Lavoro

Protocollo lavoro agile, quadro di riferimento e criticità

Il Protocollo non sembra offrire soluzioni dirimenti su talune criticità quali, ad esempio, il lavoro straordinario, l'esercizio del diritto alla disconnessione, le modalità di esercizio del potere eterodirettivo e la formazione del lavoratore

di Massimiliano Arlati e Luca Barbieri*

In data 7 dicembre 2021, le Parti sociali hanno sottoscritto il ‘ Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile' del settore privato , la cui adozione è stata promossa dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (MLPS) alla luce dell'esito dell'attività d'indagine condotta da un Gruppo di studio appositamente istituito dal Dicastero, perché fossero individuati gli effetti che il ricorso al lavoro agile ha determinato sull'organizzazione del lavoro.

Il Protocollo intende delineare un quadro di riferimento per la regolamentazione dello svolgimento dell'attività lavorativa in regime di lavoro agile, tracciando linee direttrici per la contrattazione collettiva di lavoro (nazionale, territoriale e aziendale), espressamente valorizzata quale ‘fonte privilegiata di regolamentazione dello svolgimento della prestazione di lavoro in modalità agile'.

Tuttavia, il Protocollo non pare presentare elementi innovativi rispetto al vigente impianto normativo di cui al Capo II della Legge 22 maggio 2017, n. 81, nonostante promuova un ‘più ampio rinnovamento di prospettiva, ridefinendo il lavoro in un quadro di fiducia, autonomia e responsabilità condivise.

Come noto, il lavoro agile sperimentato durante la crisi sanitaria a fini prioritariamente prevenzionistici in deroga all'art. 19, c. 1 della Legge 22 maggio 2017, n. 81, ossia in carenza di un accordo individuale, ha conosciuto differenti declinazioni, miranti ad assicurare il miglior svolgimento dell'attività d'impresa nel rispetto degli obblighi di contrasto al rischio di contagio nei luoghi di lavoro e delle limitazioni introdotte dalla legislazione d'urgenza.

Stando all'analisi condotta dal più sopra menzionato Gruppo di studio (e al momento non reperibile), il ricorso a tale soluzione organizzativa avrebbe il merito di agevolare
i) la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro,
ii) l'autonomia e la responsabilità del lavoratore al raggiungimento degli obiettivi così come iii) un risparmio dei costi per l'impresa, producendo al contempo ‘un positivo riflesso sulla produttività'.


Con riguardo a talune già note criticità, individuabili sia nelle modalità di coordinamento e d'esecuzione della prestazione di lavoro così come nell'individuazione dei tempi di riposo e nelle misure tecniche ed organizzative volte ad assicurare la disconnessione del lavoratore, il Protocollo non offre soluzioni di sorta. Peraltro, si ravvisa una manifesta ridondanza di questo con riguardo, ad esempio, alle disposizioni afferenti
i) ai diritti sindacali,
ii) agli obblighi relativi al trattamento dei dati personali e
iii) alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, che, come anticipato, non conferiscono alcun elemento innovativo né all'impianto normativo già vigente dal 14 giugno 2017 (Capo II della Legge 22 maggio 2017, n. 81) né alle sperimentazioni sino ad ora condotte.


Ove non diversamente indicato, ogni riferimento normativo contenuto nel presente intervento deve intendersi volto al Capo II della Legge 22 maggio 2017, n. 81.

Accordo individuale
Come noto, per effetto dell'art. 19, c. 1 l'accordo individuale disciplina, a tempo determinato o indeterminato,
i) le modalità d'esercizio del potere direttivo,
ii) gli strumenti di lavoro e le corrette modalità del loro utilizzo nonché
iii) i tempi di riposo e le misure tecniche ed organizzative che assicurino la disconnessione del lavoratore.

Il Protocollo prevede che nell'accordo individuale debbano altresì essere dedotti i seguenti ulteriori elementi:
•criteri e modalità d'alternanza tra i periodi di lavoro all'interno e all'esterno dei locali aziendali, individuando i luoghi eventualmente esclusi per lo svolgimento della prestazione lavorativa in regime di lavoro agile;
• l'attività formativa eventualmente necessaria per lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile;
• le forme e le modalità d'esercizio dei diritti sindacali (art. 2, c. 2).

Con riguardo all'accordo individuale, desta perplessità il dettato di cui all'art. 2, c. 3 del Protocollo, che, in aperto contrasto con l'art. 19, c. 2, stabilisce che quando l'accordo individuale sia stipulato a tempo indeterminato, è ammesso il recesso senza che sia fatto obbligo di osservare alcun periodo di preavviso, sempre che il recesso sia fondato su un giustificato motivo.

Collocazione della prestazione di lavoro, diritto alla disconnessione e lavoro straordinario

Il lavoro agile è una modalità d'esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, condotta anche ricorrendo a forme d'organizzazione del lavoro per fasi, cicli e obiettivi, senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro (art. 18, c. 1).

