Amministrativo

Cancellazione dall'albo del difensore, si rischia la regressione del giudizio

Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 11 marzo 2022, n. 1734 (Pres. Poli, Est. Tucciarelli)

di Francesco Machina Grifeo

La cancellazione dell'avvocato dall'albo, anche a domanda, integra una causa di interruzione del giudizio, determinando la simultanea perdita per il difensore dello ius postulandi dal lato attivo e passivo e l'obbligo per il giudice di rilevarla a tutela del diritto di difesa della parte colpita dall'evento interruttivo. Lo ha ribadito il Consiglio di Stato, Sezione IV, con la sentenza dell'11 marzo 2022, n. 1734 (Pres. Poli, Est. Tucciarelli) disponendo l'annullamento della sentenza, con regressione della causa al primo giudice e la necessità che la decisione sia presa da un collegio in diversa composizione.

L'attività processuale posta in essere dopo il decesso o l'impedimento del difensore, senza che sia stata dichiarata l'interruzione del giudizio, spiega la decisione, "è invalida e ridonda in una ipotesi di nullità della sentenza per difetto funzionale del contraddittorio tale da integrare una delle tassative cause di rinvio della causa al giudice di primo grado" (previste dall'art. 105, comma 1, c.p.a.).

La controversia in cui sono stati affermati i citati principi aveva ad oggetto l'impugnazione di un permesso di costruire e degli atti conseguenti del Comune di Rieti, il cui avvocato difensore ad un certo punto del giudizio, a domanda, venne cancellato dall'albo degli avvocati di Roma, senza però che dell'evento venisse data notizia nel corso del processo.

"La declaratoria di estinzione del giudizio per omessa o tardiva riassunzione o prosecuzione - prosegue il Collegio - presuppone la conoscenza legale dell'evento interruttivo, secondo le forme tipizzate, conoscenza che, nel caso di specie, è mancata, essendo pacifico che la cancellazione del difensore del Comune dall'albo non è stata mai acquisita al processo, tanto che pure l'epigrafe della impugnata sentenza e le risultanze della piattaforma digitale SIGA recano l'indicazione dell'avvocato … quale rappresentante e difensore del Comune di Rieti".

Coerentemente, prosegue la sentenza, "deve ritenersi parimenti inaccoglibile la prospettazione degli appellati secondo cui l'opposizione (come visto, notificata al Comune nella sede propria) a decreto di perenzione emanato nel corso del giudizio di primo grado, possa essere considerata, quoad effectum, utile ai fini della riassunzione del giudizio medesimo". A tanto, si legge nella decisione, "si oppone la considerazione della diversa natura giuridica, del diverso contenuto e dei differenti presupposti dei due atti processuali di parte e, conseguentemente, della loro non sovrapponibilità anche ai fini di cui all'art. 32, comma 2, c.p.a.; basti pensare che l'opposizione ha natura di mezzo di impugnazione di un provvedimento del giudice capace di passare in giudicato, mentre gli atti di impulso di parte, strumentali alla riattivazione del processo entrato in una fase di stasi ope legis, presuppongono la conoscenza legale della esistenza dell'evento interruttivo o sospensivo".

Per il Consiglio di Stato dunque: "la gravità del vizio che investe gli atti processuali lesivi del diritto di difesa, al punto da imporre la regressione del giudizio, è tale da derogare al principio per cui le cause di nullità della sentenza si convertono in motivi di impugnazione; in ogni caso, trattandosi di questioni che attengono alla regolare costituzione e prosecuzione del rapporto processuale, possono essere delibate d'ufficio per la prima volta direttamente in sede di appello con le uniche eccezioni, non rinvenibili nel caso di specie, che si tratti di questione di giurisdizione e competenza, ovvero che vi sia stata una statuizione espressa coperta dalla forza del giudicato interno".

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