Lavoro

CCNL Metalmeccanici, la violazione dell'obbligo di preventiva informazione costituisce condotta antisindacale

Antisindacale la condotta del datore di lavoro che avvia direttamente la procedura di consultazione per licenziamento collettivo ex artt. 4 e 24, L. 223/1991, omettendo la preventiva procedura di consultazione prevista dall'art. 9 CCNL per i lavoratori addetti all'industria metalmeccanica privata e alla installazione di impianti

di Alberto De Luca, Stefania Raviele*

Con provvedimento emesso in giudizio per condotta antisindacale ex art. 28, L. 300/1970 promosso dalla FIOM CGIL nei confronti della filiale italiana di un gruppo multinazionale, nel contesto di una procedura di licenziamento collettivo per cessazione dell'attività produttiva, il Tribunale di Ancona, Sezione Lavoro , ha ritenuto che è antisindacale la condotta posta in essere dal datore di lavoro che ometta la procedura di consultazione prevista dall'art. 9 Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per i lavoratori addetti all'industria metalmeccanica privata e alla installazione di impianti ("CCNL") e avvii direttamente la procedura di consultazione per licenziamento collettivo ex artt. 4 e 24, L. 223/1991 .

Più in dettaglio, in data 10 dicembre 2021, il management aziendale, dopo aver informato in occasione di apposito incontro preventivo le organizzazioni sindacali circa la decisione assunta, aveva immediatamente avviato la procedura di licenziamento collettivo.
Tale condotta, secondo l'organizzazione sindacale, era in contrasto, da un lato, con le disposizioni di cui agli artt. 9 e 10 del CCNL in relazione agli obblighi di informazione preventivi ivi stabiliti in caso di interventi sui livelli occupazionali, per le imprese con più di 50 dipendenti e per quelle con oltre 150 dipendenti nonché con le disposizioni di cui alla direttiva 2002/14/CE recepite dal D.Lgs. 113/2012 in merito ai relativi obblighi di costituzione e informazione del comitato aziendale europeo; dall'altro, con le disposizioni dell'accordo integrativo aziendale del 5 luglio 2018 in merito a contenuti e periodicità delle informative sindacali ivi pattuite e più in generale, con i principi di correttezza e buona fede contrattuali.

La domanda era dunque finalizzata ad ottenere la rimozione degli effetti della condotta antisindacale con annullamento della procedura di licenziamento collettivo avviata, nonché il risarcimento del danno all'immagine ed il risarcimento del danno non patrimoniale da condotta discriminatoria ex art. 28, D. Lgs. 150/2011.

La Società aveva resistito in giudizio sostenendo di aver proceduto all'informativa sindacale circa la cessazione dell'attività aziendale allorquando ne aveva avuto contezza e che gli obblighi informativi di cui al CCNL e all'accordo integrativo aziendale erano comunque da ritenersi integralmente assorbiti dalla procedura ex artt. 4 e 24, L. 223/1991.

La Società aveva dunque concluso per il rigetto del ricorso e per la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite nonché, ritenendo l'azione dell'organizzazione sindacale persino connotata da temerarietà, il relativo risarcimento a favore della parte convenuta, come previsto dall'art. 96 cod. proc. civ..

Nel corso del processo sono stati escussi n. 4 informatori, ascoltati i quali, il Giudice Unico del Lavoro ha concluso per l'accoglimento del ricorso in relazione alla lamentata violazione degli obblighi di consultazione sindacale di cui alla contrattazione nazionale e quella aziendale, distinguendo tuttavia tra gli obblighi di informazione gravanti sulle imprese con oltre 50 dipendenti e quelli invece gravanti sulle imprese con oltre 150 dipendenti.

Il CCNL, ha rilevato il Tribunale, dopo aver distinto gli argomenti su cui il datore di lavoro è tenuto ad informare i sindacati a richiesta da quelli su cui è invece tenuto a fornire informazioni a prescindere da richieste, solo per le imprese con oltre 50 dipendenti (e fino a 150) prevede espressamente che le procedure di cui alla L. 223/1991 assorbono quelle di consultazione ivi disciplinate.

Un assorbimento non previsto invece per gli obblighi informativi gravanti sulle imprese con oltre 150 dipendenti aventi tra l'altro ad oggetto "previsioni sulle dinamiche occupazionali" nonché "decentramenti produttivi di carattere permanente o ricorrente, rilevanti processi di esternalizzazione comportanti conseguenza sui livelli occupazionali".

In tale quadro contrattuale, si era altresì inserito l'accordo aziendale del 5 luglio 2018, con cui la Società si era impegnata a fornire informative sindacali di dettaglio con cadenza mensile e semestrale, sia sui livelli occupazionali che sull'andamento della produzione.

