Penale

Richiesta di sospensione dell'immediata esecutività dell'ordinanza applicativa del sequestro preventivo: il Riesame può decidere de plano

E' l'inedito principio di diritto affermato dalla Seconda sezione penale della Cassazione con la sentenza 23244/2022

di Aldo Natalini

Impugnazioni cautelari: sulla richiesta del difensore di sospendere l'immediata esecutività dell'ordinanza emessa ex articolo 322-bis del Cpp che, in accoglimento del gravame della Procura, abbia disposto il sequestro preventivo, il Tribunale del riesame può provvedere de plano, ovvero senza alcuna formalità.
Questo l'inedito principio di diritto affermato dalla Seconda sezione penale della Cassazione con la sentenza 23244/2022, depositata il 14 giugno scorso, secondo la quale trattasi di istanza non disciplinata dal vigente codice di rito, che non ne contempla l'ammissibilità e/o la proponibilità, sicché difetta qualsivoglia richiamo normativo che imponga al Collegio de libertate di procedere con rito camerale partecipato, ai sensi dell'articolo 127 del Cpp

L'immediata esecutività dell'ordinanza ex articolo 322-bis del Cpp: il contrasto
Prima di affermare il principio di diritto in questione, la Cassazione ha risolto positivamente la questione preliminare – su cui esiste un contrasto giurisprudenziale – dell'immediata esecutività dell'ordinanza cautelare ex articolo 322-bis del Cpp emessa dal Tribunale del riesame che, in accoglimento del gravame del Pm, disponga il sequestro preventivo dei beni, già negato (o revocato) dal Gip.
La Corte ha ricordato l'esistenza di un recente orientamento di legittimità secondo il quale gli effetti dell'ordinanza emessa dal Tribunale de libertate a norma dell'articolo 322-bis del Cpp che, accogliendo l'appello del Pm, abbia annullato la revoca del sequestro preventivo, sono sospesi fino a che detta pronuncia sia definitiva, in quanto il rinvio, operato dalla suddetta norma, alle disposizioni di cui all'articolo 310 del Cpp include anche l'operatività del comma terzo, che tale sospensione stabilisce, trattandosi di previsione in tema di misure cautelari personali ritenuta compatibile con le misure cautelari reali (così Cassazione, sezione III penale, n. 25052/2020, Ced 279864; sezione VI penale, n. 2693/1993, Ced 196916).
Nondimeno il Collegio di legittimità con la sentenza in commento ha abbracciato l'opposto indirizzo – senz'altro maggioritario all'interno delle diverse Sezioni penali di Piazza Cavour – secondo il quale è immediatamente esecutiva l'ordinanza emessa ex articolo 322-bis del Cpp dal Tribunale del riesame che, in accoglimento dell'appello del Pm, abbia disposto il sequestro preventivo, in quanto la clausola di compatibilità che regola il rinvio alle disposizioni di cui all'articolo 310 del Cpp esclude l'operatività del terzo comma di tale articolo, trattandosi di disposizione riferita esclusivamente alla libertà personale (così Cassazione, sezione II penale, n. 11204/2016, Ced 266371; sezione III penale, n. 24967/2015, Ced 264097; Id., n.41078/2007, Ced 238097; Id., n. 3788/1995, dep. 1996, non massimata; sezione I penale, n. 41004/2010, Ced 248936).
Questo orientamento – oggi ribadito dalla Corte regolatrice – evidenzia in primo luogo la diversità esistente tra le misure cautelari personali e quelle reali ammessa pacificamente, e da epoca risalente, anche dalla giurisprudenza costituzionale (vedi Corte costituzionale n. 48/1994 che ha affermato che il legislatore non "si è peraltro spinto al punto di avere assimilato in toto i presupposti" che devono assistere dette differenti misure e, in materia di sequestro, "la funzione preventiva non si proietta necessariamente sull'autore del fatto criminoso ma su cose che, postulando un vincolo di pertinenzialità col reato, vengono riguardate dall'ordinamento come strumenti la cui libera disponibilità può costituire situazione di pericolo") e massimamente nomofilattica (vedi Cassazione, sezioni Unite penali, n. 4/1990, Serio, in motivazione, sul riconoscimento di una netta prevalenza al favor libertatis che giustifica la difformità di disciplina nel Cpp; Id., n. 6/1992, Midolini, Ced 191327, in motivazione, sui limiti del controllo di legittimità in tema di sequestro preventivo; Id., n. 4/1993, Gifuni, in motivazione, sull'esclusione della valutabilità della concreta fondatezza dell'accusa nel giudizio di riesame per la cautela reale, con preclusione di ogni valutatone sulla sussistenza degli indizi di colpevolezza e sulla gravità degli stessi; Id., n. 11/1994, Buffa, in motivazione, sulla differente rilevanza dell'interesse ad impugnare in seguito a revoca di misura cautelare personale o reale disposta nelle more del giudizio di riesame; Id., n. 5/1994, Iorizzo, in motivazione, con riferimento all'applicabilità della sospensione nel periodo feriale alle impugnazioni di misure cautelari reali ed al termine per proporre ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse dal tribunale all'esito di appello o riesame, rinvenuto per le misure reali in quello generale ex articolo 585 del Cpp e non in quello specifico stabilito dall'articolo 311 del Cpp per le cautele personali).
La sentenza in commento, ricorda che la ratio sottesa alla speciale disciplina sospensiva posta dall'articolo 310 del Cpp - rinvenibile nel criterio di prevalenza, in situazioni di dubbio, dell'interesse dell'indagato alla libertà personale - non trova alcuna giustificazione in materia di sequestro (così già sezione III penale, n. 41078/2007, Simone, in motivazione), poiché mentre l'omessa esecutività della misura cautelare personale, emanata in seguito all'accoglimento dell'appello ex articolo 322-bis del Cpp avverso la revoca della stessa, consente, sia pure con un notevole dispendio di energie, di mezzi e di denaro pubblico, di controllare i movimenti dell'indagato, appare realmente impossibile evitare che un reato venga portato ad ulteriori conseguenze o che una certa condotta agevoli la commissione di ulteriori reati, qualora non si proceda al sequestro della res costituente corpo del reato o cosa pertinente allo stesso (in termini sezione III penale, n. 3788/1995, dep. 1996, non massimata).
Per queste ragioni, il Collegio di legittimità ha oggi ribadito che, tenuto conto del dato testuale e della sostanziale diversità tra i provvedimenti cautelari in materia di libertà personale e le misure cautelari reali, il rinvio dell'articolo 322-bis del Cpp al precedente articolo 310 non è riferibile anche al comma 3 "in quanto la clausola di compatibilità esclude l'applicazione di un precetto non adattabile al regime delle misure cautelari reali, perché riferito esclusivamente alla libertà personale, con la conseguenza che, quanto disposto dall'articolo 325, ultimo comma, si estende anche alle ordinanze applicative del sequestro preventivo emanate dal Tribunale in accoglimento del ricorso del Pm avverso la revoca della predetta misura".