In particolare, nonostante la disciplina in tema di lavoro agile non deroghi espressamente la vigente legislazione in materia d'orario di lavoro di cui al D.Lgs. 6 aprile 2003, n. 66, è stabilito che la prestazione lavorativa sia svolta entro i soli limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale, stabiliti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.

Al proposito, l'art. 3, c. 2 del Protocollo prevede che mediante apposito accordo possano essere individuate le fasce orarie nel cui ambito il lavoratore è tenuto a collocare e distribuire la propria prestazione, assicurando in ogni caso il diritto alla disconnessione.

Incertezze interpretative emergono altresì in relazione all'art. 3, c. 4 del Protocollo, per effetto del quale il contratto collettivo di lavoro dovrà prevedere che il lavoratore in regime di lavoro agile non possa di norma essere chiamato a svolgere attività di lavoro straordinario, salvo esplicita previsione del contratto collettivo di lavoro applicato.

Luogo di lavoro

La prestazione lavorativa in regime di lavoro agile è svolta in parte all'interno e in parte all'esterno dei locali aziendali (art. 18, c. 1). Pertanto, il lavoratore è libero d'individuare il luogo nel quale svolgere la propria attività, a condizione che le caratteristiche di questo consentano la regolare esecuzione dell'attività lavorativa, in osservanza degli obblighi di sicurezza e riservatezza, anche con riferimento:
• al trattamento dei dati e delle informazioni aziendali;
• alle esigenze di connessione con i sistemi aziendali.

Il protocollo prevede che in sede di contrattazione collettiva siano individuati i luoghi ritenuti inidonei allo svolgimento dell'attività in regime di lavoro agile.
Fermo restando quanto sopra, nell'accordo individuale (art. 19, c. 1) può essere dedotta un'apposita clausola mediante la quale le parti regolano espressamente tale essenziale elemento.

Strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività di lavoro

Salvo diverso accordo, il datore di lavoro è tenuto a fornire al lavoratore idonea strumentazione tecnologica e informatica di lavoro (art. 5, c. 1 del Protocollo).

Il datore di lavoro è infatti responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell'attività lavorativa che, in ogni caso, deve essere svolta in osservanza di quanto disposto dal D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (art. 18, c. 2 e art. 5, c. 5 del Protocollo); le spese di
i) manutenzione,
ii) riparazione o
iii) sostituzione degli strumenti forniti al lavoratore devono intendersi a carico del datore di lavoro, il quale ne è il legittimo proprietario (art. 5, c. 3 del Protocollo).


Laddove le parti concordino che il lavoratore possa utilizzare propri strumenti tecnologici, saranno stabiliti criteri e requisiti minimi di sicurezza; a tal fine, al lavoratore può essere riconosciuto un indennizzo per le spese sostenute (art. 5, c. 2 del Protocollo).

In caso di guasto, furto o smarrimento delle attrezzature o nel caso di impossibilità sopravvenuta della prestazione lavorativa, il lavoratore è tenuto ad avvisare tempestivamente il proprio responsabile e, ove necessario, attivare la procedura aziendale per la gestione del data breach.

Fermo restando che il lavoratore è ovviamente ritenuto responsabile degli eventuali danni agli strumenti tecnologici fornitigli se determinati da una sua condotta negligente, suscita gravi perplessità il disposto di cui all'art. 5, c. 4 del Protocollo, laddove è stabilito che quando non sia possibile riprendere l'attività lavorativa in regime di lavoro agile in un tempo ragionevole, il datore di lavoro e il lavoratore concordano le modalità di svolgimento dell'attività di lavoro, che può contemplare il rientro in sede del lavoratore.

Lavoratori fragili e disabili

Salvo quanto previsto dalla legge, l'art. 10, c. 1 del Protocollo impone alle Parti sociali ad agevolare l'accesso al lavoro agile dei lavoratori in condizioni di
i) fragilità e
ii) disabilità, ricorrendo al lavoro agile come ‘accomodamento ragionevole' (art. 2 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e).


Al proposito, si consideri come per ‘accomodamento ragionevole' deve intendersi la misura tecnica e organizzativa - efficace e appropriata - che, calibrata sul piano individuale:
a) assicuri l'opportuno adattamento degli strumenti di lavoro nonché l'attuazione di un programma di formazione specifica o l'adibizione ad altre mansioni ovvero
b) comporti l'adozione di soluzioni organizzative quali, ad esempio, l'adattamento dei locali, la rielaborazione di procedure o la ridefinizione dei ritmi di lavoro ( ex plurimis, Corte di Cassazione, sentenza 23 febbraio 2021, n. 4896 ).

Resta fermo che il datore di lavoro che stipuli un accordo per l'esecuzione della prestazione di lavoro in modalità di lavoro agile deve considerare prioritarie le richieste formulate:
• dalle lavoratrici nei tre anni successivi al termine del periodo di congedo di maternità di cui all'art. 16 del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 15;
• dai lavoratori con figli in condizioni di disabilità ai sensi dell'art. 3, c. 3, della Legge 5 febbraio 1992, n. 104 (art. 18, c. 3-bis).

