Penale

Nelle intercettazioni la falla dell’ordinanza cautelare

di Glauco Giostra

L’ordinanza cautelare costituisce oggi il più consistente immissario, nel bacino dei mass media, di notizie processualmente irrilevanti, spesso lesive della riservatezza e della reputazione delle persone. Per una deprecabile, ma non illegittima prassi, infatti, vi sono spesso riportate anche conversazioni intercettate assolutamente inutili per l'accertamento dei fatti che il pm, non meno deprecabilmente, ha posto alla base della richiesta.

La delega per la riforma delle intercettazioni si fa carico del problema: non potendosi in tal caso far ricorso ad una preventiva selezione nel contraddittorio delle parti del materiale captato, per la natura di atto a sorpresa del provvedimento cautelare, la delega pretende che sia il p.m. ad operare una prima cernita. Prevede, infatti, che questi selezioni il materiale da inviare al giudice a sostegno di una misura cautelare, assicurando la riservatezza dei dati «irrilevanti ai fini delle indagini in quanto riguardanti esclusivamente fatti o circostanze ad esse estranei».

Lo schema di decreto legislativo in via di approvazione prescrive poi, molto opportunamente, che il giudice restituisca al pm «per la conservazione nell’archivio riservato» gli atti concernenti le comunicazioni e le conversazioni intercettate «ritenute non rilevanti».

Questo doppio filtro, tuttavia, rischia di restare ineffettivo o comunque di intervenire tardivamente, perché la richiesta di misura cautelare, per quanto ciò possa risultare incredibile, non è coperta dal segreto ed è quindi pubblicabile.

Gli atti coperti dal segreto, infatti, a norma dell’articolo 329 del Codice di procedura penale sono soltanto «gli atti di indagine compiuti dalla polizia giudiziaria e dal pubblico ministero». La disciplina dell’articolo 329 costituisce attualmente una grave “smagliatura” del sistema, perché non prevede che siano segreti atti non di indagine della polizia giudiziaria e del pm (ad esempio, la richiesta del pm di autorizzare una intercettazione telefonica o di disporre una misura cautelare) e gli atti del giudice (ad esempio, il decreto con cui il giudice autorizza una intercettazione telefonica o l’ordinanza con cui dispone una misura cautelare). Si tratta, peraltro, di una smagliatura non rammendabile a livello interpretativo, costituendo l’articolo329 il contenuto precettivo di norme penali (articoli 326, 379bis e 684 del Codice penale), e in quanto tale insuscettibile di applicazione analogica. Tanto è vero che il legislatore delegato ha apprestato l’unico rimedio possibile, con un intervento additivo sull’articolo 329.

Se il decreto legislativo verrà approvato, saranno coperti dal segreto anche «le richieste del pm di autorizzazione al compimento di atti di indagine e gli atti del giudice che provvedono su tali richieste». Nel tessuto normativo, tuttavia, rimarrebbe un fallo piuttosto vistoso: resterebbero fuori dall’area del segreto e del conseguente divieto di pubblicazione la richiesta di misura cautelare del pm e l’ordinanza che la dispone, anche prima della sua esecuzione o notifica.

Su sollecitazione parlamentare si è previsto che l’ordinanza cautelare non soggiaccia ai limiti di pubblicabilità degli altri atti, in base alla considerazione che secondo le nuove regole difficilmente potrebbe contenere dati processualmente irrilevanti. Il problema però è malposto e sarebbe opportuna una correzione di tiro. L’ordinanza cautelare già ora è atto non segreto – lo è, per cosi dire, a doppio titolo: in quanto atto non di indagine e non della polizia giudiziaria o del pm - e quindi pubblicabile. Ed è bene che tale resti, una volta però che sia eseguita o notificata: le ragioni che hanno indotto a restringere la libertà personale di un cittadino debbono essere trasparenti e conoscibili dalla collettività attraverso i media. Quello che si deve invece stabilire espressamente è che prima di tale momento il procedimento cautelare rimanga coperto dal segreto e dal divieto di pubblicazione, con un duplice, irrinunciabile obbiettivo: scongiurare che l’effetto sorpresa sia vanificato da una intempestiva propalazione della richiesta di misura cautelare ed evitare che siano divulgate intercettazioni irrilevanti ad essa eventualmente allegate disattendendo la nuova disciplina, prima che il giudice possa estrometterle ed inviarle all’archivio riservato.

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