Responsabilità

Confermato risarcimento a De Benedetti: da RTI e Mondadori campagna diffamatoria

La Cassazione, sentenza n. 19036 depositata oggi, ha respinto i ricorsi e confermato il pagamento di 55mila euro

di Francesco Machina Grifeo

Confermata la condanna, in solido, di R TI e Mondadori a pagare 55mila euro, a titolo di danno non patrimoniale, all'ingegner Carlo De Benedetti per un campagna stampa diffamatoria tra il settembre 2013 e il marzo 2014. De Benedetti, in una serie di articoli (sette in tutto) del settimanale Panorama e nei Tg (in numero di 5) di RTI, veniva associato ai decessi che si assumevano provocati dalle emissioni della centrale a carbone di Vado Ligure, presentando la società che la gestisce (Tirreno Power S.p.a.) come una controllata delle società a lui riconducibili e accreditando l'idea che egli era riuscito più volte in passato a sottrarsi in modo non chiaro ad indagini.

Secondo la tesi accolto dalla Corte di appello di Milano ed oggi validata dalla Cassazione, con la sentenza n. 19036/2021, era stata messa in piedi una «martellante campagna di stampa», da esaminare dunque anche nel suo complesso, basata su elementi non veri o veri soltanto parzialmente. La notizia, prosegue, "è vera laddove narra della pendenza di indagine per morti causati dall'inquinamento, è falsa nella parte in cui indica il numero dei decessi stimati in "migliaia" e là dove imputa le morti ai "tumori"» (secondo notizie apprese allora dagli inquirenti e di cui lo stesso settimanale dà conto in un successivo articolo i decessi sarebbero 450 e da imputare a patologie cardiorespiratorie). Inoltre, «È vero che De Benedetti ha partecipazioni azionarie, è falso che la famiglia di De Benedetti sia comproprietaria della centrale».

Titoli del tenore "L'intoccabile è nei guai" o "L'Anguilla", o ancora passaggi nei pezzi come: "La magistratura indaga su migliaia di morti vicino alla centrale a carbone di cui la famiglia De Benedetti è comproprietaria", sono stati considerati diffamatori in quanto espressi "sulla base di presupposti totalmente o parzialmente falsi e con modalità ed enfasi tali da suggerirne in modo chiaro un diretto coinvolgimento in indagini penali per fatti di grave allarme sociale e peraltro capace di sottrarsi alla giustizia con mezzi oscuri e, dunque, altrettanto infamanti".

In particolare, l'illiceità risiedeva nella: a) non corrispondenza al vero del numero delle morti sospette; b) non verità della affermazione secondo cui De Benedetti sia proprietario o comunque abbia poteri di gestione sulla centrale elettrica; c) enfasi (per titoli, sottotitoli, immagini) nella correlazione diretta del De Benedetti a tali eventi, tale da suggerirne un suo diretto coinvolgimento (non essendo egli invece neppure indagato); d) accreditamento dell'idea che era riuscito più volte in passato a sottrarsi in modo non chiaro ad indagini penali.

L' entità del danno.Riguardo poi all'entità del danno, si è valutata tanto la diffusione che la gravità delle notizie, oltre alla notorietà del personaggio. «Gli scritti e le trasmissioni televisive – si legge - hanno avuto diffusione amplissima, trattandosi, per Panorama, di uno dei settimanali a maggiore tiratura nazionale, con pubblicazione degli articoli anche on line sul web; per le trasmissioni diffuse dalle reti R.T.I., della notoria diffusione del mezzo televisivo, e della reiterazione del messaggio in tempi e su reti diversi, comunque in orari di punta, a copertura di diverse fasce di pubblico; che l'offesa è grave, consistendo nell'aver cagionato un numero elevatissimo di morti, e viene recata con termini anche di particolare aggressività; che il danneggiato è soggetto ampiamente noto, notorietà che Io espone a maggiori e legittime possibilità di valutazione critica del suo operato, ma senza che si possa prescindere (dalla necessità) che i fatti posti a fondamento delle valutazioni espresse siano veri».

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