Penale

Sequestro e procedure concorsuali, applicazione in via interpretativa del nuovo Codice della crisi di Impresa

Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, diretta o per equivalente, del profitto dei reati tributari, prevista dall'art. 12-bis co. 1 del DLgs. n. 74/2000, prevale sui diritti di credito vantati sul medesimo bene a seguito di qualsiasi procedura concorsuale. Lo stesso principio di prevalenza si rinviene, con diverse specificità, agli artt. 63 e 64 del Codice antimafia ed anche nel nuovo Codice della crisi di impresa

di Paolo Comuzzi

Nella sentenza che qui si commenta ( Cassazione 3575/2022 ) la Corte ritorna sul rapporto tra il sequestro e le procedure concorsuali (il ricorrente è il curatore fallimentare che ha visto applicarsi il sequestro in presenza di una procedura).

Il curatore fa notare come "… la più recente giurisprudenza di legittimità sia orientata nel senso che, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, il sequestro preventivo dei beni della società finalizzato alla confisca diretta del profitto non può più essere eseguito, mentre può essere eseguito solo quello finalizzato alla confisca per equivalente, sui beni dell'indagato. Ricorda come lo stesso principio sia stato affermato recentemente anche dalle Sezioni Unite (n. 45936 del 26 settembre 2019), le quali, nella parte motiva, nel riconoscere la legittimazione del curatore ad impugnare i provvedimenti in materia cautelare reale anche quando il vincolo penale sia stato disposto prima della dichiarazione di fallimento, hanno dato per acquisita l'esclusione della possibilità di eseguire il sequestro su beni appartenenti alla massa fallimentare e quindi in una situazione cronologica di posteriorità rispetto alla dichiarazione di fallimento, in quanto sui beni che si trovano in siffatta condizione si è ormai costituito un potere di fatto della curatela e del Tribunale fallimentare. Pertanto, ammettere la possibilità del sequestro, ai fini della successiva confisca, sui beni della procedura fallimentare, comporterebbe la violazione non solo dell'art. 42 L.F., ma anche del principio cardine della par condicio creditorum, ex l'art. 52 L.F., e della graduazione dei crediti alla luce del codice civile …".

Sempre il curatore si fa cura anche di precisare che "… l'affermazione secondo la quale, come si desume dal testo del provvedimento impugnato, la confisca del profitto del reato a favore dello Stato (pari all'IVA indebitamente compensata, e per la quale l'erario risulti già ammesso al passivo) debba avere sempre la precedenza su tutti i creditori, comporterebbe un'inversione dell'ordine dei privilegi, attribuendo all'erario, a danno dei dipendenti, un privilegio che non è in alcun modo previsto dalla legge…".

Il curatore in sostanza "… rimprovera al tribunale del riesame di non aver preso posizione in conformità al diverso orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità alla luce del quale, in tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di cui all'art. 12-bis, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, non può essere adottato sui beni già assoggettati alla procedura fallimentare, in quanto la dichiarazione di fallimento importa il venir meno del potere di disporre del proprio patrimonio in capo al fallito, attribuendo al curatore il compito di gestire tale patrimonio al fine di evitarne il depauperamento" (Sez. 3, n. 36745 del 15/10/2020, non mass.; Sez. 3, n. 17766 del 26/02/2020, in motiv.; Sez. 3, n. 45574 del 29/05/2018, E., Rv. 273951 - 01) .

La Corte di Cassazione non concorda con la tesi espressa dal ricorrente e procede ribadendo che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, diretta o per equivalente , del profitto dei reati tributari, prevista dall'art. 12-bis co. 1 del DLgs. n. 74/2000, prevale sui diritti di credito vantati sul medesimo bene a seguito di qualsiasi procedura concorsuale (concordato preventivo o fallimento).

