Penale

Reati depenalizzati, vanno revocate anche le statuizioni civili

La Corte di cassazione, sentenza n. 43829 depositata oggi, ha confermato l'indirizzo delle S.U. accogliendo il ricorso di un'automobilista

di Francesco Machina Grifeo

La depenalizzazione di un reato comporta anche l'annullamento della condanna alle statuizioni civili. La Corte di cassazione, sentenza n. 43829 depositata oggi, ha confermato l'indirizzo accogliendo il ricorso di una donna che era stata sì assolta in appello dal reato di falso in scrittura privata, perché "il fatto non è previsto dalla legge come reato", a seguito della depenalizzazione da parte del Dlgs 15 gennaio 2016, n. 7, ma contro la quale permaneva la condanna alla statuizioni civili.

Nel 2015, il Tribunale di Latina aveva dichiarato la ricorrente responsabile del reato previsto dall'art. 485 cod. pen. e l'aveva condannata alla pena di giustizia e al risarcimento dei danni a favore della parte civile. Proposto appello, la Corte territoriale di Roma, nel 2021, l'aveva assolta dal reato "perché il fatto non è previsto dalla legge come reato", confermando però le statuizioni civili.

Proposto ricorso, la donna ha denunciato la violazione del Dlgs 15 gennaio 2016, n. 7. Una lettura condivisa anche dal sostituto Procuratore generale della Repubblica presso la Cassazione che ha concluso per l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata relativamente alle statuizioni civili.

Per la V Sezione penale il ricorso è fondato. Come già affermato dalle Sezioni unite, infatti, in caso di sentenza di condanna relativa a un reato successivamente abrogato e qualificato come illecito civile ai sensi del Dlgs 15 gennaio 2016, n. 7 ("Disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili, a norma dell'articolo 2, comma 3, della legge 28 aprile 2014, n. 67", entrato in vigore il 6 febbraio 2016), il giudice dell'impugnazione, nel dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, deve revocare anche i capi della sentenza che concernono gli interessi civili.

Resta fermo, precisa la Suprema corte, il diritto della parte civile di agire ex novo nella sede naturale, per il risarcimento del danno e l'eventuale irrogazione della sanzione pecuniaria civile. Ne consegue, si legge nella decisione, che la sentenza impugnata "deve essere annullata senza rinvio limitatamente alle statuizioni civili, con conseguente revoca delle stesse".

Infine, aggiunge la Corte, la sentenza di appello non ha provveduto in ordine al reato ex art. 116 c.d.s., "Patente e abilitazione professionale per la guida di veicoli a motore", per il quale è intervenuta condanna in primo grado e anch'esso depenalizzato in forza dell'art. 1, Dlgs 15 gennaio 2016, n. 8; "pertanto – conclude -, anche in parte qua, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio".

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