Penale

Associati all’Isis anche i lupi solitari

di Patrizia Maciocchi

Il giuramento di fedeltà al Califfato, fa scattare il reato di associazione terroristica, se dopo il “chiamato” alla Jihad compie una serie di azioni utili agli scopi dell’Isis. E ai fini del reato associativo è del tutto ininfluente che l’atto sia compiuto in solitaria e con mezzi personali. La Cassazione (sentenza 38208) ha confermato la condanna di un cittadino tunisino e di un pachistano per il reato di associazione terroristica, smontando le obiezioni della difesa, secondo la quale il verdetto si reggeva solamente su un giuramento di fedeltà all’autoproclamato Califfo dello stato islamico Abu Bakr al Baghdadi.

Ma l’assunto dei difensori è sbagliato perché non c’è solo l’adesione alla guerra “santa”. Il giuramento è solo il dato di partenza, che dimostra comunque l’adesione ad un’ideologia che impone la soppressione degli “infedeli”. Ma in più c’è un’attività di propaganda, proselitismo e istigazione ad atti di terrorismo, svolta anche sui social facendo ricorso a browser, come il Tor, che assicurano l’anonimato. La sentenza ha valorizzato anche l’uso del manuale di addestramento «How to survive in the west» con le istruzioni per l’uso di azioni terroristiche.

Quanto alla posizione di “cani sciolti” o “lupi solitari”, i giudici non hanno difficoltà a spiegare che la condizione non è affatto in contrasto con la particolare struttura , “globalizzata” dell’Isis, ma anzi funzionale all’obiettivo di destabilizzare il “nemico” con la minaccia di un pericolo che può arrivare ovunque e da chiunque. La partecipazione all’associazione scatta dunque anche con le iniziative autonome e prive di programmazione, che rientrano nei piani dell’organizzazione, pronta a rivendicare e ad esaltare gli atti dei suoi “soldati”. Il dato dell’inserimento in una struttura “a rete”- avvertono i giudici - è del tutto diverso dalla partecipazione alle associazioni tradizionalmente conosciute. E per il reato non serve di certo il contatto tra vertici e singoli aderenti.

Corte di cassazione – Sentenza 38208/2018

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