Penale

Attività di consulenza fiscale e aggravante nel reato

Nota a Corte di Cassazione, Sez. III Penale, Sentenza 15 giugno 2021 n. 23335

di Mattia Miglio, Paolo Comuzzi

Con la sentenza che qui si commenta la Corte di Cassazione prende in considerazione una complessa fattispecie e prende in esame, con un certo dettaglio, il tema della aggravante che insorge a seguito dello svolgimento, da parte del soggetto coinvolto nel reato previsto dalla normativa penale tributaria, della attività di consulenza fiscale.

Il ricorso di uno degli imputati contestava la decisione della Corte di Appello formulando considerazioni critiche in merito a numerosi punti della stessa e nello specifico il ricorso sosteneva che "
…a) la ritenuta sussistenza del delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti (primo motivo);
b) la ritenuta sussistenza dei reati di indebita compensazione di crediti inesistenti (secondo motivo);
c) la legittimità costituzionale della disposizione prevedente l'aggravante della commissione del fatto nell'esercizio dell'attività di consulenza fiscale attraverso l'elaborazione seriale di modelli seriali di evasione fiscale (quarto motivo);
d) la ritenuta sussistenza dell'aggravante appena indicata (terzo motivo);

e) la ritenuta sussistenza del delitto di partecipazione all'associazione per delinquere (quinto motivo);
f) la ritenuta sussistenza dell'aggravante della finalità di agevolare un'associazione di tipo mafioso per il delitto di partecipazione all'associazione per delinquere appena indicato (sesto motivo);
g) la determinazione del trattamento sanzionatorio e il diniego delle circostanze attenuanti generiche (settimo motivo);
h) la revoca della riabilitazione (ottavo motivo);
i) l'applicazione della misura di sicurezza (nono motivo);
I) la disposta confisca (decimo motivo);
m) le statuizioni civili (undicesimo motivo) …".


Nel nostro commento vogliamo occuparci delle censure formulate nel punto C e nel punto D che erano portati nel ricorso per Cassazione tralasciando le considerazioni relative alle restanti critiche.

La Corte di Cassazione respinge la censura sul punto C e sul punto D e, ci sia consentito dirlo, lo fa anche con un richiamo esterno, ovvero coinvolgendo opinioni dottrinali al riguardo, questo per rafforzare le considerazioni che svolge nelle motivazioni.
In merito al punto C che precede il ricorrente "… deduce, in particolare, che l'aggravante del fatto «commesso dal concorrente nell'esercizio dell'attività di consulenza fiscale svolta da un professionista o da un intermediario finanziario o bancario attraverso l'elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale», è stata introdotta in "eccesso di delega", perché non prevista dai criteri direttivi della legge delega, e perché sanzionata con un aumento di pena che, con riguardo ad alcune fattispecie, come anche quella di cui all'art. 10-quater d.lgs. n. 74 del 2000, determina il superamento del "tetto" di pena indicato dal legislatore delegante, il quale aveva stabilito il riordino del sistema sanzionatorio, in modo da prefigurare «la punibilità con la pena detentiva compresa tra un minimo di sei mesi ed un massimo di sei anni» …".

La Cassazione stabilisce in modo chiaro che "… innanzitutto, non può ritenersi che il legislatore delegato sia incorso in eccesso di delega perché avrebbe introdotto una circostanza aggravante sebbene la legge delega non prevedesse l'istituzione di circostanze aggravanti. Invero, secondo il consolidato orientamento della Corte costituzionale, l'art. 76 Cost. non osta alla emanazione, da parte del legislatore delegato, di norme che rappresentino un coerente sviluppo e un completamento delle scelte espresse dal legislatore delegante, sia perché la norma delegante e quella delegata sono avvinte da un naturale rapporto di riempimento (cfr., tra le tantissime Corte cost., sentenze nn. 10 del 2018, 278 del 2016, 194 del 2015, 146 del 2015.98 del 2015, 229 del 2014, 47 del 2014), sia perché, altrimenti, al legislatore delegato verrebbe riservata una funzione quasi regolamentare, in aperto contrasto con il carattere pur sempre primario del provvedimento legislativo delegato (così Corte cost., sentenza n. 98 del 2015), sia perché i «principi e criteri direttivi» prescritti dall'art. 76 Cost. hanno una funzione delimitativa meno stringente delle «norme generali regolatrici della materia» (cfr. Corte cost., sentenza n. 303 del 2015) …".