La prassi aziendale, da ultimo, come confermato dagli informatori ascoltati dal Tribunale, prevedeva che il contenuto delle informative fornite mensilmente e semestralmente fosse lo stesso, ma con una prospettiva di periodo diversa.

Alla luce, dunque, delle disposizioni del CCNL, dell'accordo integrativo aziendale e della prassi in uso, il Tribunale ha concluso per la chiara sussistenza di un obbligo di informativa sindacale preventiva circa qualunque decisione capace di incidere sui livelli occupazionali.

Un obbligo violato nel caso di specie, a nulla valendo le eccezioni sollevate dalla convenuta circa:
(i) la circostanza che la decisione fosse stata assunta dalla capogruppo e che la Società italiana ne avesse acquisito contezza solo il 19 novembre 2021 poco prima, dunque, dell'informativa data in occasione dell'incontro del 10 dicembre 2021 a cui era poi susseguita la delibera del consiglio di amministrazione di cessazione dell'attività aziendale; (ii) che la FIOM all'incontro del 10 dicembre 2021 avesse abbandonato il tavolo negoziale così facendo intendere la mancanza di volontà di attivare la procedura di consultazione di cui al CCNL. Sul punto, il Tribunale ha infatti statuito che la circostanza che la decisione fosse stata assunta dalla capogruppo non potesse costituire esimente di responsabilità della Società italiana, potendosi applicare il canone ermeneutico sancito dalla L. 223/1991 che all'art. 4, comma 15bis, prevede espressamente che in caso di violazione degli obblighi di consultazione ivi disciplinati il datore di lavoro non può eccepire a difesa la mancata trasmissione delle informazioni da parte dell'impresa che lo controlla.

Quanto invece ai tempi del coinvolgimento, il Tribunale ha giudicato inverosimile che l'azienda ne avesse avuto contezza solo a novembre 2021, essendo emerso che sin dall'agosto 2021 la Società aveva mostrato un'evidente scarsa collaborazione nell'organizzazione degli incontri sindacali.

Quanto alla circostanza che la FIOM avesse abbandonato il tavolo negoziale il 10 dicembre, il Tribunale ha ritenuto l'episodio irrilevante in quanto il coinvolgimento sindacale andava fatto nella fase di valutazione della decisione e non a decisione già assunta e in ogni caso in base al CCNL l'organizzazione sindacale avrebbe potuto avere n. 5 giorni a disposizione per chiedere un incontro, possibilità di fatto negata dalla Società con l'immediato avvio della procedura di licenziamento collettivo.

Dichiarata dunque l'antisindacalità della condotta posta in essere, il Tribunale di Ancona ha esaminato le relative conseguenze anche in termini di annullamento della procedura di licenziamento collettivo avviata e di risarcimento del danno al sindacato.

Quanto al primo aspetto, il Giudice, ripercorsi i precedenti giurisprudenziali in materia, anche di recente emanazione (i.e. Tribunale di Firenze, ordinanza 20 settembre 2021; Tribunale di Monza ordinanza 8 ottobre 2021), ha ritenuto di doversi discostare dagli stessi, ritenendo di non immediata evidenza la sussistenza di un nesso causale tra l'omessa consultazione preventiva e l'avvio della procedura di licenziamento collettivo.

In particolare, secondo il Tribunale, mutuando i principi generali che presiedono la valutazione delle condotte omissive ed effettuando un giudizio sulla regola penale del "più probabile che non", non vi è modo di affermare la probabilità che il corretto svolgimento delle procedure di informazione avrebbero permesso di evitare l'avvio della procedura di licenziamento collettivo. Per tale ragione, il Tribunale ha rigettato la richiesta di annullamento della procedura di licenziamento collettivo avviata dalla Società. Per contro, ha ritenuto certamente che la condotta datoriale avesse arrecato un danno all'immagine del sindacato ed al suo ruolo, accogliendo pertanto la relativa richiesta di risarcimento del danno e condannando la Società al pagamento del relativo ammontare, liquidato in via equitativa in Euro 50.000.

Il Giudice ha poi ritenuto di rigettare la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale ex art. 28, D. Lgs. 150/2011 in quanto non adeguatamente allegata e provata la condotta discriminatoria; ha ritenuto altresì di compensare per 1/3 le spese di giudizio e condannare la Società al pagamento dei restanti 2/3 e di stabilire la pubblicazione del provvedimento per estratto su n. 7 quotidiani a spese della Società.

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*A cura dell'Avv. Alberto De Luca - Avv. Stefania Raviele, De Luca & Partners

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