Professione e Mercato

Compensi professionali, no alla riduzione per l'identica posizione processuale di più parti se l'attività aumenta

Sì all'aumento dello scaglione massimo per la complessità della lite di valore indeterminabile davanti alla giustizia amministrativa

di Paola Rossi

La Cassazione con due sentenze orienta la bussola del giudizio da svolgere in sede di liquidazione dei compensi professionali per l'attività giudiziale dell'avvocato difensore.

Più parti con stessa posizione processuale
In caso di assistenza legale prestata verso più soggetti il compenso dell'avvocato va aumentato rispettivamente del 20 per cento. Ma su tale aumento può essere operata una riduzione globale del 30 per cento se i diversi soggetti ricoprono la medesima posizione processuale. La Cassazione spiega con la sentenza n. 18047/2022 che però tale riduzione non opera sempre e ne detta i presupposti.

La riduzione del 30% del compenso dell'avvocato che assiste più parti - con identica posizione processuale - va operata solo se tale identità si riverbera sull'attività svolta: nel senso che non comporti l'esame di plurime e distinte questioni di diritto e di fatto.
Quindi, come spiega la Cassazione al ricorrere di tali presupposti, che escludono un aggravio di lavoro determinato dalla pluralità degli assistiti, è corretto procedere alla previa riduzione del 30 per cento prima di calcolare gli aumenti del 20 per cento giustificati invece dal numero degli assistiti per quelle attività ineludibili che l'avvocato è chiamato a svolgere in rappporto a ciascun soggetto (anagrafare ogni singolo, rapportarsi con lui e fargli firmare la procura). La sussistenza dell'ipotesi che giustifica la riduzione è oggetto della valutazione del giudice.

La ricorrente lamentava, infatti, che a fronte degli aumenti delle spese legali che le erano state accollate in quanto soccombente, il giudice erroneamente non aveva provveduto alla previa riduzione per l'identica posizione processuale delle controparti.
La Cassazione reespinge il ricorso rispondendo che se è vero che l'aumento deriva di regola dalla pluralità di soggetti assistiti è pur vero che il fatto che rivestano in giudizio la medesima posione processuale non determina automaticamente il presupposto per operare la riduzione prevista dal comma 4 dell'articolo 4 del Dm 55/2014 che regola i parametri generali per la determinazione dei compensi in sede giudiziale.

In conclusione, quando in una causa l'avvocato assiste più soggetti aventi la stessa posizione processuale, il compenso unico può di regola essere aumentato per ogni soggetto, oltre il primo, nella misura del 20 per cento, e fino a un massimo di dieci soggetti, oppure del 5 per cento per ogni soggetto, oltre i primi dieci e fino a un massimo di venti. La regola si applica anche quando più cause vengono riunite, dal momento dell'avvenuta riunione e nel caso in cui l'avvocato assista un solo soggetto contro più soggetti.

Nell'ipotesi in cui vi sia identica posizione processuale delle parti assistite se la prestazione professionale conseguente non comporta l'esame di specifiche e distinte questioni di fatto e di diritto, il compenso di regola liquidabile per la difesa di un solo soggetto è riducibile del 30 per cento. E la circostanza dell'eventuale aggravio del lavoro dell'avvocato va valutata dal giudice che liquida il compenso professionale.

Giudizio amministrativo
La sentenza n. 18045/2022 della Cassazione affronta la determinazione del compenso professionale dell'avvocato per l'assistenza legale prestata davanti alla giustizia amministrativa in una fase pre-giudiziale, come quella costituita dall'invito a dedurre prima dell'instaurazione di un giudizio per responsabilità erariale.

La Cassazione chiarisce prima di tutto che l'invito a dedurre indica in via provvisoria una somma di denaro che si ritiene possa essere stato indebitamente speso. E di fatto non costituisce indicazione del valore della causa in quanto l'interlocuzione con chi è provvisoriamente incolpato è finalizzata - oltre che a confermare i profili di responsabilità in capo a un soggetto specifico - anche a definire l'entità del danno erariale.
Non si può ancorare quindi il valore della causa (non ancora avviata) a quello provvisorio indicato nell'invito a dedurre. È, infatti solo l'esercizio dell'azione per responsabilità contabile che determina il vero valore della causa individuato per mezzo della domanda giudiziale.
Per cui nella difesa prestata a fronte di un invito a dedurre va affermato che il valore della lite (ancora in fase pregiudiziale) è indeterminabile e che per la liquidazione del compenso vanno applicate le regole specifiche previste per tale ipotesi.

Causa dal valore indeterminabile
Nella liquidazione del compenso dell'avvocato per l'attività prestata davanti agli organi di giustizia amministrativa quando il valore della causa è indeterminabile il giudice non può applicare de plano lo scaglione degli onorari massimi (fino al 103.300,00 euro) senza valutare se vada operato l'aumento (fino a 516.ooo euro) previsto per la complessità della controversia: la particolare importanza degli interessi coinvolti delle questioni giuridiche trattate e la rilevanza degli effetti o dei risultati utili conseguibili.
Si tratta di valutazione rimessa al giudice chiamato a decidere sull'entità del compenso professionale da liquidare a favore dell'avvocato e a carico dell'assistito. Ma tale discrezionalità non supera la necessità di vagliare da parte del giudice l'eventuale complessità o rilevanza degli interessi in causa.
La norma al centro della decisione della Cassazione, che rinvia a nuovo giudizio di merito la lite è l'articolo 6 del Dm 127/2004 e in particolare il suo quinto comma.

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