La Corte di Cassazione conclude sul punto, anche facendo riferimento a due sentenze precedenti della Corte Costituzionale, e formula le sue conclusioni stabilendo che deve essere affermato il seguente principio "… può concludersi che l'art. 76 Cost. - siccome non osta alla emanazione, da parte del legislatore delegato, di norme che rappresentino un coerente sviluppo e un completamento delle scelte espresse dal legislatore delegante, anche quando incidano negativamente sui diritti di libertà dell'individuo rispetto a sanzioni penali - non preclude, di per sé, l'istituzione, da parte del legislatore delegato, di una circostanza aggravante non espressamente contemplata dal legislatore delegante. Può invece rilevarsi che la circostanza di cui all'art. 13-bis, comma 3, d.lgs. n. 74 del 2000 sviluppa le indicazioni della legge delega, la quale prevede la revisione delle sanzioni sulla base anche di «criteri di predeterminazione e di proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti», perché attribuisce specifico rilievo a condotte che si manifestano «attraverso l'elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale», e che, quindi, sono dotate di caratteri di diffusività e sistematicità, e, come tali, connotate da particolare pericolosità. Né la circostanza può ritenersi "anomala" perché prevede un aumento di pena «della metà», quindi superiore a quello ordinario «fino ad un terzo» …".

Infine indica anche che l'argomento dell'eccesso di delega viene respinto e questo con la considerazione finale per cui "…ancora si può rilevare che, se le Commissioni riunite Finanze e Giustizia del Senato hanno prospettato l'eccesso di delega, le Commissioni riunite Finanze e Giustizia della Camera dei Deputati non hanno evidenziato tale criticità, ed anzi hanno suggerito, come poi disposto dal legislatore delegato, di estendere la circostanza aggravante di cui all'art. 13-bis, comma 3, anche ai casi in cui il professionista fornisca al cliente un modello di evasione redatto da altri, mediante al commercializzazione di modelli di evasione fiscale …".

In merito al punto D indicato in precedenza invece la censura del ricorrente si focalizzava con la seguente affermazione "…Le censure esposte nel terzo motivo criticano la ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 13-bis, comma 3, d.lgs. n. 74 del 2000, sia perché non sono ravvisabili gli estremi oggettivi della fattispecie normativa, non essendo individuato il ricorso ad un modello seriale di evasione fiscale, sia perché la circostanza è riferibile al solo commercialista, quale non è il ricorrente, sia, infine, perché non è stata accertato il coefficiente di colpevolezza necessario per l'applicazione dell'aggravante …".

Sul punto la Cassazione è precisa e respinge le considerazioni del ricorrente affermando che: a) esiste certamente la serialità (condizione sicuramente necessaria per invocare l'aggravante) considerato che l'imputato "…ha consapevolmente utilizzato «un meccanismo fraudolento di evasione fiscale, basato su un modello seriale, elaborato da un altro professionista (Curci) e con il contributo di pubblici ufficiali infedeli, diretto ad una platea potenzialmente indeterminata di fruitori, suscettibile di cagionare plurime lesioni in danno dell'Erario». Ha inoltre aggiunto che «il "modello di evasione" elaborato da Curci e proposto ai suoi clienti, era applicato sempre con le stesse modalità a tutte le società cooperative già coinvolte nel "gruppo dei pugliesi"» ed è stato accertato in altro processo con sentenza di condanna di primo grado confermata in appello …";
b) la circostanza aggravante di cui si discute non è limitata e non può essere limitata anzi questa circostanza aggravante "…è estendibile ai concorrenti diversi dal professionista o dall'intermediario finanziario o bancario. In questo senso, infatti, si è espressa la dottrina, offrendo un duplice ordine di ragioni. Da un lato, si è sottolineato che la previsione aggravatrice ha matrice mista oggettiva e soggettiva, perché ha riguardo ad una condotta commessa "attraverso" l'elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale, e, quindi, impiega una locuzione la quale collega causalmente l'attività di elaborazione/commercializzazione di modelli di evasione al fatto tipico. Dall'altro, poi, si è osservato che un argomento favorevole all'estensione dell'aggravante ai concorrenti è desumibile anche dal profilo letterale in forza del quale, in termini oggettivi e senza limitazioni di carattere soggettivo, si prevede che «le pene stabilite per i delitti [...] sono aumentate». Si può aggiungere che questa soluzione è coerente con il costante insegnamento della giurisprudenza, secondo il quale sono estendibili ai concorrenti, in presenza del necessario coefficiente di colpevolezza, le aggravanti soggettive che abbiano in qualche modo agevolato la realizzazione del reato …";
c) la consapevolezza, che era certamente necessaria per applicare l'aggravante, certamente esisteva nel caso di specie ed infatti il ricorrente "…aveva «piena e qualificata consapevolezza del modello seriale e collaudato di evasione» proposto ai correi Alecci, Politi e Micelotta, e dagli stessi applicato in riferimento alle società "Alstom Servizi Integrati" e "Alstom Servizi Logistici" con la sua collaborazione; non è nemmeno contestato, poi, che Parlagreco sapesse della provenienza del modello da parte di un professionista, come ampiamente evidenziato dalle conversazioni intercettate e riportate in sentenza …".

La considerazione finale che possiamo esprimere e che indichiamo con grande chiarezza è quella per cui è necessario prestare particolare attenzione nell'attività di consulenza fiscale stabilendo in modo chiaro quello che è il ruolo del consulente e quindi il suo coinvolgimento nella implementazione delle operazioni considerata la responsabilità che può insorgere.

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