Civile

Comunità ebraica, nessuna agevolazione fiscale per l'attività di insegnamento della lingua

Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 22155 depositata oggi<br/>

di Francesco Machina Grifeo

Per quanto concerne l'attività di insegnamento della lingua ai fedeli, la Comunità ebraica di Milano non rientra tra i soggetti che possono iscriversi nell'anagrafe delle Onlus ai fini delle relative agevolazioni fiscali. Non ricorrono infatti quelle condizioni di "svantaggio rilevante" tali per cui si debba ammetterla al beneficio. Rientrano invece nel regime di favore le attività socio assistenziali. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 22115 depositata oggi, respingendo sia il ricorso del Fisco che quello della Comunità.

Dal tenore della norma (articolo 10, comma 2, lettera a) del Dlgs n. 460/1997) e dalla ratio solidaristica ad essa sottesa, nonché in applicazione del principio di stretta interpretazione delle previsioni che concedono esenzioni fiscali, spiega la Suprema corte, lo "svantaggio" che la disposizione legislativa tende a colmare - incentivando, attraverso l'esenzione, l'opera della Onlus - consiste infatti nella "obiettiva condizione deteriore, rispetto alla generalità dei consociati, in cui si trovi, negli ambiti specifici individuati dalla norma, una particolare categoria di soggetti".

Alla luce di tali criteri interpretativi, il Collegio rileva che: "indipendentemente dal numero - più o meno ristretto - di soggetti cui l'attività di istruzione della Comunità è rivolta, deve in ogni caso escludersi una posizione di "svantaggio rilevante" di costoro, connessa alla necessità di fruire di un "adeguato insegnamento" della religione ebraica.

Mentre, "come traspare chiaramente dal ricorso", proprio tale esigenza è stata addotta dalla ricorrente incidentale a sostegno della propria censura.

La Cassazione ricorda che in materia di agevolazioni ai fini delle imposte sui redditi, si è affermato che l'articolo 10, comma 2, lettera a), del Dlgs n. 460 del 1997, sul riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (a norma del quale si intende che vengono perseguite finalità di solidarietà sociale quando le cessioni di beni e le prestazioni di servizi siano dirette ad arrecare benefici a "persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari) - dev'essere interpretato: a) nel senso che è sufficiente che ricorra almeno una delle predette condizioni di svantaggio, non rilevando ad escludere il fine solidaristico che le prestazioni siano fornite dietro pagamento di un corrispettivo, sempre che non vi sia prova del perseguimento anche di un fine di lucro attraverso la distribuzione degli utili ovvero il loro impiego per la realizzazione di attività diverse da quelle istituzionali o a queste connesse (Cass., Sez. U, 9.10.2008, n. 24883); b) restrittivamente, trattandosi di previsione relativa ad agevolazioni, da riferire ad individui in condizioni oggettive di disagio per situazioni psico-fisiche particolarmente invalidanti, ovvero per stati di devianza, degrado, grave emarginazione sociale, precarietà economico familiare, mirando la norma a colmare una situazione deteriore in cui si trovi una particolare categoria di soggetti rispetto alla generalità dei consociati (Cass., Sez. 5, 26.6.2020, n. 12804).

In particolare, "la nozione di "svantaggio", inserita nella norma, individua, categorie di persone in condizioni oggettive di disagio per situazioni psico-fisiche particolarmente invalidanti ovvero per situazioni di devianza, degrado, grave precarietà economico-familiare, emarginazione sociale e tale individuazione risulta seguita anche nella prassi amministrativa (Circolare del 26/06/1998 n. 168), la quale prevede, in via esemplificativa, quali soggetti in situazioni di svantaggio rilevanti: i disabili fisici e psichici affetti da malattie comportanti menomazioni non temporanee; tossicodipendenti; gli alcolisti; gli anziani non autosufficienti in condizioni di disagio economico; i minori abbandonati, orfani o in situazioni di disadattamento o devianza; i profughi; gli immigrati non abbienti".

Tutte condizioni ritenute non ricorrenti nel caso specifico dalla Sezione tributaria.

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