Amministrativo

Consumazione del potere di impugnazione: l'Adunanza Plenaria sottolinea i presupposti

Valorizzati i princìpi di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale amministrativa oltre che di ragionevole durata del processo

di Daniele Archilletti*

Con ordinanza della IV Sezione del Consiglio di Stato del 25 ottobre 2021, n. 7138 (l'"Ordinanza"), è stata rimessa all'Adunanza Plenaria la controversia introdotta innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio da parte del locatario di un immobile (l'"Immobile" ovvero il "Bene") appartenente all'Agenzia del Demanio (di seguito, l'"Agenzia"), mediante l'impugnazione:
i. di un'ordinanza resa da quest'ultima per il rilascio del Bene in via amministrativa , ai sensi dell'art. 823 c.c.; e
ii. di un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze (il "MEF") con cui l'Immobile era stato attribuito all'Agenzia.

Non rileva in tale sede disquisire in ordine al merito della controversia, dal momento che la pronuncia in commento interessa profili di natura strettamente processuale.

Valga unicamente evidenziare, pertanto, che:
a) il giudizio di primo grado si è concluso con una sentenza di accoglimento del ricorso introduttivo;
b) tale decisione è stata successivamente impugnata dinanzi al Consiglio di Stato da parte del MEF e dell'Agenzia, con appello depositato nel termine di decadenza di trenta giorni decorrente dalla seconda notificazione dello stesso, dal momento che la prima notificazione, cui non aveva fatto seguito alcun deposito, conteneva un atto privo della firma digitale – rectius, privo della firma digitale da apporre mediante l'utilizzo del formato PAdES;
c) a sua volta, l'appellato ha promosso appello incidentale eccependo, per quanto di interesse, l'improcedibilità dell'appello avversario in ragione dell'asserito mancato rispetto del termine di 30 giorni decorrente dalla prima notificazione.
Secondo la tesi dell'appellato, in particolare, nel caso di plurime notifiche dell'atto volte ad emendare vizi dello stesso, della sua notificazione o del suo deposito, il dies a quo per il deposito dell'atto di appello decorrerebbe comunque dalla prima notifica, in quanto idonea a legittimare ulteriori notificazioni del medesimo atto, purché ovviamente sia ancora pendente il termine per impugnare. Ciò, nell'asserita applicazione degli articoli 94 e 45 del Codice del processo amministrativo, recanti la disciplina dei termini per il deposito degli atti processuali soggetti a preventiva notificazione.

A fronte dell'eccezione formulata dall'appellato e in ragione dell'incertezza derivante dalle lacune del quadro normativo di riferimento oltre che dagli orientamenti giurisprudenziali formatisi sul punto, la IV Sezione del Consiglio di Stato, mediante l'Ordinanza, ha rappresentato all'Adunanza Plenaria l'esigenza di dirimere tale questione, ponendo l'attenzione sulla corretta interpretazione delle disposizioni e dei princìpi che regolano le impugnazioni, tra cui il principio di consumazione del potere, appunto, di impugnazione.

L'Adunanza Plenaria, investita della questione, ha ritenuto ammissibile l'appello proposto dal MEF e dell'Agenzia, rimettendo dunque la decisione sul merito della controversia alla Sezione IV ed enunciando i seguenti princìpi di diritto:

"1) vi è mera irregolarità sanabile, con conseguente applicabilità del regime di cui all'art. 44, comma 2, Cod. proc. amm., nel caso di un ricorso notificato privo di firma digitale;
2) in tal caso il ricorrente ben può, in applicazione dei principi di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale amministrativa (art. 1 Cod. proc. amm.) e di ragionevole durata del processo (art. 2, comma 2 Cod. proc. amm.), provvedere direttamente a rinotificare l'atto con firma digitale, ancor prima che il giudice ordini la rinnovazione della notifica;
3) in ordine infine al termine per il deposito del ricorso, di cui al combinato disposto degli artt. 94, comma primo e 45 Cod. proc. amm., lo stesso andrà fatto decorrere dalla data dell'effettiva notifica dello specifico atto concretamente depositato".


La posizione assunta dall'Adunanza Plenaria discende da un'analisi della normativa applicabile (articoli 358 c.p.c., 45 e 94 c.p.a.) e della giurisprudenza di legittimità e amministrativa formatesi sul punto, che si è focalizzata, in primo luogo, sulla nozione di "consumazione del potere di impugnazione"; ipotesi, questa, da ritenersi non verificata, secondo quanto statuito dall'Adunanza Plenaria stessa, ogni qualvolta
(i) non sia intervenuta una declaratoria di improcedibilità o di inammissibilità del gravame e
(ii) purché la seconda impugnazione risulti tempestiva e vi sia stata litispendenza, ossia si sia svolto regolare contraddittorio tra le parti (Cass. civ., Sez. III, 16 novembre 2005, n. 23220; Cons. Stato, IV, 15 settembre 2009, n. 5523).

Applicando i citati canoni ermeneutici al caso di specie, l'Adunanza Plenaria ha quindi escluso che la vicenda sottoposta al proprio scrutinio fosse riconducibile al paradigma della consumazione del potere di impugnazione, difettandone entrambi i presupposti: alla prima impugnazione, infatti, non era seguita alcuna declaratoria di improcedibilità o inammissibilità litispendenza né, quindi, era sorta alcuna litispendenza. In alcun modo, dunque, sarebbe possibile sostenere la consumazione della facoltà di impugnazione dell'appellante.

L'Adunanza Plenaria ha aggiunto, infine, che la seconda notifica dell'atto, effettuata allorché era ancora pendente il termine di legge per la proposizione dell'appello, era dipesa dall'intento delle amministrazioni appellanti di regolarizzare l'atto introduttivo del giudizio, atteso che la copia originariamente notificata a mezzo PEC non era stata sottoscritta con firma digitale mediante l'utilizzo del formato PAdES. Tale circostanza configura un'ipotesi di mera irregolarità sanabile, ex articolo 44, comma 2, c.p.a., dal momento che:
(i) nessuna comminatoria legale di nullità è prevista nel caso di predisposizione e deposito del ricorso in formato non digitale; e
(ii) l'appello ha comunque raggiunto il suo scopo tipico, non essendo dubbia la riconducibilità dell'atto alle amministrazioni appellanti (cfr. l'articolo 156, comma 3, c.p.c.).

I princìpi di diritto enucleati dall'Adunanza Plenaria risultano senza dubbio ragionevoli e meritevoli di apprezzamento, in quanto volti, per un verso, a valorizzare i princìpi di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale amministrativa oltre che di ragionevole durata del processo, anche alla luce dell'autonoma regolarizzazione dell'atto compiuta da parte delle amministrazioni appellanti; per altro verso, poiché diretti a disincentivare la proposizione di eccezioni processuali che, al contrario, minano ingiustificatamente la sacralità, sia consentito il termine, dei medesimi princìpi.

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*A cura dell'Avv. Daniele Archilletti, Lipani Catricalà & Partners

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