Civile

Critica giornalistica: mai senza la completezza dei fatti

Per riconoscere efficacia esimente all'esercizio di tale diritto, occorre che il fatto presupposto ed oggetto della critica corrisponda a verità

di Pietro Alessio Palumbo

Con la recente ordinanza 23166/2022 la Corte di Cassazione ha chiarito che nell'ambito dell'attività giornalistica non è affatto corretto procedere a una ricostruzione volontariamente distorta della realtà fattuale, omettendo ad arte porzioni di significativo rilievo con lo scopo di attirare l'attenzione negativa dei lettori sulla persona criticata. A ben vedere se è certamente vero che il diritto di critica non si concreta, come quello di cronaca, nella narrazione veritiera di fatti, ma si esprime in un giudizio che, come tale, non può che essere soggettivo e separato rispetto ai fatti stessi, resta comunque fermo che il fatto presupposto ed oggetto della critica deve corrispondere a verità; sia pure non assoluta, ovviamente, tuttavia ragionevolmente putativa per le fonti da cui proviene o anche per altre circostanze oggettive. In altri termini, il diritto di critica non si concreta nella mera narrazione dei fatti e si esprime in un giudizio avente carattere necessariamente soggettivo rispetto ai fatti stessi; tuttavia, per riconoscere efficacia esimente all'esercizio di tale diritto, occorre che il fatto presupposto ed oggetto della critica corrisponda a verità, sia pure non assoluta, ciò nondimeno sensatamente possibile alla luce delle prove da cui proviene o per altre circostanze soggettive.

Omettere informazioni può alterare la verità dei fatti
Secondo la Suprema Corte appare incontrovertibile ed evidente che togliendo porzioni della complessiva realtà fattuale che si intende criticare si può alterare la veridicità della descrizione fattane, nel caso in cui le parti tralasciate abbiano caratteristiche tali da compromettere il significato di quanto espressamente riferito. La ricostruzione parziale dei fatti, ove sia avvenuta omettendo di riferire circostanze capaci di attribuire a quanto narrato un senso del tutto diverso, influisce quindi sul carattere di veridicità delle vicende presupposte poste ad oggetto della critica. E tutto ciò significa che la narrazione del fatto presupposto dalla critica, per corrispondere a verità, deve avvenire non solo riferendo circostanze in sé veridiche ed obiettive, ma anche avendo cura di non tralasciare ogni rilevante circostanza di contorno che sia, per sua stessa natura, capace di alterare in maniera rilevante il significato della narrazione compiuta.

Vicende giudiziarie: vanno riportati gli esiti
La Cassazione ha inoltre chiarito che laddove si dia conto di vicende giudiziarie, incombe l'obbligo di accertare e rappresentare compiutamente lo sviluppo degli esiti processuali delle stesse; e il diritto di cronaca non ricorre quando si offre il resoconto di fatti distanti nel tempo, in relazione ai quali è legittimo pretendere una attenta e puntuale verifica di tutte le fonti disponibili. Rispetto alla narrazione del fatto presupposto ed oggetto del diritto di critica - che si ispira ai medesimi principi regolatori del diritto di cronaca – risulta indispensabile e necessaria la corrispondenza a verità della notizia di natura giudiziaria su cui l'opinione si fonda; e l'obbligo di non tralasciare circostanze che possano influire in maniera rilevante sul significato stesso di quanto narrato. La necessaria corrispondenza della notizia a verità, laddove si dia conto di questioni giudiziarie lontane negli anni, comporta l'obbligo di accertare e rappresentare compiutamente lo sviluppo degli esiti processuali delle stesse. Ne consegue che un riferimento meramente o miratamente selettivo, ovvero comunque incompleto delle sorti di uno o alcuni procedimenti giudiziari che costituiscono il fatto presupposto della critica mina la base stessa del diritto scorrettamente esercitato e con esso, evidentemente, anche la sua portata esimente.

Omettere fatti può adulterare il giudizio critico
Con queste coordinate ed esaminando gli atti processuali, secondo la Suprema Corte, il Tribunale di merito ha errato laddove ha ritenuto che l'esercizio del diritto di critica non comporti la necessaria esposizione di argomenti di segno contrario; perché se ciò può dirsi di certo vero rispetto al giudizio soggettivo espresso in relazione ai fatti raccontati, l'assunto risulta, all'opposto, scorretto riguardo alla necessaria completezza della narrazione del fatto oggetto della critica, che deve essere veritiero e riferito anche alla conclusione della vicenda giudiziaria - nella vicenda in questione, risalente a vari anni addietro . Tutto ciò in quanto proprio per l'omissione di circostanze significative, potrebbe venire in essere una alterazione del significato medesimo di quanto nel complesso riportato e valutato. Secondo la Cassazione il giudice avrebbe quindi dovuto acclarare, rispetto alle due ipotesi per le quali ha ritenuto che fosse stato legittimamente esercitato il diritto di critica, se gli articoli in questione contenessero una ricostruzione parziale ovvero completa della realtà dei fatti. Ciò perché trascurando importanti elementi, intaccando la veridicità dei fatti divenuti l'oggetto della critica rinvenibili attraverso una puntuale verifica di tutte le fonti disponibili, può indubbiamente essere data una "impronta" distorta alle vicende giudiziarie riportate.

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