Civile

Condominio, sì al cumulo dei distinti possessi dell'autore e del successore anche con divieto di cessione del diritto di uso di parte del cortile

Questo il principio innovativo che ha pronunciato la Cassazione con l'ordinanza 19940/2022

di Mario Finocchiaro

Il divieto di cessione del diritto reale di uso su una porzione di cortile condominiale attribuito ad uno dei condomini non comporta che non sia configurabile in favore del successore a titolo particolare nella proprietà individuale dell'unità immobiliare, al cui servizio essa è destinata, anche in difetto di espressa menzione del diritto d'uso nel contratto di alienazione, l'accessione del possesso agli effetti dell'articolo 1146, comma 2, Cc (nella specie, allo scopo di suffragare una maturata usucapione), occorrendo ai fini del cumulo dei distinti possessi del successore e del suo autore unicamente la prova di un titolo astrattamente idoneo, ancorché invalido, a giustificare la traditio del medesimo oggetto del possesso. Questo il principio enunciato in motivazione, ai sensi dell'art. 384 Cpc, dalla Sezione II della Cassazione con l'ordinanza 21 giugno 2022 n. 19940.

Principio innovativo
Questione nuova sulla quale non risultano precedenti in termini.
Espressamente nel senso - peraltro - che in caso di morte dell'usuario di un immobile, con conseguente estinzione del diritto d'uso dovuta alla sua intrasferibilità mortis causa è inapplicabile, in favore degli eredi che siano subentrati nel godimento del bene, la successione nel possesso, agli effetti dell'articolo 1146 Cc, Cassazione, sentenza 12 ottobre 2012, n. 17491, ricordata in motivazione, ove la precisazione che nella fattispecie ora in esame non era invocata l'applicazione dell'articolo 1146, comma 1, Cc [secondo cui il possesso continua nell'erede con effetto dalla apertura della successione] (come nella vicenda all'attenzione del precedente del 2012), ma dell'articolo 1146, comma 2, stesso codice [il successore a titolo particolare può unire al proprio possesso quello del suo autore per goderne gli effetti].

L'accessione del possesso in base all'articolo 1146 Cc
Sulla contrapposizione tra l'ipotesi di cui all'articolo 1146, comma 1, Cc, e quella di cui al comma 2, per la precisazione che in tema di accessione nel possesso, mentre il comma 1 dell'articolo 1146 Cc stabilisce la continuazione del possesso del de cuius in capo all'erede senza alcuna interruzione per effetto dell'apertura della successione, il comma 2 della citata norma prevede, per il successore a titolo particolare (tanto inter vivos quanto mortis causa), la facoltà di unire il proprio possesso a quello del suo autore, con la conseguenza che tale successore non subentra ipso facto nel possesso della cosa per effetto dell'acquisto del diritto, occorrendo, all'uopo, che si stabilisca un ulteriore rapporto di fatto tra detto acquisto e la cosa, analogo, seppur distinto, a quello fra la cosa stessa ed il suo dante causa, non essendo sufficiente, ai fini dell'accessio possessionis, il semplice diritto a possedere, Cassazione, ordinanza 8 settembre 2021, n. 24175. Sempre nello stesso senso, altresì, Cassazione, ordinanza 6 giugno 2018, n. 14505; sentenze 24 gennaio 2000, n. 742 e 5 febbraio 198, n. 663.
Nel senso, ancora, che chi intende avvalersi dell'accessione del possesso di cui all'articolo 1146, comma 2, Cc, per unire il proprio possesso a quello del dante causa ai fini dell'usucapione, deve fornire la prova di aver acquisito un titolo astrattamente idoneo (ancorché invalido o proveniente a non domino) a giustificare la traditio del bene oggetto della signoria di fatto, operando detta accessione con riferimento e nei limiti del titolo traslativo e non oltre lo stesso.
Deriva da quanto precede, pertanto che:
- il convenuto in azione di regolamento di confini che eccepisca l'intervenuta usucapione invocando l'accessione del possesso, deve fornire la prova dell'avvenuta traditio in virtù di un contratto comunque volto a trasferire la proprietà del bene in questione, Cassazione, ordinanza 26 novembre 2011, n. 22348; sentenza 12 settembre 2000, n. 12034;
- stante la tipicità dei negozi traslativi reali, che l'oggetto del trasferimento non può essere costituito dal trasferimento del mero potere di fatto sulla cosa, Cassazione, sentenza 22 aprile 2005, n. 8502;
- ai fini del cumulo di due distinti possessi ex articolo 1146 Cc, è necessaria la prova, da parte di chi intende valersene, nel caso di successio possessionis, della qualità di erede e, nell'ipotesi di accessio possessionis, di un titolo idoneo in astratto a trasmettere la proprietà od altro diritto reale, anche se invalido, Cassazione, sentenza 11 dicembre 1981, n. 6552;
- il convenuto con azione di rivendicazione, per unire al proprio possesso quello del suo autore, ai sensi dell'articolo 1146 Cc ed ai fini dell'usucapione, può avvalersi di un titolo astrattamente idoneo, pure se radicalmente viziato, a giustificare la traditio della cosa, e, quindi, anche di un titolo contenuto in documento privo di data certa nei confronti del rivendicante, Cassazione, sentenza 6 maggio 1980, n. 2974;
- solo a seguito della immissione in possesso, il possessore a titolo particolare può unire il proprio possesso a quello del suo autore, a sensi dell'articolo 1146, comma 2, Cc, sommando i due periodi agli effetti che derivino dalla durata complessiva di essi e sempre che i caratteri dei due possessi coincidano, Cassazione, sentenza 16 gennaio 1971, n. 80.
Nel senso, ancora, che la accessione del possesso della servitù, ai sensi dell'articolo 1146, comma 2, Cc, si verifica, a favore del successore a titolo particolare nella proprietà del fondo dominante, anche in difetto di espressa menzione della servitù nel titolo traslativo della proprietà del fondo dominante e anche in mancanza di un diritto di servitù già costituito a favore del dante causa, Cassazione, sentenze 23 luglio 2008, n. 20287 e 5 novembre 2012, n. 18909, in Nuova giurisprudenza civile, 2013, I, p. 273, con nota di Ciliberto C., Acquisto a titolo particolare di fondo dominante e accessione del possesso di servitù.

