Professione e Mercato

Usucapione accertata anche con atto notarile

di Angelo Busani

Da quando è stata resa espressamente possibile la trascrizione nei Registri immobiliari dell’ accordo di mediazione che accerta l’ usucapione (articolo 2643, n. 12-bis, del Codice civile, introdotto dal Dl 69/2013) si rende legittima la stipula di un atto di accertamento dell’intervenuta usucapione al di fuori del procedimento di conciliazione e, quindi, mediante un atto notarile da trascrivere nei Registri immobiliari. È questo l’esito a cui giunge uno Studio (il n. 4-2017/C) di recente diffuso dal Consiglio nazionale del notariato.

Una volta che, in linea generale, sia stato ammesso che l’effetto dell’accertamento, oltre che da un provvedimento giurisdizionale, possa fuoriuscire da un negozio stipulato tra due contraenti al di fuori di un contesto giudiziario (in tal senso, si esprime, ad esempio, la Cassazione nella sentenza n. 24948/2015), puntando poi l’attenzione sullo specifico caso dell’accertamento consensuale dell’intervenuta usucapione, resta da verificare se la norma di cui all’articolo 2643, n. 12-bis del Codice civile sia espressione di un regime di speciale favore che la legge riserva al solo procedimento di conciliazione, per incentivarlo, oppure se la norma one sia l’espressione particolare di un principio di ordine generale (e cioè la legittimità degli atti di accertamento stipulati privatamente e la loro trascrivibilità, se dotati di efficacia reale) che il legislatore, intervenendo in questa materia senza una visione sistematica, ha dettato per lo specifico caso della mediazione, dimenticandosi che all’accertamento dell’usucapione si può giungere, oltre che con sentenza e con accordo in sede di conciliazione, anche mediante un “normale” contratto.

A una risposta in quest’ultimo senso si giunge osservando che l’attività del mediatore consiste nel conciliare gli interessi delle parti in contesa, ma che, una volta avvenuta la conciliazione, il contratto che le parti stipulano non è diverso da quello che esse avrebbero potuto concludere autonomamente senza il contributo del mediatore.

In altre parole, l’accordo di conciliazione, qualunque sia il procedimento che ne ha determinato la conclusione mantiene pur sempre la sua caratteristica di essere un negozio frutto dell’espressione dell’autonomia privata: il mediatore, infatti, si limita ad assistere le parti o, al più, ad effettuare una proposta la cui formulazione non può comunque far sorgere il dubbio che l’accordo sia riferibile esclusivamente alla volontà delle parti. Appare dunque indubbio che la redazione dell’accordo non appartiene al mediatore, bensì alle parti direttamente o tramite il proprio legale; al mediatore spetta “solo” il compito di verificare che quanto le parti hanno dichiarato nell’accordo corrisponde effettivamente alle volontà da loro espresse nella fase negoziale, nonché certificare nel verbale di conciliazione l’avvenuto accordo.

Da queste osservazioni si può dedurre che la norma dettata dall’articolo 2643 n. 12-bis del Codice civile deve essere intesa come un istituto “premiale” non tanto dell’accordo che viene stipulato in esito a un procedimento di conciliazione quanto del risultato di deflazione del carico della giustizia civile che comunque deriva da un negozio di accertamento e quindi anche da un accordo stipulato privatamente. Anzi, proprio da questo carattere premiale deriva un incentivo all’utilizzo del negozio di accertamento anche al di fuori del procedimento di mediazione.

In realtà, se l’introduzione del procedimento di mediazione nel nostro ordinamento trova la sua ragione nella esigenza di ridurre il carico giurisdizionale mediante l’utilizzo (incentivato) di strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, il medesimo carattere di favore risulta infatti pienamente rinvenibile anche nell’ipotesi di accertamento dell’usucapione dinanzi al notaio senza l’intervento del mediatore.

Consiglio nazionale del notariato, studio n. 4-2017/C

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