Il CommentoAmministrativo

Caro materiali e Decreto PNNR 2: verso un chiarimento per gli appalti di servizi e di forniture?

Le complessive difficoltà riscontrate dal legislatore italiano nel fronteggiare la attuale situazione emergenziale sono dipese anche, in qualche misura, dalla inadeguatezza del quadro normativo europeo e dall'inerzia delle Istituzioni comunitarie che non hanno, ad oggi, adottato misure specifiche per il settore degli appalti pubblici

di Miriam Allena e Francesco Goisis*

È noto che il caro materiali innescato dalla crisi pandemica e incrementato dalla recente invasione Russa in Ucraina ha avuto ripercussioni significative su cittadini e imprese.
Come sempre accade quando sono coinvolte le pubbliche amministrazioni, la problematica ha però assunto una connotazione particolare nel settore degli appalti pubblici dove, dati i vincoli della contrattualistica pubblica, le amministrazioni non potrebbero semplicemente "pagare di più" le imprese che forniscono loro lavori, servizi o forniture: infatti, il prezzo di questi ultimi è normalmente definito all'esito di una gara pubblica e, peraltro, spesso costituisce uno dei criteri più rilevanti per la scelta, da parte dell'amministrazione, del proprio contraente.

Nei mesi scorsi il governo italiano è intervenuto a più riprese, prevedendo per decreto legge vari meccanismi di compensazione a favore delle imprese appaltatrici di lavori pubblici (spesso impegnate nella realizzazione dei progetti PNRR). Il tutto con effetti di "ristoro" magari non completamente soddisfacenti, e tuttavia innegabili. Il quadro rimane invece ben più incerto ed inadeguato con riguardo agli appalti di servizi e di forniture.

Le complessive difficoltà riscontrate dal legislatore italiano nel fronteggiare la attuale situazione emergenziale sono dipese anche, in qualche misura, dalla inadeguatezza del quadro normativo europeo e dall'inerzia delle Istituzioni comunitarie che non hanno, ad oggi, adottato misure specifiche per il settore degli appalti pubblici. Il che, intendiamoci, non stupisce: non è un segreto il sospetto con cui l'Unione europea tradizionalmente guarda a qualsiasi meccanismo di revisione dei prezzi degli appalti pubblici, in quanto potenzialmente foriero di abusi ed elusivo del meccanismo della gara pubblica.

Non a caso, le Direttive europee sugli appalti prevedono che una modifica dei contratti pubblici durante il loro periodo di validità possa avvenire, in assenza di gara, solo in due circostanze: i. se le modifiche, sono previste "in clausole chiare, precise e inequivocabili" nei documenti di gara iniziali (cioè, nel bando, nella lettera di invito, nel capitolato tecnico, e, quindi, nel contratto d'appalto), i quali possono prevedere, tra l'altro, clausole di revisione dei prezzi; ovvero, ii. se tali modifiche sono necessarie a fare fronte a "eventi imprevedibili" e purché l'aumento del prezzo non superi, complessivamente, il cinquanta per cento del valore del contratto originario e non alteri la natura generale del contratto.

Con riferimento alla prima ipotesi, a marzo di quest'anno il legislatore italiano ha reso obbligatoria, per le gare bandite o avviate fino al 31 dicembre, la previsione di clausole di revisione dei prezzi in tutti gli appalti pubblici (compresi i servizi e le forniture).Con riferimento alla seconda ipotesi, era dubbio se tra gli "eventi imprevedibili" rientrasse anche l'ipotesi del caro materiali o se, come sostenuto da alcuni Tribunali amministrativi regionali, la previsione fosse riferibile piuttosto alle cd. varianti in corso d'opera, ossia alle vere e proprie variazioni dell'oggetto del contratto (per es. la costruzione di un ponte a tre navate anziché a due): in tal senso deponeva il dato letterale della disposizione del Codice degli appalti (l'articolo 106) che ha recepito la corrispondente previsione della Direttiva europea. Il chiarimento è venuto a marzo di quest'anno, in sede di conversione in legge del c.d. Decreto PNRR 2 (d.l. 30 aprile 2022, n. 36), quando il legislatore ha previsto espressamente, in via di interpretazione autentica dell'art. 106 cit., che anche l'aumento del costo dei materiali costituisce una causa imprevista ed imprevedibile che legittima una modifica del contratto in corso d'esecuzione ("tra le circostanze indicate al primo periodo sono incluse anche quelle impreviste ed imprevedibili che alterano in maniera significativa il costo dei materiali necessari alla realizzazione dell'opera").

La norma sembra, di nuovo, riguardare i soli lavori, tuttavia, l'utilizzo dell'espressione "opera" (in luogo di "lavori pubblici") potrebbe prestarsi a una interpretazione estensiva (da parte delle amministrazioni e dei giudici) volta a ricomprendere anche gli appalti di servizi e di forniture.

Di certo, un chiarimento sul punto appare oramai ineludibile.

Difatti, è assai dubbio che per ottenere una revisione dei prezzi gli appaltatori di servizi e forniture possano fare affidamento sugli ordinari rimedi contrattuali (ad es., l'art. 1664, co. 1, codice civile che consente all'appaltatore o al committente di chiedere una revisione del prezzo qualora per circostanze imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della manodopera). Come detto, la disciplina italiana, in piena coerenza con la Direttiva appalti, pretende infatti che la revisione prezzi sia prevista (non in termini generali, ma) in "clausole chiare, precise e inequivocabili".

Tuttavia, anche per le imprese che forniscono servizi e forniture alle pubbliche amministrazioni il caro materiali genera una situazione di inaccettabile disequilibrio, il quale è particolarmente grave quando a venire in rilievo siano prestazioni essenziali e indifferibili (per es., nel campo della sanità e dei servizi pubblici in genere) che, per legge, non possono essere interrotte, quale che sia l'incremento dei costi di energia, gas e materie prime in genere.

Dal punto di vista dell'interesse pubblico, è in gioco la qualità delle prestazioni nei più diversi settori (dalle strade, alla sanità, alle mense scolastiche): il rischio concreto è che le imprese, per rientrare nei costi, cerchino di risparmiare altrove, con effetti che, nel medio lungo periodo, potrebbero essere devastanti per i cittadini e per l'amministrazione italiana.

*a cura di Miriam Allena , Professoressa associata di Diritto amministrativo, Università Bocconi, Of Counsel, Baker McKenzie e Francesco Goisis, Professore ordinario di Diritto amministrativo, Università degli Studi di Milano, Of Counsel, Baker McKenzie