Formazione e informazione

Sebbene l'apprendimento permanente non possa certo costituire un elemento distintivo del solo lavoro agile, l'accordo individuale stipulato con il lavoratore può regolarne lo svolgimento (art. 20, c. 2). Al riguardo, il Protocollo ha inteso sancire l'impegno delle Parti firmatarie a promuovere l'attuazione di programmi di formazione permanente per l'acquisizione e il consolidamento di specifiche competenze tecniche, organizzative, digitali, anche al fine di garantire un efficace e sicuro utilizzo degli strumenti tecnologici di lavoro, precisando come l'attività di formazione possa costituire un momento d'interazione dei lavoratori in presenza, anche al fine di prevenire situazioni di isolamento.

Con riferimento a ciascun lavoratore occupato in regime di lavoro agile, resta fermo l'obbligo per il datore di lavoro di:
• prevedere lo svolgimento di un percorso formativo sia in tema di tutela della salute e sicurezza che in materia di trattamento dei dati personali;
• rendere per iscritto le informazioni circa le attività di controllo esperite.


Politiche d'inclusione organizzativa e di welfare

Come noto, il lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato ai lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all'interno dei locali aziendali, anche con riguardo
i) all'eventuale riconoscimento di un premio di risultato,
ii) al welfare aziendale,
iii) alle opportunità di crescita professionale e
iv) alla fruizione di permessi retribuiti (art. 20, c. 1 artt. 3, c. 3 e 9, c. 1 del Protocollo).


Le Parti sociali promuovo il lavoro agile in un'ottica di inclusione, alla luce del principio di parità tra uomini e donne, affinché siano realizzati
i) un nuovo e più evoluto equilibrio tra vita familiare e attività professionale e, di riflesso,
ii) un'equa ripartizione delle responsabilità di assistenza in ambito familiare (art. 9, c. 2 del Protocollo).


A tal fine, le Parti sociali si impegnano ad adottare misure volte a garantire un concreto supporto alla genitorialità, promuovendo politiche d'inclusione organizzativa e di conciliazione dei tempi di vita e lavoro, anche adottando misure di carattere economico e/o strumenti di welfare.

Conclusioni

Di seguito, sono riportate le prime conclusioni che è possibile formulare con riferimento al Protocollo 7 dicembre 2021:

• la prima è sulla natura del protocollo che trattasi di un mero atto ricognitivo, le cui disposizioni non incidono significativamente sull'assetto normativo già delineato dal Capo II della Legge 22 maggio 2017, n. 81. In particolare, come prima anticipato, il Protocollo ricalca le disposizioni già da tempo vigenti in materia di i) diritti sindacali, ii) obblighi relativi al trattamento dei dati personali e iii) tutela della salute e sicurezza sul lavoro e iv) infortuni e malattie professionali;

• è attribuita una funzione preminente alla contrattazione collettiva di lavoro quando, di converso, la Legge attribuisce (e così non potrebbe che essere) all'accordo individuale di cui all'art. 19, c. 1 la funzione regolatrice e di bilanciamento degli interessi imprenditoriali e del lavoratore;

• l' art. 1, c. 182-189 della Legge 28 dicembre 2015, n. 208 costituisce già un meccanismo d'incentivazione immediatamente applicabile anche nell'ipotesi di ricorso al lavoro agile. Come noto, è stabilito che il premio di risultato sia soggetto sino al limite di € 3.000,00 ad imposta sostitutiva pari al 10 per cento dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali, a condizione che la corresponsione del premio - di ammontare variabile - sia subordinato ad incrementi (misurabili e verificabili) di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione.
In particolare, l' art. 2, c. 2 del D.M. 25 marzo 2016 prevede che gli individuati criteri di misurazione e verifica degli incrementi di cui sopra ‘possono consistere nell'aumento della produzione o in risparmi dei fattori produttivi ovvero nel miglioramento della qualità dei prodotti e dei processi, anche attraverso la riorganizzazione dell'orario di lavoro non straordinario o il ricorso al lavoro agile quale modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato'.
Dunque, già prevedendo l'ordinamento vigente che il ricorso al lavoro agile possa dar luogo alla corresponsione di un premio di risultato disciplinato mediante apposito contratto collettivo di lavoro territoriale o aziendale a condizione che in questo siano espressamente individuati criteri verificabili di misurazione dell'incremento di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione registrato, lascia perplessi che le Parti stipulanti abbiano auspicato l'introduzione di nuovi ed ulteriori incentivi pubblici volti a promuovere la stipulazione di accordi collettivi di secondo livello in materia di lavoro agile;

• non pare essere operata un'attenta disamina degli effetti che potrebbero derivare dall'impossibilità di ricorrere al lavoro straordinario, lasciando alla contrattazione collettiva di categoria ampi margini di regolamentazione che certamente determineranno la proliferazione di un dimorfismo disciplinare profondamente diversificato in ragione del settore d'appartenenza.

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*A cura di Massimiliano Arlati e Luca Barbieri di ArlatiGhislandi e AG Studi e Ricerche

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