Penale

Rimessione nel termine per appellare se durante la scadenza il difensore era in semi-infermità mentale

Non rileva che l'avvocato avesse avuto molti giorni a disposizione per presentare l'impugnazione prima del verificarsi della malattia

di Paola Rossi

Lo stato di malattia del difensore che determini come conseguenza una parziale incapacità di intendere e di volere, anche solo transitoria, giustifica per causa di "forza maggiore" la rimessione in termine per proporre appello. La parziale incoscienza che giustifica il superamento del termine di decadenza è quella che pone il difensore in una condizione che gli impedisce qualsiasi attività professionale. Non essendo esigibile dall'avvocato, durante lo stato di parziale capacità di intendere e di volere, di avvedersi dell'imminente scadenza del termine. E non è legittimo fare alcun rilievo sull'inattività dell'avvocato se la malattia giunge a pochi giorni dalla scadenza del termine. Quindi anche il temporaneo stato di semi-infermità dell'avvocato - che lascia decorrere i termini per presentare appello - costituisce circostanza valida per rimettere in termini l'imputato. La Corte di cassazione, con la sentenza n. 8985/2022, accoglie perciò il ricorso contro il diniego di rimessione in termini richiesto dalla parte assistita il cui difensore era stato colpito da un infarto, che aveva determinato dieci giorni di immobilità assoluta e la somministrazione di farmaci gravemente incidenti sulla lucidità del paziente.

La Cassazione respinge l'argomento con cui il giudice aveva negato la rimessione nel termine per proporre appello: non è condivisibile il rilievo dato alla circostanza che l'infarto avesse colpito il difensore a pochi giorni dalla scadenza del termine e che quindi egli aveva avuto, prima di tale evento, un tempo sufficiente per presentare l'atto di impugnazione prima dell'avvenuta decadenza. Si tratta di affermazione, dice la Cassazione, che prova "troppo".

Il giudice di legittimità così sgombra il campo da qualsiasi dubbio e asserisce che nel lasso di tempo, entro cui decorre il termine di decadenza per un atto, l'avvocato non è tenuto ad alcun comportamento orientato alla celerità e che ogni giorno ricompreso nel termine è ugualmente valido per porre in essere l'adempimento. Non viola il dovere di diligenza l'avvocato che sfrutti il termine ultimo, per provvedere alla presentazione di un atto dovuto, ai fini di una piena difesa.

La Cassazione detta perciò il principio secondo cui lo stato di malattia grave che colpisce il difensore e che gli induce una limitazione della capacità di intendere e volere, anche solo temporanea, va considerato un caso di forza maggiore che impedisce, in modo giustificabile, lo svolgimento dell'attività professionale. E non rileva che l'incapacità sia solo parziale oltre che temporanea.

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