Civile

Covid, illegittimi i due mesi di inefficacia dei pignoramenti sulla casa

Lo ha stabilito la Corte costituzionale, sentenza n. 87 depositata oggi, con riferimento alle procedure esecutive effettuate dal 25 ottobre al 25 dicembre 2020

di Francesco Machina Grifeo

È illegittima perché eccessivamente sbilanciata la disposizione che ha previsto l'inefficacia di ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare (art. 555 del Cpc) che abbia ad oggetto l'abitazione principale del debitore, effettuata dal 25 ottobre 2020 alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto del Dl 28 ottobre 2020, n. 137, ossia al 25 dicembre 2020 (legge 18 dicembre 2020, n. 176). Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 87 depositata oggi ritenendo fondate le questioni poste dal Giudice dell'esecuzione presso il Tribunale ordinario di Treviso con l'ordinanza del 18 marzo 2021.

Secondo il rimettente, infatti, la norma censurata determinava un'irragionevole disparità di trattamento tra i creditori che hanno notificato il pignoramento sugli immobili adibiti ad abitazione principale del debitore tra il 25 ottobre e il 25 dicembre 2020, che subirebbero la «sanzione» dell'inefficacia dell'atto, ed i creditori che hanno notificato lo stesso in una data precedente o successiva.

Per la Consulta la disposizione censurata, "contemplando la sanzione dell'inefficacia per i pignoramenti immobiliari aventi ad oggetto l'abitazione principale del debitore se eseguiti nel periodo ricompreso tra il 25 ottobre e il 25 dicembre 2020, ha compromesso in via definitiva il diritto al soddisfacimento in sede esecutiva dei creditori chirografari, in quanto, a seguito della declaratoria di inefficacia, non si sono prodotti gli effetti di cui agli artt. 2913 e seguenti cod. civ., con conseguente opponibilità anche al creditore procedente (nonché ai creditori eventualmente intervenuti) degli atti di disposizione del bene posti in essere dal debitore dopo il pignoramento".

Una opponibilità, prosegue il ragionamento, non rimediabile altrimenti, perché la produzione degli effetti dell'articolo 2913 cod. civ. è condizionata non solo al compimento del pignoramento, ma anche al suo permanere. Sicché, se per qualunque ragione il pignoramento viene meno - ed è ciò che si verifica a causa della «inefficacia» sancita dalla disposizione censurata -, cessa automaticamente ogni ostacolo all'opponibilità dell'atto di disposizione al creditore. Né quest'ultimo potrebbe ricostituire la propria posizione con un nuovo pignoramento che sarebbe posteriore all'atto e troverebbe una situazione patrimoniale ormai definitivamente modificata.

La norma censurata inoltre viola l'articolo 3 Cost., "poiché, allo scopo di tutelare il diritto di abitazione del debitore esecutato, contempla una conseguenza eccessivamente pregiudizievole per il creditore, che non si pone in necessaria correlazione con siffatta finalità di tutela". Infatti il predetto diritto, certamente meritevole di speciale protezione, costituendo esso un «diritto sociale» incluso nel catalogo dei diritti inviolabili, "per un verso non viene meno per effetto della sola apposizione del vincolo del pignoramento e, per l'altro, era già adeguatamente tutelato, nello stesso periodo, dalla proroga della sospensione delle relative procedure esecutive (prevista dall'articolo 54-ter del d.l. n. 18 del 2020, come convertito), oltre che dalla sospensione dell'esecuzione dell'ordine di rilascio dell'immobile (contemplata dall'art. 103, comma 6, dello stesso decreto-legge).

In definitiva il bilanciamento tra i diritti coinvolti è stato operato dal legislatore "in maniera manifestamente irragionevole, con la previsione, in danno del creditore, di una sanzione processuale (l'inefficacia di «ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare») che, rispetto alla finalità perseguita, comprime il diritto del creditore procedente in misura eccessiva, oltre che – come si è già rilevato – incompatibile con la garanzia costituzionale della tutela giurisdizionale"

Il difetto di ragionevolezza della disposizione censurata "è ancor più marcato", incalza la Corte, "se si considera la sua (pur limitata, quanto inspiegabile) portata retroattiva relativamente a pignoramenti, già efficaci secondo la disciplina previgente, divenuti inefficaci ex post per effetto della disposizione censurata". Si tratta dei pignoramenti eseguiti tra il 25 e il 28 ottobre 2020 (ossia prima dell'entrata in vigore del d.l. n. 137 del 2020, come convertito).

La Corte costituzionale ha così dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 4 del Dl n. 137 del 2020, come convertito, nella parte in cui prevede che «È inefficace ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all'articolo 555 del codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l'abitazione principale del debitore, effettuata dal 25 ottobre 2020 alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto».

Rimane fermo, invece, in questo stesso periodo, il regime di sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l'abitazione principale del debitore (di cui all'articolo 54-ter del d.l. n. 18 del 2020, come convertito e successivamente prorogato nella sua vigenza).

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©