Penale

Niente legittima difesa per la moglie manesca che manda l'ex al pronto soccorso

La Cassazione conferma il reato di lesioni personali per l'ex moglie incline ad usare in modo sconsiderato la sua forza per risolvere le liti domestiche

di Marina Crisafi

Moglie "forzuta" incline ad usare la violenza nelle liti domestiche manda l'ex marito al pronto soccorso? Difficile parlare di legittima difesa per la Cassazione (sentenza n. 33585/2022) che conferma la condanna nei confronti della donna per il reato di cui all'articolo 582 c.p. commesso in danno dell'ex coniuge.

Il ricorso
La donna aveva adito il Palazzaccio avverso la sentenza del giudice di pace di Piacenza che l'aveva condannata a pagare 2.500 euro di multa per le lesioni personali in danno del marito.
A dire della ricorrente, il giudice avrebbe errato nel dichiararla responsabile quando invece avrebbe meritato di essere assolta per aver agito per legittima difesa.

La decisione
La quinta sezione penale, tuttavia, concorda con il giudice di prime cure.
La sentenza impugnata, infatti, ritengono da piazza Cavour, "ha correttamente valutato gli elementi risultanti agli atti, con una motivazione congrua, logica e priva di erronea applicazione della legge penale, richiamando, in particolare, i convergenti apporti testimoniali siccome corroborati dalla certificazione medica del Pronto Soccorso, confortante il giudizio di compatibilità espresso tra quanto riferito dalla persona offesa e le lesioni riscontrate sulla sua persona".
Il giudice di merito ha dato conto di avere ricostruito in modo plausibile la dinamica della vicenda, fornendo adeguata, motivazione del convincimento maturato.
Quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche e dell'ingiustificata severità della pena applicata, si tratta, per la S.C., di doglianze aspecifiche, perché non si confrontano con la valorizzazione "della personalità negativa dell'imputata, incline ad usare in modo sconsiderato la sua forza per risolvere le controversie della normale convivenza".
Da qui l'inammissibilità del ricorso e la condanna della donna anche al pagamento delle spese processuali e di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.

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