Lavoro

Legittimo il licenziamento del lavoratore che esibisce green pass "altrui" per superare i controlli di accesso

Nota a sentenza del Tribunale di Napoli – sez. lavoro, sentenza del 25 maggio 2022

di Paolo Patrizio*

Il caso

Con ricorso ex art. 1, comma 48 e segg. della legge 92/2012 , un dipendente di una Società campana operante nel settore Turismo ha impugnato il licenziamento per giusta causa comminatogli dalla datrice di lavoro a causa della avvenuta esibizione, al controllo di accesso aziendale, di un green pass appartenente ad altra persona, con successivo immediato allontanamento furtivo al momento di richiesta di spiegazioni ad opera dell'addetto alla verifica delle certificazioni.

In particolare, la Società datrice di lavoro aveva rilevato l'intervenuta lesione irrimediabile del vincolo fiduciario da parte del lavoratore, il quale, sebbene pienamente consapevole che il possesso e l'esibizione del green pass personale costituisse un obbligo di legge nonché un presupposto indispensabile per poter espletare l'attività lavorativa, aveva comunque tentato di entrare presso il sito aziendale in maniera fraudolenta, in violazione dei più elementari doveri contrattuali di cui all'art. 2104 cod. civ. e all'art. 213 del CCNL applicato al rapporto di lavoro e con esposizione della società al rischio di responsabilità civili e penali, oltre al danno all'immagine.

Il lavoratore si era, invece, difeso sostenendo di essere a conoscenza che, in assenza di vaccinazione, i tamponi anti-covid hanno validità di 48 ore e che l'ultimo fatto fosse scaduto, evidenziando, tuttavia, di avere esibito per errore il QR code relativo al green pass del cognato di cui possedeva l'immagine nella galleria dello smartphone, avendo scaricato il suddetto green pass per consentire al parente di verificarne la validità mediante un'applicazione in suo possesso e di essersi, quindi, confuso nel mostrare al vigilante detto green pass appartenente ad altra persona.

La questione viene, quindi, posta al vaglio del Giudice del lavoro del Tribunale di Napoli, sostenendo il ricorrente di essere incorso in un errore e di avere agito senza dolo, con gradata censura di legittimità in merito all'esercizio del potere di controllo datoriale, in uno alla lamentata sproporzione del licenziamento ed all'applicabilità, a tutto concedere, della sanzione della sola sospensione della retribuzione in luogo di quella risolutiva del rapporto, adottata dall'azienda.

La soluzione in sintesi

In prima battuta il Giudice partenopeo richiama il disposto del Decreto-legge del 21 settembre 2021, n. 127 recante "Misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l'estensione dell'ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening", sottolineando la previsione inserita dall'art. 3 di tale normativa, in base alla quale dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell'infezione da SARS-CoV-2, a chiunque svolge una attività lavorativa nel settore privato è fatto obbligo, ai fini dell'accesso ai luoghi in cui la predetta attività è svolta, di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19 di cui all'articolo 9, comma 2.

Ciò posto, per il Tribunale di Napoli, a sostegno dell'inverosimiglianza dell'errore in cui sarebbe incorso il lavoratore nel ritenere l'ultimo tampone ancora valido militerebbe la dirimente circostanza che, se la tesi difensiva fosse veritiera, il ricorrente avrebbe esibito al sorvegliante il QR code dell'ultimo tampone effettuato, con conseguente esito negativo perchè scaduto.

La circostanza, del tutto pacifica, che il ricorrente non ha mostrato al vigilante il QR code del suo tampone ed ha invece mostrato al sorvegliante il green pass di terze persone, il quale ha dato segnale verde, supporta, dunque, la convinzione della consapevolezza da parte del ricorrente che solo con un green pass valido egli sarebbe potuto entrare in azienda, rendendo così intenzionale la sua condotta.

Del resto, come risulta pacifico in causa, il ricorrente, allorché gli è stato contestato dal vigilante di avergli esibito un green pass a lui non appartenente, si sarebbe allontanato senza fornire una giustificazione della propria condotta, a dimostrazione concludente dell'assenza di qualsivoglia errore e della contrapposta volontà fraudolenta, colta in flagranza.

