Penale

Agli imputati poi assolti in dote 63 euro a titolo di risarcimento

Solo 8 milioni stanziati per finanziare il Fondo. Più di 125mila le domande

di Giovanni Negri

Sessantatre euro a testa. A titolo di risarcimento per chi, imputato in un processo, ne esce assolto con formula piena. Questo il paradossale effetto che contribuisce a tenere ferme al palo le norme attuative del Fondo che deve risarcire chi è stato sottoposto ingiustamente allo stress del giudizio penale. A ufficializzare l’impasse è la risposta del sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto all’interrogazione alla Camera, in commissione Giustizia, di Enrico Costa di Azione.

A monte va ricordato che la legge di Bilancio 178 del 2020 ha riconosciuto all’imputato assolto con sentenza divenuta irrevocabile (dal 1° gennaio 2021) perché il fatto non sussiste, perché non ha commesso il fatto o perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, il rimborso delle spese legali nel limite massimo di 10.500 euro. Con decreto del ministro della Giustizia, di concerto con il Mef, che si sarebbe dovuto adottare entro l’inizio di marzo, dovevano essere definiti i criteri e le modalità di erogazione dei rimborsi.

In realtà tutto è fermo. Al Fondo è stata infatti assegnata una “dote” di soli 8 milioni, del tutto insufficiente rispetto alle circa 125.000 domande già arrivate, secondo i dati resi noti da Sisto. Il che conduce appunto a quei 63 euro che, al netto dell’attività istruttoria di verifica sul diritto al rimborso, rende evidentemente inadeguato lo stanziamento.

Non solo, le difficoltà di attuazione riguardano anche l’interpretazione da dare alle norme e, di conseguenza, la loro stessa applicazione. Come sottolinea Sisto nella sua risposta, infatti, «sembrerebbe agevole ritenere che la norma voglia indicare come elemento di priorità nella liquidazione il numero di gradi di giudizio cui l’assolto ha dovuto prendere parte e la durata del giudizio stesso».

Tuttavia il dato problematico che si sta affrontando, in sede di determinazione dei contenuti del decreto, riguarda la possibilità di accesso, nel procedimento di liquidazione, alle informazioni rilevanti, visto che non è prevista dalla legge alcuna conoscenza del fascicolo processuale. A volere tacere poi, conclude il sottosegretario alla Giustizia, che il semplice dato della durata del giudizio in alcuni casi può essere anche scarsamente significativo perché quella durata può dipendere anche da comportamenti tenuti dall’imputato.

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