Penale

L’archiviazione da anni non basta per distruggere le intercettazioni

Partendo dal presupposto che l’archiviazione è solo una fase del procedimento e dunque di per sè un elemento neutro la Cassazione (sentenza 13459) respinge il ricorso della pubblica accusa

di Patrizia Maciocchi

Il Giudice per le indagini preliminari può rifiutare di distruggere , come chiesto dal Pubblico ministero, le intercettazioni relative a un procedimento anche se archiviato da oltre 10 anni. La sola archiviazione non basta, infatti, ad escludere la possibilità di una rilevanza futura del materiale archiviato. Mentre la il diritto alla riservatezza degli intercettati resta garantito dalla conservazione nell’archivio della procura della Repubblica, in quanto luogo protetto.

Partendo dal presupposto che l’archiviazione è solo una fase del procedimento e dunque di per sè un elemento neutro la Cassazione (sentenza 13459) respinge il ricorso della pubblica accusa. Ad avviso del Pm doveva essere considerata abnorme l’ordinanza con la quale il Gip aveva respinto la sua istanza, presentata nel 2018, di distruggere delle intercettazioni relative ad un procedimento archiviato nel 2005. Una decisione, secondo il ricorrente, in contrasto con l’articolo 269 del Codice di rito penale, secondo comma, tale da creare una stasi del processo risolvibile solo con la sua rimozione. Diversamente da quanto ritenuto dal Gip, infatti, l’inutilità delle intercettazioni sarebbe dimostrata proprio dall’archiviazione del procedimento, disposta anche in considerazione dell’inidoneità dei dialoghi intercettati a supportare un futuro esercizio dell’azione penale. A ulteriore conferma dell’inutilità di scritti e registrazioni, il lungo tempo trascorso, 13 anni, dal decreto di archiviazione, durante il quale non erano emersi elementi tali da giustificare una rivalutazione dei fatti. Per il Pm il no alla distruzione si risolverebbe in una conservazione sine die del materiale e dunque in uno “stallo” procedimentale da rimuovere.

Diverso il parere della Cassazione. I giudici di legittimità precisano che l’articolo 269 del Codice di procedura penale prevede che le intercettazioni siano conservate fino alla sentenza non più impugnabile. Fermo restando che la parte interessata, ovviamente Pm compreso, può chiedere la loro distruzione prima se la documentazione non è necessaria. E la valutazione della rilevanza del materiale è subordinata da un procedimento camerale con contraddittorio tra le parti. Iter che, nello specifico, il Gip aveva seguito, scongiurando così il rischio di aver adottato un atto abnorme. Né si può dire che l’ordinanza impugnata determini una stasi, perché non pregiudica la possibilità, per il Pm, di riproporre l’istanza alla luce delle circostanze evidenziate dal Gip.

L’archiviazione, di per sé, non giustifica né il no alla distruzione, solo in virtù di una possibile valenza probatoria del materiale, né può essere la ragione per distruggere le intercettazioni perché nulla dice sulla loro rilevanza.

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