Nella decisione che qui si commenta la Corte di Cassazione ha affermato che il Tribunale "… ha ritenuto di aderire all'indirizzo giurisprudenziale (ex multis, Sez. 3, n. 15776 del 2020, Fallimento [omissis] s.r.I., non mass.; Sez. 3, n. 23907 del 01/03/2016, [omissis], Rv. 266940 - 01; e, in parte, Sez. U, n. 29951 del 24/07/2004, [omissis], Rv. 228165), in forza del quale il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, diretta o per equivalente, del profitto dei reati tributari, prevista dall'art. 12-bis, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000, prevale sui diritti di credito vantati sul medesimo bene per effetto di qualsiasi procedura concorsuale (concordato preventivo o fallimento), attesa l'obbligatorietà della misura ablatoria alla cui salvaguardia è finalizzato il sequestro, per cui il rapporto tra il vincolo imposto dall'apertura della procedura concorsuale e quello discendente dal sequestro deve essere risolto a favore della seconda misura, prevalendo sull'interesse dei creditori l'esigenza di inibire l'utilizzazione di un bene oggettivamente e intrinsecamente pericoloso, in vista della sua definitiva acquisizione da parte dello Stato …".

La Corte di Cassazione ritiene di tenere ferma questa impostazione che fa leva sulla obbligatorietà della misura ablatoria alla cui salvaguardia è finalizzato il sequestro e quindi sostiene con grande chiarezza che le finalità del fallimento non possono assorbire la funzione assolta dal sequestro perché i diritti di credito dei terzi non sono ricompresi nella clausola di esclusione di cui all'art. 12-bis co. 1 del DLgs. n. 74/2000, che fissa, quale unico limite alla possibile confisca, la "appartenenza" del bene a persona estranea al reato.

Sempre la Corte di Cassazione si fa cura di affermare che si tratta di un principio di prevalenza che si rinviene, altresì, seppure con diverse specificità, agli artt. 63 e 64 del DLgs. 159/2011 ("Codice antimafia"), ed anche nel nuovo Codice della crisi di impresa (DLgs. 14/2019), le cui disposizioni - pur dalla vigenza differita (16.5.2022) - possono essere utilizzate per un'interpretazione logico-sistematica delle norme regolatrici del caso di specie ed infatti la stessa afferma che "…Il Collegio cautelare ha fatto buon governo di tali principi ed ha anche aggiunto come il precedente approdo risulti corroborato dalle previsioni ex d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, avuto particolare riguardo alle modifiche introdotte dalla L. 17 ottobre 2017, n. 161 agli artt. 63 e 64 del c.d. "codice antimafia", dove è stata sancita la prevalenza del sequestro di prevenzione rispetto alle procedure concorsuali, sottolineando come anche il nuovo Codice della crisi dell'impresa, sebbene composto da molteplici disposizioni di cui è stata differita la vigenza, contenga norme, la cui entrata in vigore è stata appunto differita e poi prorogata, con le quali sono stati regolati i rapporti tra sequestro penale e procedure concorsuali, stabilendo il medesimo principio di prevalenza, fissato nella materia delle misure di prevenzione, del sequestro finalizzato alla confisca rispetto ai beni vincolati nel seno delle procedure concorsuali…".

Infine la Cassazione indica anche "…L'orientamento che ammette la prevalenza del sequestro preventivo funzionale alla confisca, diretta o per equivalente, del profitto dei reati tributari, prevista dall'art. 12-bis, comma primo, del d.lgs. n. 74 del 2000, è stato anche ritenuto in materia di concordato preventivo, essendo stato affermato che la misura cautelare reale de qua prevale sui diritti di credito vantati sul medesimo bene per effetto della ammissione al concordato preventivo, attesa l'obbligatorietà della misura ablatoria alla cui salvaguardia è finalizzato il sequestro, sul fondamentale rilievo che il rapporto tra il vincolo imposto dall'apertura della procedura concorsuale e quello discendente dal sequestro, avente ad oggetto un bene di cui sia obbligatoria la confisca, deve essere risolto a favore della seconda misura, prevalendo sull'interesse dei creditori l'esigenza di inibire l'utilizzazione di un bene intrinsecamente e oggettivamente "pericoloso", in vista della sua definitiva acquisizione da parte dello Stato" (Sez. 3, n. 28077 del 09/02/2017, Rv. 270333 - 01) .

Sulla base di tutte queste considerazioni la Corte di Cassazione respinge la doglianza del curatore e quindi conclude per la prevalenza del sequestro rispetto alla procedura fallimentare.

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