Penale

Mercato di voto, niente reato o tentativo se l'accordo proposto non è recepito dall'altra parte

Non è punibile neanche l'istigazione del creditore al debitore che non accetta lo "scambio" per ottenere l'ok al concordato preventivo

di Paola Rossi

Il mercato di voto può sussistere nella forma tentata solo se vi è un accordo concluso o vi sono state delle trattative bilaterali ma il risultato pattuito non viene raggiunto per cause indipendenti dalla volontà delle parti coinvolte. Invece, in assenza di un patto o di una reciproca attività per raggiungerlo, non è punito dalla legge penale la mera proposta non raccolta dall'altra parte. Cioè l'istigazione al reato di mercato di voto non è perseguibile non costituendo a sua volta reato. Non è quindi fatto penalmente rilevante l'istigazione a commettere il reato sanzionato dall'articolo 233 della legge fallimentare.

Il reato di mercato di voto previsto dalla legge fallimentare punisce l'accordo tra il fallito (o il fallendo) che miri ad alterare la par condicio tra tutti coloro che vantano un credito verso il debitore.
Come dice la Cassazione penale - con la sentenza n. 46839/2022 - si tratta di "reato-accordo" per cui la fattispecie sorge solo in caso di condotta bilaterale. Il mercato di voto è assimilabile alla struttura bilaterale dell'accordo corruttivo. Ma il Legislatore, nel caso della corruzione ha espressamene previsto la rilevanza penale anche della condotta unilaterale di chi propone l'accordo corruttivo non recepito dall'altra parte: cioè l'istigazione. Previsione invece assente per il reato di mercato di voto. Quindi - siccome per regola generale un fatto può essere punito come reato solo se espressamente previsto come tale dalla legge - l'istigatore dello scambio di voto in sede di concordato preventivo non è punibile perché "il fatto non sussiste". Il ricorrente è stato così definitivamente assolto in quanto la proposta inascoltata dal debitore lo ha messo nel ruolo irrilevante penalmente del mero istigatore.

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