Penale

Sezioni unite, confisca di prevenzione revocabile solo in presenza di elementi "nuovi"

La Cassazione, con la <a uuid="" channel="" url="https://i2.res.24o.it/pdf2010/Editrice/ILSOLE24ORE/QUOTIDIANI_VERTICALI/Online/_Oggetti_Embedded/Documenti/2022/11/18/43668.pdf" target="">sentenza n. 43668/2022</a>, ha risolto un conflitto di giurisprudenza che era emerso in ordine ai presupposti in base ai quali il sottoposto o i terzi, aventi diritto sul bene, possono chiedere la riparazione dell'errore giudiziario costituito dalla confisca illegittimamente disposta

di Paola Rossi

La confisca di prevenzione è soggetta a revocazione solo per l'insussistenza dei presupposti originari per la sua adozione. E gli elementi in base ai quali si può chiedere la rimozione della misura ablatoria devono essere "nuovi" cioè sopravvenuti o conosciuti dall'interessato "incolpevolmente" solo dopo la definitiva confisca.

Le sezioni Unite penali della Corte di cassazione, con la sentenza n. 43668/2022, hanno risolto un conflitto di giurisprudenza che era emerso in ordine ai presupposti in base ai quali il sottoposto o i terzi, aventi diritto sul bene, possono chiedere la riparazione dell'errore giudiziario costituito dalla confisca illegittimamente disposta.

In concreto l'intervento nomofillatico delle sezioni Unite, per definire il conflitto giurisprudenziale tra due diversi orientamenti, ha statuito che non può essere rilevante ai fini della revoca della confisca definitiva la prova che sarebbe stata deducibile già durante l'iter di prevenzione patrimoniale, ma che non è stata dedotta dalla parte interessata per negligenza, mancato impegno o addirittura per strategia difensiva.
Quindi, precisa la Corte, in via generale rilevano solo le prove ontologicamente "nuove" ossia quelle sopravvenute al provvedimento ablatorio definitivo o quelle preesistenti, ma incolpevolmente non conosciute. Mentre vanno escluse quelle preesistenti, che non siano state dedotte dalla parte a meno che non ne venga dimostrata l'indeducibilità a causa di forza maggiore.

Il suddividersi della giurisprudenza era stato determinato dall'assimilazione o meno dei presupposti della revocazione a quelli della revisione del giudicato penale.
La Cassazione separa gli istituti in base alle loro diverse finalità e precisa che laddove l'articolo 28 del Codice antimafia rinvia all'articolo 630 del Codice di procedura penale lo fa solo a fini procedurali. Come ad esempio l'individuazione del giudice competente a riaprire il procedimento che è in entrambe le ipotesi la Corte di appello. Prima dell'ottobre 2011 infatti la revocazione della confisca andava chiesta al giudice che l'aveva adottata. Ma la coincidenza tra revocazione e revisione della condanna si ferma qui. Infatti, nella revisione penale che tutela la "persona" dall'errore giudiziario non sussiste il limite dell'inammissibilità della prova non dedotta, ma che era deducibile. La separazione dei due istituti riparatori è sistematicamente dimostrata dalla previsione esplicita delle nuove prove ammissibili per l'apertura del giudizio di revocazione. Non sono quindi applicabili i presupposti dettati per la revisione del giudicato penale. La differenza si rileva perciò sostanziale.

In tema di prova deducibile, ma non dedotta, il regime della revisione nulla dice sulla volontarietà o meno di tale mancata azione difensiva.
Al contrario, essendo la confisca una misura che colpisce la proprietà privata, il giudicato si ritiene maggiormente intoccabile a fronte di negligente o proditoria scelta difensiva di non dedurre elementi a proprio favore nella fase di merito. Da cui l'inammissibilità della proposizione di un elemento non dedotto davanti al giudice della prevenzione a meno di fornire la prova che la mancata deduzione sia dovuta a forza maggiore.

La proprietà privata al pari della libertà personale è oggetto di tutela costituzionale, ma raffrontata ad altri interessi preminenti la sua tutela può recedere.
In effetti la confisca di prevenzione coinvolge interessi dei privati, attinti dalla misura, e interessi pubblici, vista la destinazione a favore della collettività del bene che si assume acquisito illecitamente dal soggetto prevenuto in quanto considerato socialmente pericoloso. Da ciò ne deriva che la misura ablativa necessita di stabilità, vista la destinazione finale pubblica del bene, che infatti non obbliga in caso di revocazione della confisca alla sua restituzione potendo questa avvenire anche per equivalente.

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