Rassegne di Giurisprudenza

Accertamento giudiziale dell'illegittimità del licenziamento individuale: la dichiarazione di inidoneità al lavoro non è vincolante per il giudice di merito

a cura della Redazione di PlusPlus24 Diritto

Licenziamento individuale - Licenziamento illegittimo - Accertamento - Dichiarazione di inidoneità fisica ex art. 5 St. lav. - Definitività - Esclusione - Sindacabilità da parte del giudice di merito - Sussistenza - Recesso datoriale - Conseguenze.
La dichiarazione di inidoneità fisica in esito alle procedure di cui all'articolo 5 della legge 20 maggio 1970 n. 300 non ha carattere di definitività, potendo il giudice della controversia sull'illegittimità del licenziamento intimato a seguito di detto accertamento, pervenire a conclusioni diverse sulla base della consulenza tecnica d'ufficio disposta nel giudizio di merito; rientra, pertanto, nel "rischio d'impresa" la scelta del datore di lavoro di optare per l'immediato licenziamento del dipendente, invece di agire, secondo le normali regole contrattuali, con la risoluzione giudiziaria del rapporto di lavoro per sopravvenuta impossibilità della prestazione, non potendo ridondare in danno del lavoratore l'errato accertamento da parte dell'organo amministrativo.
• Corte di cassazione, sezione lavoro, ordinanza 21 marzo 2022, n. 9158

Trasporti - Pubblici - Ferrovie in concessione - Personale (impiegati ed agenti) - In genere autisti - Licenziamento per inidoneità al servizio - Giudizio di inidoneità - Parere della commissione medica ex art. 6 dell'all. a del d.m. n. 88 del 1999 - Sindacabilità da parte del giudice di merito - Illegittimità del licenziamento - Cogenza del parere per il datore di lavoro - Conseguenze sull'ammontare del risarcimento.
Ai fini dell'accertamento dell'idoneità al servizio del personale addetto ai pubblici servizi di trasporto, il parere della commissione medica di cui all'art. 6, all. A, del d.m. n. 88 del 1999, non è vincolante per il giudice di merito, che ha il potere di sindacare l'attendibilità degli esami sanitari effettuati dalla commissione in sede di impugnazione del licenziamento disposto in esito al predetto accertamento. Ne consegue che il datore di lavoro che abbia optato per il licenziamento si accolla il rischio della diversa valutazione giudiziale, ma, in tal caso, per il carattere cogente della normativa speciale prevista in materia (quanto all'organo deputato agli accertamenti ed alla relativa procedura), il risarcimento sarà contenuto nella misura minima di cinque mensilità della retribuzione globale di fatto ex art. 18 st.lav., non essendo il licenziamento imputabile al datore a titolo di dolo o colpa.
• Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 16 gennaio 2020, n. 822

Rapporti speciali di lavoro - Ferrovie - In concessione - Autisti - Licenziamento per inidoneità al servizio - Giudizio di inidoneità - Parere della commissione medica ex art. 1 del d.m. n. 88 del 1999 - Sindacabilità da parte del giudice di merito - Sussistenza.
Ai fini dell'accertamento dell'idoneità al servizio dei dipendenti di aziende locali di trasporto pubblico, il parere della Commissione medica di cui all'art. 1 del decreto del 23 febbraio 1999, n. 88, concernente il controllo dell'idoneità fisica e psicoattitudinale del personale addetto ai servizi pubblici di trasporto, non è vincolante per il giudice di merito adito per l'accertamento della illegittimità del licenziamento disposto a seguito di detto accertamento, avendo egli - anche in riferimento ai principi costituzionali di tutela processuale - il potere di controllare l'attendibilità degli esami sanitari effettuati dalla predetta Commissione, sicché il datore di lavoro, nel momento in cui opera il licenziamento, agisce, come già argomentato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 420 del 1998, accollandosi il rischio di impresa avente ad oggetto la possibilità che l'Organo giudicante possa giudicare in modo contrario l'idoneità del dipendente.
• Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 8 febbraio 2008, n. 3095

Licenziamenti individuali - Ambito di efficacia della tutela reale - Inidoneità permanente - Valutazione giudice - Ctu - Ammissibilità.
Il licenziamento del lavoratore divenuto permanentemente inidoneo per condizione fisiche o psichiche alla prestazione dovuta non presuppone che l'accertamento della inidoneità provenga da un organo "competente" nel senso di cui al terzo comma dell'art. 5 della legge 20 maggio 1970 n. 300 (nel quale, di lavoro del resto, si prevede non un obbligo ma una mera facoltà del datore di far controllare da enti pubblici o istituti specializzati di diritto pubblico la idoneità del lavoratore). Ne consegue che anche un giudizio di inidoneità non formulato da uno dei detti enti o istituti ben può costituire motivo di recesso, salva in ogni caso la necessaria verifica giudiziale circa la fondatezza di tale motivo, che il giudice di merito, nell'esercizio del potere discrezionale a lui attribuito, può effettuare anche avvalendosi dell'opera di un consulente tecnico d'ufficio.
• Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 6 giugno 1998, n. 5600