Penale

Rilevanza penale del saluto fascista, non c'è rapporto di specialità tra Legge Mancino e Legge Scelba

Le due disposizioni incriminatrici dibattute per il caso concreto hanno aspetti di convergenza, ma non possono essere ritenute collocabili in una dimensione compatibile con il criterio della specialità

di Pietro Alessio Palumbo

Secondo la "Legge Scelba" del 1952 va punito chiunque con parole o gesti o in qualunque altro modo compia pubblicamente manifestazioni usuali al disciolto partito fascista. Secondo la "Legge Mancino" del 1993 va punito chiunque in pubbliche riunioni compia manifestazioni esteriori ovvero ostenti emblemi o simboli propri delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che coltivino finalità di discriminazione razziale. Con la sentenza n.7904 del 4 marzo scorso la Corte di Cassazione ha affrontato la vicenda in cui durante una celebrazione pubblica alcuni soggetti avevano compiuto manifestazioni tipiche del disciolto partito fascista quali la 'chiamata del presente' e il 'saluto romano'. Al riguardo la Suprema Corte ha delineato la precisa ricostruzione dei contorni applicativi delle due fattispecie normative; esaminando in particolare il tema del possibile rapporto di reciproca "specialità".

La ricostruzione in prime cure del Tribunale e quella della Corte d'Appello
Secondo il Tribunale di primo grado i fatti della vicenda rientravano nella previsione incriminatrice della Legge Scelba; e la condotta, pur volontaria, non era punibile in ragione della natura di "pericolo concreto" pacificamente riconosciuta alla previsione incriminatrice. Negli episodi all'esame non vi sarebbe stata la effettiva idoneità delle condotte a determinare il pericolo di ricostituzione del disciolto partito fascista trattandosi di atti con esclusiva finalità di commemorazione. Diversa la ricostruzione operata dalla Corte di Appello che ripristinando l'originaria qualificazione giuridica dei fatti aveva affermato la responsabilità degli imputati. In sintesi secondo la Corte d'Appello la previsione incriminatrice della Legge Scelba coprirebbe una area ristretta di condotte limitate alle manifestazioni usuali al partito fascista; mentre la previsione della Legge Mancino avrebbe carattere molto ampio in quanto riferita alle manifestazioni evocative di ogni associazione o gruppo coltivante finalità di discriminazione razziale. E inoltre mentre il reato previsto dalla Legge Scelba sarebbe di "pericolo concreto" per cui la punibilità delle condotte deriverebbe dalla idoneità concreta delle medesime a determinare il pericolo di ricostituzione del partito fascista; quello previsto dalla Legge Mancino sarebbe di "pericolo presunto". Per la Corte di seconde cure una volta esclusa la ricorrenza del pericolo concreto di ricostituzione del partito fascista, il Tribunale avrebbe dovuto verificare se la condotta fosse da ritenersi punibile in rapporto ai contenuti della previsione "generale" contenuta nella Legge Mancino. In particolare la manifestazione incriminata avrebbe avuto obiettivi caratteri di serietà e di diffusività con la presenza di circa trecento persone e una durata di circa trenta minuti; il tutto, essendo stati evocati simboli di odio razziale ed etnico, di portata tale da integrare la fattispecie di reato prevista dalla Legge Mancino.

La presenza di "affinità" ma non di effettiva "specialità"
A giudizio della Suprema Corte l'aspetto focale che ha dato luogo alle continue riqualificazioni giuridiche dei fatti è costituito dalla nozione penalistica di "specialità" per cui quando più leggi penali o più disposizioni della medesima legge penale regolano la stessa materia, la legge o la disposizione di legge speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale. Secondo la Cassazione non ricorrono dubbi sul fatto che le disposizioni incriminatrici in questione possono avere aspetti di "affinità", tali da poterle ritenere elementi di un più ampio sistema di tutela dei valori della convivenza civile e della democrazia costituzionale; tuttavia ciò non consente di evocare, ed applicare, la nozione di "specialità".

