Civile

Principio di conservazione del contratto e gerarchia dei rimedi a tutela del consumatore

Nota a sentenza della Cassazione civile sez. VI, 26/08/2022, n. 25417

di Mirko Martini*

Nella disciplina consumeristica, il legislatore nel rispetto del principio di conservazione del contratto ha stabilito una gerarchia dei rimedi per la tutela del consumatore, distinguendo tra rimedi primari e secondari, lasciandolo libero di scegliere il rimedio per lui più conveniente, rispettando obbligatoriamente le progressioni di quest'ultimi.

Questo è il principio affermato dalla Corte di Cassazione, con ordinanza del 26 agosto 2022, n.25417

Prima di soffermarsi sulla vicenda occorre evidenziare che la subordinazione di una classe di rimedi ad un'altra impedisce che questi siano alternativi, in quanto l'unico obbligo imposto al consumatore è che si avvalga prima dei rimedi primari e poi solo successivamente, nel caso in cui questi si siamo rivelati inidonei, potrà avvalersi dei rimedi secondari.

La vicenda trae origine dalla domanda dinanzi al Tribunale di Pordenone da parte di un motociclista nei confronti del venditore per la risoluzione del contratto per inadempimento con la restituzione di quanto pagato e richiesta di risarcimento danno a causa di una sua caduta rovinosa per un'improvvisa rottura del cambio della moto.

Il giudizio di primo grado si concludeva con la sentenza n. 808 del 2018 con l'accoglimento dalla domanda da parte del Tribunale adito; tuttavia, la Corte D'Appello, successivamente adita dalla società venditrice, con sentenza n. 829 del 2019 ha riformato la sentenza di primo grado condannando il motocilista al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

A seguito di tale decisione, il motociclista ha proposto ricorso in Cassazione articolando le proprie doglianze in tre motivi.

Il nostro focus sarà nei confronti del secondo motivo del ricorrente con il quale imputa alla sentenza gravata di aver violato e falsamente applicato l'art. 130 del codice del consumo, per aver ritenuto insussistenti i presupposti per la risoluzione del contratto.

In particolare, l'oggetto della censura è la statuizione con cui la Corte territoriale ha negato la risoluzione per inadempimento ai sensi dell'art. 130 comma 7, codice del consumo, giustificandola con il fatto che le riparazioni furono eseguite dalla venditrice e dunque la moto essendo stata ricevuta senza contestazione non era stato provato che il consumatore avesse subito notevoli inconvenienti.

Tuttavia, prima di soffermarsi sulle conclusioni della Corte di Cassazione merita evidenziare come la scelta di un rimedio non comporti la preclusione per il consumatore di avvalersi successivamente degli altri, infatti, dalla norma invocata viene stabilito al comma 7 che il consumatore può richiedere, a sua, scelta, una congrua riduzione del prezzo ove ricorre una delle seguenti conclusioni;

a) la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose;

b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro un congruo termine;

c) la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore.

Quanto sopra dimostra la progressività dei rimedi predisposti dal legislatore a tutela dell'acquirente e soprattutto l'elasticità che lo stesso ha voluto assegnare al consumatore sulla scelta del rimedio più conveniente per la sua tutela.

Alla luce di quanto sopra, il secondo motivo di ricorso è stato ritenuto meritevole di accoglimento dalla Corte di Cassazione in quanto vi è stata un'applicazione non corretta della giurisprudenza degli Ermellini secondo cui nella disciplina consumeristica il legislatore, nell'ottica di una tutela maggiore del contratto, ha optato per una selezione di rimedi primari e secondari per il consumatore, imponendo solamente a quest'ultimo di attenersi a tale gerarchizzazione.

Dunque, secondo la Corte è pacifico che nel caso di specie la motocicletta non era conforme al contratto, pertanto, era consentito al consumatore chiedere in un primo momento la sostituzione ovvero la riparazione del bene, e solo qualora ciò non sia possibile, ovvero sia manifestamente oneroso, è legittimato ad avvalersi dei rimedi secondari, che non sono altro che la riproposizione in materia consumeristica delle tradizionali azioni edilizie.

Proprio la scelta della subordinazione di una classe di rimedi ad un'altra impedisce di ritenere che essi siano alternativi, in quanto, l'unico onere imposto al consumatore è che egli si avvalga prima dei rimedi primari.

In conclusione, quindi il Collegio ha ritenuto che la Corte d'Appello non abbia fatto una corretta applicazione dell'art. 130, comma 7, codice del consumo, non avendo accolto la richiesta di risoluzione del contratto, pur essendo risultato che i vari tentativi di riparazione inizialmente compiuti non si erano rivelati idonei a porre rimedio al difetto di conformità oggettivamente ricorrente, non potendosi dubitare che la moto era stata sottoposta a numerosi interventi di riparazione sicché, tenuto conto della natura e dello scopo per cui era stata acquistata dovesse ritenersi superato ogni limite di ragionevolezza anche in relazione agli intuibili disagi sopportati dall'acquirente.

*a cura del Dott. Mirko Martini, collaboratore Mflaw

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