Penale

Facebook, l'intestatario del profilo che non denuncia il furto di identità non può attribuire ad ignoti i post diffamatori

La Cassazione conferma la natura di indizio della "paternità dei contenuti" l'assenza di una reazione formale contro l'abuso

di Paola Rossi

La Cassazione ribadisce che in caso non sia stato denunciato alcun furto d'identità digitale alla polizia postale la persona cui appartiene il profilo sui social è indiziato di avere la paternità dei post che vi appaiono. Compresi quelli di contenuto diffamatorio.

L'indizio
La Corte di cassazione penale ha infatti ribadito - con la sentenza n. 40309/2022 - che va confermato l'orientamento della propria giurisprudenza secondo cui l'assenza di qualsiasi reazione o di formale denuncia alle autorità di polizia contro intrusioni di terzi in un proprio profilo social costituisce in senso tecnico un "indizio": di attribuzione dei contenuti presenti o provenienti da un dato profilo social all'utente registrato come intestatario. A nulla è valso, per il ricorrente, sostenere sic et simpliciter di non essere egli l'autore dei post diffamatori, puntando anzi il dito sugli inquirenti che avrebbero mancato di accertare chi fosse il reale responsabile. E soprattutto senza fornire alcuna motivazione valida alla sua inerzia e alla conseguente assenza di denuncia contro il fantomatico usurpatore del suo profilo.

L'offesa alla reputazione e all'onore
Il ricorrente si vede respingere il ricorso anche sul punto del contenuto diffamatorio dei post pubblicati.
Egli, infatti, pretendeva di affermare che non fossero lesive della reputazione e dell'onore della parte civile frasi che lo definivano uno "00 come la farina 00" o "latrina".
Dice invece la Cassazione che, a fronte di tali espressioni, l'offensività è insita, come pure per l'affermata incompetenza e assenza di titoli a ricoprire il ruolo di comandante della polizia municipale quale era in effetti la persona offesa.

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