Il dictum: legittima la procedura de plano
Riaffermata l'immediata esecutività dell'ordinanza applicativa del sequestro preventivo emanata dal Tribunale della libertà in accoglimento dell'appello del Pm, la Suprema corte ha poi "validato" la procedura de plano seguita nella specie dal locale Riesame a seguito dell'istanza di sospensiva che era stata formulata dalla parte.
Innovativamente la Cassazione afferma – per la prima volta – che l'istanza della parte di sospendere l'immediata esecutività dell'ordinanza emessa ex articolo 322-bis del Cpp non è disciplinata dal vigente codice di rito, sicché "difettava un richiamo alla necessità di procedere con rito camerale partecipato". Bene ha fatto, dunque, il Tribunale delle libertà a provvedere senza formalità (nella specie, dichiarando non essere estensibile in favore dei ricorrenti il disposto dell'articolo 310, comma 3, del Cpp, in conformità all'indirizzo giurisprudenziale maggioritario).
Nel dictum in commento i Supremi motivano richiamando un precedente calibrato su un'espressa disposizione codicistica – id est: l'articolo 600 del Cpp – secondo cui, se il giudice di primo grado abbia omesso di provvedere sulla richiesta di provvisoria esecuzione o l'abbia respinta, la parte civile può impugnare la sentenza al giudice di appello, che provvede a richiesta della parte con ordinanza in camera di consiglio, e che, nelle medesime "forme", ossia con il medesimo rito partecipato, può essere chiesta dall'imputato (o dal responsabile civile), sia la revoca o la sospensione della provvisoria esecuzione, se accordata, sia la sospensione dell'esecuzione della condanna al pagamento della provvisionale; nell'occasione la Cassazione ha ritenuto legittimo procedere senza formalità di rito, posto che il testo delle disposizioni richiamate non contiene richiamo esplicito e nemmeno nessun riferimento che per via logico-sistematica consenta di ritenere che il procedimento camerale in questione sia soggetto alla disciplina dettata dall'articolo 127 del Cpp, e quindi che contempli la partecipazione delle parti all'udienza di trattazione con obbligo di dare loro preventivo avviso della data fissata per la celebrazione (Cassazione, sezione I penale, n. 39585 /2019, Ced 276873).
Se ciò è stato affermato rispetto ad una fattispecie disciplinata dal codice di rito – sembra dire oggi la Cassazione, con argomentazione a fortiori – il medesimo principio di diritto vale a maggior ragione rispetto ad un'istanza – quella della parte che chieda al Tribunale del riesame la sospensione dell'immediata esecutività dell'ordinanza applicativa del sequestro preventivo emessa ex articolo 322-bis del Cpp – non prevista nel codice di procedura penale, "che non ne contempla l'ammissibilità e/o la proponibilità".

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