Professione e Mercato

Poche professioniste Stem, gap di redditi al top in area economico-legale

Le distanze di genere misurate per età alla laurea, indirizzi preferiti, tassi di occupazione e differenze nei compensi

di Valentina Maglione e Valeria Uva

Le professioniste continuano a concentrarsi nei settori tradizionalmente ad alto tasso di presenza femminile, lasciando sguarnite le aree tecniche e scientifiche. Se nell’assistenza sociale 4 su 5 sono donne e il sorpasso è realtà per legali e sanitari, tra i tecnici è donna solo una su cinque tra i professionisti.

Mentre se si guarda ai redditi medi è tra avvocati e commercialisti che il solco è più ampio tra i due sessi.

In generale, la libera professione attira ancora le donne che, seppure in minoranza, sono in crescita anche dopo la pandemia. Ma un effetto Covid c’è stato anche per loro. Perché dopo il 2020, che ha fatto segnare un 5% di professionisti in meno, senza distinzioni di genere, la ripresa del 2021 è stata più debole per la platea femminile (+2,3%) che per quella maschile (+4,4%). Segno che tra le donne anche la scelta del lavoro autonomo si è fatta più difficile dopo lo choc della pandemia.

L’EVOLUZIONE

È questa la fotografia dello stato di salute della componente femminile delle libere professioni, scattata – a due giorni dall’8 marzo – attingendo a diverse fonti: il Rapporto 2022 dell’Osservatorio delle libere professioni di Confprofessioni, i dati raccolti dagli enti previdenziali dei professionisti e quelli, relativi alle carriere dei laureati, di Almalaurea.

I SETTORI

La presenza

L’Osservatorio sulle libere professioni ha registrato quasi mezzo milione di libere professioniste nel 2021, 100mila in più (+24%) rispetto al 2012. Nello stesso periodo il numero dei professionisti maschi ha segnato appena un +5%, ma vale oltre 900mila teste nel 2021. Tanto che la “torta” degli autonomi è ancora per il 64,9% occupata da uomini e solo per il restante 35,1% da donne. Ma i dati risentono dell’effetto pandemia. Di fatto, la caduta del 2020, recuperata meno dalle donne che dagli uomini, ha riportato la situazione al 2017, annullando i pur lievi avanzamenti registrati negli anni immediatamente precedenti all’esplosione dell’emergenza sanitaria.

DALLO STUDIO AL LAVORO

A rinunciare alla libera professione, dopo la pandemia, sono le giovani donne. Sempre secondo i dati Confprofessioni, infatti, la quota di autonome è scesa nella fascia d’età fino a 34 anni: nel 2021 erano circa 92mila, contro le 111mila del 2018 (-17%). Mentre la presenza delle professioniste più mature è rimasta stabile: tra i 35 e i 54 anni erano circa 300mila nel 2021 (+1,7% sul 2018) e sopra i 55 anni erano 97mila (+9% sul 2018). Come dire che a soffrire sono state le nuove attività, mentre quelle avviate da tempo e più solide hanno resistito alla crisi.

Tendenza confermata anche dagli ultimi dati di Almalaurea: a cinque anni dal titolo universitario, in tutti i settori considerati (legale, economico, ingegneristico e architettonico) le ragazze hanno optato per un lavoro autonomo in misura sempre minore rispetto ai ragazzi. Con una distanza massima di sei punti percentuali per le laureate in giurisprudenza.

I settori

Le professioniste restano in netta minoranza nell’area scientifica (36%) e in quella tecnica (21,6%). Prendiamo ad esempio le lauree in ingegneria: la quota di immatricolate nei vari corsi di laurea in ingegneria è di fatto stabile negli ultimi dieci anni: era al 25,5% nel 2010-11, e è salita di poco meno di un punto (26,3) nell’anno accademico 2021-22, come si legge nel rapporto del Centro Studi ingegneri sulla presenza femminile nel settore.

Naturalmente il gap si riflette poi sulle iscrizioni alle Casse professionali, che sono l’indice più accurato per monitorare i liberi professionisti in atttività. Mentre la parità di presenze è sostanzialmente raggiunta tra gli avvocati di Cassa forense e abbastanza vicina tra i consulenti del lavoro di Enpacl (anzi, qui tra i giovani under 40 il sorpasso c’è già stato con le donne al 51%), Inarcassa registra il 15,7% di ingegneri donna sul totale.

L’ingresso e i redditi

Le donne si confermano più veloci a concludere il percorso di studi: arrivano alla laurea dai tre ai sei mesi prima dei colleghi. Ma restano sempre un passo indietro quando si guarda alla retribuzione media: nei settori presi in esame il gender pay gap va da un minimo dell’8% per gli ingegneri informatici e della comunicazione al 13% dei tecnici civili.

Va peggio se si guarda ai redditi medi dei soli professionisti, che per loro natura risentono anche delle scelte di equilibrio tra vita privata e lavoro degli autonomi. Le avvocate,infatti, guadagnano meno della metà dei colleghi uomini (seppure nell’anno del Covid). È così anche per i commercialisti, con dati aggiornati alle dichiarazioni 2022. Ma è interessante notare che il pay gap più profondo è all’apice della carriera, tra i 51 e i 65 anni (-44% per le donne) e si assottiglia fino al 14% in partenza, tra i giovani sotto i 30 anni.

LA PRESENZA DELLE DONNE E IL GAP REDDITTUALE
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