Diritto d'uso, divieto di cessione, usufrutto
Per utili riferimenti cfr., altresì:
- nel senso che il divieto di cessione dei diritti di uso e di abitazione, sancita dall'articolo 1024 Cc, non è di ordine pubblico e pertanto può essere oggetto di deroga ove espressamente convenuta tra il proprietario (costituente) e l'usuario, senza che la stessa possa desumersi, implicitamente, per il solo fatto che questo ultimo, violando la norma, ceda il suo diritto a terzi, Cassazione, sentenze 31 luglio 1989 n. 3565 e 13 settembre 1963, n. 2502, in Giustizia civile, 1963, I, p. 2292;
- per il rilievo che ai sensi dell'articolo 1020 Cc. il diritto d'uso, che ha natura personale, trova la sua fonte in un'obbligazione assunta da un soggetto nei confronti di un altro soggetto, il quale può servirsi della cosa secondo lo schema delineato dalla norma citata, con conseguente divieto di cedere il diritto stesso, ex articolo 1024 Cc, salvo espressa pattuizione di deroga ad opera delle parti, Cassazione, sentenza 2 marzo 2006, n. 4599;
- per la precisazione che a norma degli articoli 979 e 980 Cc la durata dell'usufrutto non può eccedere la vita dell'usufruttuario, il quale, peraltro, può cedere il suo diritto per un certo tempo o per tutta la sua durata. La temporaneità del diritto, pertanto, esclude che esso possa formare oggetto di disposizione testamentaria o ricadere nell'ambito di una successione mortis causa; tuttavia, una volta che l'usufrutto sia stato ceduto per atto inter vivos, esso, fino alla morte dell'originario e primo usufruttuario, si rende suscettibile di successione mortis causa ove l'originario cessionario deceda prima del cedente, e, se il cessionario in questione non ne abbia disposto per atto di ultima volontà, esso si trasmette per legge agli eredi dello stesso (ed è suscettibile di successive trasmissioni mortis causa), non essendosi estinto e continuando a far parte del patrimonio relitto fino alla sua estinzione per morte del primo usufruttuario, Cassazione, sentenza 27 marzo 2002, n. 4376, in Giurisprudenza italiana, 2003, p. 1380, con nota di Dominici L., Non sempre l'usufrutto si estingue con la morte dell'usufruttuario-cessionario.

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