte." (Danovi, Per l'ammissibilità della domanda congiunta (cumulata) di separazione e divorzio (prime riflessioni nell'era della riforma Cartabia, in Fam. Dir., 2023).

Occorre sul punto ricordare che circa sei lustri fa la Cassazione affermò che l'art. 160 c.c. non deve essere considerato come un dogma assoluto alla luce dei "valori di autodeterminazione e di negoziabilità che anche nel diritto di famiglia si vanno affermando" (Cass. Civ. 24 febbraio 1993, n. 2270, in Corr. giur., 1993, 416. Nel caso di specie, la Corte era chiamata a pronunciarsi sul problema della validità dei patti diretti a modificare il regime della separazione consensuale, non sottoposti al giudice per l'omologazione. Sul tema la giurisprudenza di legittimità è tornata più volte affermando che, nel contesto della separazione, i coniugi possono definire i loro rapporti patrimoniali con atti di autonomia che la Cassazione non esita a definire "contratti atipici". A mero titolo esemplificativo, si segnalano Cass. Civ. 11 maggio 1984, n. 2887, in Mass. Giust. civ., 1984; Cass. Civ.12 settembre 1997, n. 9034; Cass. Civ. 23 settembre 2013, n. 21736; Cass. Civ. 21 aprile 2015, n. 8096).

Ma vi è di più. Il Regolamento n. 1259/2010 del 20 dicembre 2010, all'art. 5, comma 1, prevede la possibilità per i coniugi di "designare per comune accordo la legge applicabile al divorzio e alla separazione personale", individuando nella volontà dei coniugi il criterio privilegiato per la scelta della legge applicabile nelle procedure di scioglimento del vincolo matrimoniale. Il ruolo attribuito all'autonomia della volontà si inserisce in un orientamento di fondo che si sta sempre più consolidando nell'ordinamento dell'Unione europea di estenderne l'utilizzo in campi diversi da quello contrattuale (ove l'autonomia trova la più ampia applicazione) e in particolare nel diritto di famiglia e in materie a esso collegati come quello delle obbligazioni alimentari, delle successioni internazionali e dei rapporti patrimoniali tra coniugi.

Vi è un secondo orientamento, sostenuto da una parte della dottrina, che ritiene invece, inammissibile il cumulo delle domande congiunte di separazione divorzio, facendo leva su vari aspetti:
1.tale possibilità è ammessa dalla legge soltanto nel caso del procedimento contenzioso;
2. la disciplina dei procedimenti su domanda congiunta è disciplinata dall'articolo 473 bis. 51 c.p.c. che non richiama l'articolo 473 bis. 49 c.p.c.
Inoltre, la legge delega non fa alcun riferimento al cumulo nei procedimenti non contenziosi e quindi, sul punto non ci sarebbero indizi per la sua ammissibilità: in particolare si è sostenuto "il processo volontario non può contenere una sentenza non definitiva seguita da un rinvio per verificare la sussistenza distanza di sei mesi delle condizioni di procedibilità e quindi da una sentenza definitiva sullo scioglimento, la forzatura va oltre la rottura del sistema" (Cecchella, La babele delle lingue sulla domanda condivisa di separazione scioglimento del matrimonio formulate in un unico procedimento, in www.altalex.com).
Ma è la legge delega che dice che la sentenza di separazione è da considerare in questo contesto come una sentenza non definitiva e, applicando il combinato disposto degli artt. 278 e 279 c.p.c. spetta al collegio che ha pronunciato la separazione con sentenza non definitiva disporre con ordinanza la prosecuzione del processo fissando l'udienza di comparizione per la trattazione della domanda di divorzio.

Sembra comunque che l'obiettivo perseguito dalla riforma di semplificare il processo civile anche nell'ottica dei principi costituzionali del giusto processo e della sua ragionevole durata, verrebbe a essere svilito negando il cumulo nei giudizi di separazione e divorzio congiunti in un unico giudizio.

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