Il confronto tra la Legge Scelba e la Legge Mancino
La Legge Scelba deriva da un preciso punto del Trattato di Pace del 1947 con cui l'Italia dopo aver dato atto dello scioglimento delle organizzazioni fasciste sul proprio territorio si era impegnata a non permettere la rinascita di simili organizzazioni, che fossero politiche, militari o militarizzate, con oggetto e scopo di privare il popolo dei suoi diritti democratici. La Legge Scelba incrimina la condotta di chi, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni tipiche del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste. A ben vedere la disposizione si "limita" alla descrizione della condotta e non richiede altro ai fini dell'integrazione del reato. Ad essere incriminato è l'utilizzo in pubbliche riunioni di una determinata gestualità chiaramente evocativa del disciolto partito fascista; e dunque il "segno" o la "espressione verbale" che possieda simile carica evocativa. La caratterizzazione della fattispecie in termini di pericolo concreto è frutto di interpretazione chiamata a confrontare i contenuti della disposizione con i principi espressi nella Carta fondamentale in tema di libera manifestazione del pensiero. La Legge Mancino del 1993 incrimina invece la condotta di chi in pubbliche riunioni abbia atteggiamenti esteriori ovvero ostenti emblemi o simboli propri e consueti delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi razzisti; e le disposizioni in essa presenti vanno integrate con i contenuti della normativa del 1975 sulla ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale aperta alla firma a New York nel 1966. Dal che la disciplina va letta nel senso che è vietata "ogni" organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

Il nesso funzionale con organizzazioni o gruppi "oggi" esistenti ed operanti
In punto di interpretazione della vicenda la Suprema Corte ha messo in evidenza che per applicare correttamente la previsione incriminatrice il giusto nesso di corrispondenza impone che non si tratti di una organizzazione "storica" ma di una organizzazione, o un movimento, o un gruppo, esistente ed operante nel momento in cui viene posta in essere la condotta penalmente rilevante. Non vi è altra interpretazione possibile della Legge Mancino dato che le disposizioni della richiamata normativa del 1975 non mirano a inibire la rievocazione di gruppi storici ma a punire condotte di tipo associativo esistenti nell'attualità, con la necessità di identificazione del gruppo e delle condotte di relativo proselitismo. Tutto ciò non toglie che un gruppo attualmente esistente si richiami a ideologie passate che hanno coltivato analoghi disvalori di discriminazione o violenza per motivi razziali, tra cui l'ideologia fascista o nazista; ovvero che il gruppo in questione possa, in concreto, fare uso di simboli di quelle organizzazioni storiche a fini di identificazione della propria matrice ideologica. Tuttavia ciò che caratterizza la fattispecie incriminatrice della Legge Mancino è sempre il nesso funzionale con organizzazioni o gruppi esistenti oggi; il che inevitabilmente ricade nella connotazione della sua pericolosità. Il reato può ritenersi di pericolo presunto essenzialmente in ragione della indefettibile correlazione con il gruppo che attraverso quella particolare simbologia o gestualità fa, oggi, una attività di effettivo incitamento alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali o etnici.

I concetti di "interferenza" e di "continenza"

Secondo la Suprema Corte in vicende come quella sottoposta al suo esame è del tutto impropria l'adozione del concetto di "specialità" come declinato dal codice penale. Infatti il confronto tra le fattispecie in apparente convergenza va realizzato con riferimento alla struttura delle medesime tramite la comparazione dei rispettivi elementi costitutivi; e non riguarda le modalità interpretative di ciascuna di esse; o elementi esterni alla dimensione della tipicità. In caso di concorso di disposizioni penali che regolano la stessa materia, il criterio di specialità richiede che ai fini della individuazione della disposizione prevalente, il presupposto della convergenza di norme può ritenersi integrato solo in presenza di un rapporto di "continenza" tra le discipline stesse; alla cui verifica deve procedersi mediante il confronto strutturale tra le fattispecie astratte configurate e la comparazione degli elementi costitutivi che concorrono.
Nella materia del concorso apparente di norme non operano criteri valutativi diversi da quello di "specialità" che si fonda sulla comparazione delle strutture astratte delle fattispecie, al fine di apprezzare l'implicita valutazione di correlazione tra le regole effettuata dal legislatore. Solo un rapporto di continenza può imporre di applicare la disposizione speciale; negli altri casi va applicato il generale principio di tipicità e tassatività dell'illecito e le norme in tema di concorso di reati. Le due disposizioni incriminatrici dibattute per il caso concreto hanno aspetti di convergenza, ma non possono essere ritenute collocabili in una dimensione compatibile con il criterio della specialità. La Legge Scelba inquadra una condotta di rievocazione storica del "disciolto" partito fascista attraverso un determinato comportamento gestuale o simbolico. La Legge Mancino incrimina l'utilizzo di emblemi o simboli propri o usuali di organizzazioni o gruppi che, "all'attualità", incitino alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Dal che se da un lato vi è un aspetto di "interferenza" - storicamente il fascismo ha promosso discriminazione e violenza anche per motivi razziali -; dall'altro dal confronto tra le fattispecie non è rinvenibile "continenza". E ciò sia in ragione delle connotazioni ideologiche negative del fascismo, sia soprattutto per la diversità di ambito applicativo: la correlazione tra l'uso dei simboli e la individuazione di un gruppo o movimento o associazione, oggi esistente, che persegua il finalismo discriminatorio.

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