Lavoro

Auto aziendale, sì al controllo dei km per verificare la congruità della spesa carburante

La Corte di cassazione, ordinanza n. 7467 depositata oggi, ha confermato la legittimità del licenziamento di un dipendente per la mancata proporzionalità degli esborsi con i dati del contachilometri

di Francesco Machina Grifeo

Legittimo il licenziamento del dipendente che utilizza la carta aziendale per fini extralavorativi facendo figurare l'esborso come spesa carburante nonostante il contachilometri dell'auto riporti una distanza percorsa pari a meno della metà dei km attesi. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 7467 depositata oggi, aggiungendo che la tempestività della contestazione deve essere valuta rispetto al momento in cui il datore acquisisce conoscenza dei fatti.

In primo grado, il Tribunale (in fase sommaria e di opposizione) aveva dichiarato l'illegittimità del licenziamento proprio per la tardività della contestazione disciplinare in quanto la società, pur ricevendo mensilmente i giustificativi delle spese di carburante, avrebbe "omesso di svolgere tempestivi controlli", così "pregiudicando il diritto di difesa della dipendente".

La Corte d'appello di Milano ha poi accolto il reclamo della azienda confermando la legittimità del licenziamento per giusta intimato nel marzo 2017, per le spese di carburante relative agli anni 2015 e 2016 "non riferibili allo svolgimento dell'attività lavorativa". Per la Corte territoriale, la società aveva preso cognizione dei fatti solo in occasione della chiusura del bilancio del 2016, e dunque era tempestiva la contestazione avvenuta nel febbraio 2017.

La Suprema corte sottolinea come il datore di lavoro "abbia il potere, ma non l'obbligo, di controllare in modo continuo i propri dipendenti e di contestare loro immediatamente qualsiasi infrazione al fine di evitarne un possibile aggravamento, atteso che un simile obbligo, non previsto dalla legge né desumibile dai principi di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., negherebbe in radice il carattere fiduciario del lavoro subordinato". Ragion per cui "la tempestività della contestazione disciplinare va valutata non in relazione al momento in cui il datore avrebbe potuto accorgersi dell'infrazione ove avesse controllato assiduamente l'operato del dipendente, ma con riguardo all'epoca in cui ne abbia acquisito piena conoscenza".

È vero, prosegue la decisione, che i giustificativi di spesa erano consegnati dalla dipendente con cadenza mensile e che, in teoria, il datore era in condizione di controllare mensilmente le spese eseguite in relazione ai chilometri percorsi. Ma nel rapporto di lavoro in generale, e in particolar modo quando si assegnano al dipendente l'auto aziendale e la carta di credito intestata alla società, "si fa affidamento sul corretto utilizzo di tali strumenti di lavoro, in funzione esclusiva delle esigenze connesse alla prestazione, non potendosi esigere un controllo costante di parte datoriale che presupporrebbe null'altro che una pregiudiziale sfiducia nell'operato del dipendente e quindi la negazione di quel patto di reciproca fiducia che sta alla base di ogni rapporto negoziale e del rapporto di lavoro in special modo".

È dunque corretto il procedimento utilizzato dalla azienda che, con l'ausilio di un consulente tecnico, ha accertato che il carburante acquistato dalla dipendente, "in relazione alle caratteristiche di consumo dell'auto aziendale, avrebbe consentito di percorrere 278.094,83 km, a fronte dei 121.155,30 km risultanti dal tachimetro". Ed ha ritenuto che tale "evidente sproporzione tra la spesa dichiarata dalla lavoratrice per i rifornimenti di carburante e i chilometri effettivamente percorsi dall'auto aziendale non avesse altra spiegazione né giustificazione se non quella dell'uso del denaro aziendale per scopi diversi da quelli inerenti all'esecuzione della prestazione".

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