Civile

Studi di settore, accertamento: motivazione rafforzata solo se c'è contestazione

Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 21656 depositata oggi

di Francesco Machina Grifeo

La motivazione dell'atto di accertamento mediante l'applicazione dei parametri degli studi di settore, "non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell'applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente". Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 21656 depositata oggi, respingendo tuttavia il ricorso del contribuente in quanto dal contraddittorio non erano emersi elementi per discostarsi dai parametri standardizzati.

"Una volta svoltosi il contraddittorio con il contribuente – si legge infatti nella decisione -, l'Ufficio può, in assenza di valide giustificazioni dello scostamento dallo studio di settore da parte del contribuente, fondare l'avviso di accertamento mediante il riferimento anche solamente a tale scostamento, ferma restando la possibilità, per il contribuente medesimo, di fornire la prova contraria anche in sede contenziosa".

Così, prosegue la Cassazione, la Commissione regionale ha giustamente ritenuto legittimo l'avviso di accertamento sulla base dello scostamento rilevato e in assenza di valide giustificazioni offerte dal contribuente.

"Se è vero – spiega ancora la Suprema corte - che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standard in sé considerati, ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente pena la nullità dell'accertamento notificato al contribuente, in tale sede quest'ultimo ha l'onere di provare la sussistenza di condizioni che giustificano l'esclusione dell'impresa dall'area dei soggetti cui possono essere applicati gli standard o la specifica realtà dell'attività economica nel periodo di tempo in esame".

Il giudice di secondo grado, dunque, "non essendo stato dedotto né l'omesso svolgimento del contraddittorio endoprocedimentale - riconosciuto espressamente dal ricorrente - né la carenza della motivazione del provvedimento impugnato, ma unicamente la sola asserita inidoneità dello scostamento dallo studio di settore a fondare l'accertamento dei maggiori ricavi, ha correttamente ritenuto che tale elemento, in una siffatta situazione, potesse fondare l'atto impositivo e, conseguentemente, porre a carico del contribuente l'onere di dimostrare l'insussistenza dei presupposti fattuali per l'applicazione dello standard utilizzato".

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