Professione e Mercato

Gli avvocati: pronti a fare politica

di Donatella Stasio

«Dobbiamo metterci in gioco, non dobbiamo aver paura di dire “facciamo politica”, non dobbiamo permettere a nessuno di giocare a dadi con il nostro Paese». Andrea Mascherin chiude così la sua lunga relazione “politica” per l’inaugurazione dell’anno giudiziario del Consiglio nazionale forense, di cui è il presidente. A questa sorta di chiamata alle armi, gli avvocati seduti nel “Salone dei 100 giorni” del cinquecentesco Palazzo della Cancelleria - sede dei Tribunali della Sacra Rota - rispondono con un applauso che sembra non voler finire mai, accompagnato da una standing ovation: rappresentazione plastica della totale adesione a quello che lo stesso Mascherin chiama «programma politico». Un programma che va ben oltre le questioni ancora in itinere da risolvere, come la garanzia di un «equo compenso» per gli avvocati, la tutela delle «avvocate in gravidanza», una «presenza più incisiva nei consigli giudiziari dei presidenti degli Ordini territoriali degli avvocati per valutare la professionalità dei magistrati». Mascherin vola alto e rivendica il ruolo, non solo sociale, ma anche politico dell’avvocato, «una sentinella dell’interesse pubblico, libera, autonoma, indipendente, chiamata a dire la verità». «Solo noi - scandisce - siamo autonomi e non dipendiamo da nessuno. Il nostro compito politico è chiarissimo: dire la verità».

E allora: la prima «verità» è che in Italia «la povertà sta prevalendo in tutti i ceti sociali e metà dell’avvocatura è vicino alla soglia della povertà» perché non le viene riconosciuto il «diritto a un compenso dignitoso»; la verità è che i fallimenti aumentano, che non c’è alcuna ripresa economica, che il 40% dei giovani è disoccupato e che l’aspettativa di vita diminuisce. La verità è che il mercato è «il soggetto dominante dell’arte di governare lo Stato», ma il mercato di questi ultimi tempi si basa sulla «concorrenza al ribasso», crea una «guerra tra poveri» e «assenza di solidarietà», consegna «l’affamato all’affamatore» e «comprime la classe media» in ogni luogo.

Fare politica, prosegue Mascherin, significa capire come si sta governando lo Stato. Il «rifiuto del dialogo è un modo di fare politica». Coltivare l’odio o lo scontro significa eliminare ogni forma di dialogo. I social sono un altro problema politico, aggiunge: «la protezione dei dati personali viene usata al contrario, cioè per condizionare economia e assetti politici». In questo campo «c’è un mercato molto più importante di quello del petrolio, una concentrazione di poteri in mano a pochissimi privati e noi dobbiamo batterci per avere più trasparenza».

Pertanto, ai 250mila avvocati italiani Mascherin dice: «Dobbiamo essere il partito dell’altro sentire», perché solo così si può recuperare «fiducia». «Il nostro metodo deve essere il dialogo, «ma strutturato». Il confronto deve diventare «arte di governare lo Stato»; bisogna «contrastare il linguaggio d’odio, che consente di governare solo mediante slogan». Bisogna poi intervenire sulla tutela dei dati personali; il cittadino «è controllato in tutti i modi ma non è possibile che ogni suo atto sia sottoposto a un controllo formale. Il peso della burocrazia porta alla corruzione. Quindi, il rapporto con il cittadino va invertito, passando dal sospetto alla fiducia».

«Nel nostro progetto politico - prosegue il presidente del Cnf - il mercato dovrà essere un metodo, non un fine, perché il fine è quello di una società solidale. La spesa non può sempre considerarsi uno spreco ma un investimento in democrazia». Quanto all’avvocatura e alla magistratura, la prima dev’essere autonoma «e la sua autonomia e indipendenza vanno rafforzate»; la seconda «deve capire che solo l’avvocatura è il suo vero contrappeso. L’alternativa è che lo diventi la politica e che la magistratura si consegni ad essa». Infine, bisogna evitare la spettacolizzazione del processo («Con il caso-Raggi siamo arrivati all’interrogatorio parallelo»), «dicendo ai colleghi di non andare in TV a elemosinare qualche spicciolo di notorietà».

Insomma, conclude Mascherin: «Questa è politica pura».

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