Per il Giudice del lavoro del Tribunale di Napoli, dunque, il fatto addebitato sussiste nella sua componente oggettiva e soggettiva.

Né, continua l'estensore, meritevole di condivisibilità risulterebbe l'asserzione attorea per cui l'emergenza Covid-19 avrebbe determinato una compressione dei diritti fondamentali costituzionalmente garantiti, giacché, evidenzia il Giudicante, la situazione pandemica ha reso necessaria l'adozione di misure governative di assoluta necessità nell'ottica prevalente di salvaguardare la salute pubblica con effetti recessivi delle singole situazioni soggettive coinvolte ed, in ogni caso ed a tutto concedere, non sarebbe comunque ammissibile che l'ipotizzata compressione, se pur sussistente, possa giustificare ciò che il ricorrente ha fatto, esonerandolo da responsabilità.

Inoltre, priva di fondamento risulterebbe anche la censura attorea relativa alla diversa misura sanzionatoria applicabile al caso in esame (ovvero la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione in luogo del comminato licenziamento), in quanto la sospensione è prevista dall'art.9 septies cit., comma 6, nel solo caso in cui il lavoratore comunichi di non essere in possesso di un tampone valido e non già nell'ipotesi, quale quella in esame, in cui tale circostanza sia volontariamente taciuta dal lavoratore.

In tal senso, infatti, la creazione di una falsa rappresentazione della realtà, consistente nel possesso di una certificazione sanitaria in corso di validità per l'accesso sul lavoro, è condotta indubbiamente affetta da un disvalore, considerato quantomeno pari se non addirittura superiore alla scoperta di trovarsi sul luogo di lavoro, durante l'esecuzione della prestazione lavorativa, privo di una certificazione sanitaria in corso di validità.

Ne deriva, che, per il Tribunale di Napoli, la condotta posta in essere dal ricorrente integra la giusta causa di licenziamento, giacché costituisce una evidente e grave violazione non solo dei doveri contrattuali di cui agli artt. 2104 e 2105 cod. civ., ma anche delle comuni regole etiche e del vivere civile, giustificando il venire meno del rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore, dato che il tentativo di entrare in azienda senza lo screening virologico, comportando la violazione delle norme all'epoca vigenti, avrebbe creato, laddove fosse andato a buon fine, l'esposizione degli altri dipendenti al rischio di contagio e la responsabilità della società sia civile che penale.

Conclude, dunque, l'estensore, come la riscontrata presenza di un comportamento di gravità tale da impedire la prosecuzione del rapporto, per la lesione irrimediabile del vincolo fiduciario e dell'affidamento datoriale sulla correttezza comportamentale del proprio dipendente, rende legittima la sanzione espulsiva irrogata, senza alcun margine valutativo in ordine alle successive censure attoree inerenti alla punibilità del fatto con sanzione conservativa (peraltro neanche allegata) ai sensi del comma 4 dell' art. 18 della Legge 300/70, ovvero all'assenza di proporzionalità della sanzione rispetto alla condotta, di cui al 5 comma della citata legge.

Evidenzia al riguardo il Tribunale, come il Giudice, invero, è tenuto ad una valutazione bifasica di accertamento circa la sussistenza o meno della giusta causa o del giustificato motivo di recesso, per quindi procedere, nel caso in cui la escluda, anche alla disamina del grado di divergenza della condotta datoriale dal modello legale e contrattuale legittimante.

Tale ipotesi, tuttavia, non ricorre nel caso di specie, posto che, per quanto motivato, chiaramente sussistente e valida non può che ritenersi la giusta causa di licenziamento dedotta dalla datrice di lavoro, in conseguenza della censurata condotta del dipendente in riferimento alle previsioni normative ed alle analizzate ricorrenze circostanziali che caratterizzano la vicenda de qua.

*a cura dell' Avv. Paolo Patrizio

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