Amministrativo

Alla Consulta regime e soglie d'inconferibilità di incarico di amministratore di enti sotto controllo pubblico

La disciplina presenta aspetti disomogenei in ordine alla rilevanza del dato della popolazione superiore a 15.000 abitanti

di Paola Rossi

È stata rimessa dal Tar Lazio alla Corte costituzionale la questione di legittimità di alcune norme che regolano l'inconferibilità di incarichi di amministratore di ente di diritto privato sotto controllo pubblico nel caso in cui siano stati svolti incarichi simili in precedenza nella pubblica amministrazione. In particolare, viene in evidenza l'ostatività di aver ricoperto analogo ruolo in altri enti sotto controllo di istituzioni locali o territoriali.

Il testo che andrà sotto la lente del giudizio di legittimità costituzionale è quello del Dlgs 39/2013 (Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190).

Il Tar Lazio, con diverse ordinanze identiche (nn. 1415, 1468, 1469 e 1470) ha rimesso alla Corte costituzionale le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 1, comma 2, lettera f) e 7, comma 2, lettera d), del Dlgs 39/2013, nella parte in cui prevedono l'inconferibilità degli «incarichi di amministratore di ente di diritto privato in controllo pubblico da parte di una provincia, di un comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione» a coloro che nell'anno antecedente sono stati «presidente o amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico da parte di province, comuni e loro forme associative della stessa regione». Con conseguente assimilazione di tali ultimi soggetti a coloro che sono stati componenti di organi di indirizzo politico ai sensi dell'articolo 1, comma 50, lettera c), della legge 190/2012.

In particolare, si segnala l'illegittimità dell'articolo 7, comma 2, nella parte in cui non limita l'ipotesi di inconferibilità per «coloro che … nell'anno precedente … siano stati presidente o amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico da parte di province, comuni e loro forme associative della stessa regione» ai soli casi in cui l'ente locale controllante della società di provenienza abbia popolazione superiore a 15.000 abitanti. In altri termini, nella parte in cui non prevede per tale incarico di provenienza la stessa soglia di rilevanza in termini di popolazione prevista dalla stessa disposizione sia per gli incarichi di provenienza "politici" sia in relazione agli enti di destinazione.

La vicenda originaria
Le quattro ordinanze sono state rese nell'ambito di altrettanti giudizi promossi da alcune società pubbliche e da un manager che ricopriva incarichi di amministratore presso le stesse. Veniva impugnata la delibera 3 marzo 2021 n. 207 con cui l'Anac aveva dichiarato l'inconferibilità di alcuni incarichi di amministratore delegato in società in controllo pubblico in capo al manager in questione, a causa del fatto che egli avesse ricoperto nell'anno precedente analoghi incarichi di amministratore in altre società controllate da enti locali con "meno" di 15.000 abitanti.

L'interpretazione rinviata alla Consulta
Il provvedimento Anac impugnato era stato adottato in base all'articolo 7, comma 2, del Dlgs 139/2013. Al centro del ricorso la questione della rilevanza della popolazione degli enti locali che controllavano le società di provenienza e la diversità di trattamento rispetto a chi abbia svolto incarichi di matrice politica dove, tale soglia di consistenza fissata in 15.000 abitanti è espressamente posta.

Nell'ordinanza di rinvio il Tar Lazio afferma di non poter dare omogeneità alle norme del Dlgs con una propria interpretazione autonoma. Dello stesso avviso si è dimostrata la stessa Anac. Da cui la necessità del rinvio costituzionale per avere un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'articolo 7, comma 2, nella parte che non richiede una soglia minima di abitanti del Comune che esercita il controllo nella società di provenienza del soggetto interessato come, invece, richiesto in altre parti del testo normativo.

E conclude il Tar Lazio facendo rilevare che vi è una consolidata giurisprudenza costituzionale secondo cui il giudice a quo ove ritenga che l'interpretazione letterale della disposizione osti alla possibilità di un'interpretazione conforme «la possibilità di un'ulteriore interpretazione alternativa, che il giudice a quo non ha ritenuto di fare propria, non riveste alcun significativo rilievo ai fini del rispetto delle regole del processo costituzionale, in quanto la verifica dell'esistenza e della legittimità di tale ulteriore interpretazione è questione che attiene al merito della controversia, e non alla sua ammissibilità».


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