Lavoro

Decreto Fiscale: prorogati gli ammortizzatori sociali emergenziali e il blocco dei licenziamenti

Tra le novità introdotte, di particolare interesse ai fini giuslavoristici appare l'art. 11, rubricato

di Davide Boffi*

Lo scorso 21 ottobre è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, il Decreto-Legge 21 Ottobre 2021, n. 146, noto come «Decreto Fiscale», recante «Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili»

Tra le novità introdotte, di particolare interesse ai fini giuslavoristici appare l'art. 11 , rubricato «Ulteriori disposizioni in materia di trattamenti di integrazione salariale», il quale prevede che:

• i datori di lavoro (rientranti nel campo di applicazione dell'assegno ordinario e della cassa in deroga di cui al primo Decreto emergenziale dell'epoca COVID-19, ossia il Decreto-Legge 17 Marzo 2020, n. 18) i quali sospendono o riducono l'attività lavorativa per eventi riconducibili all'emergenza epidemiologica possono presentare, per i lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del Decreto, una nuova domanda di assegno ordinario e di cassa integrazione salariale in deroga, per una durata massima di 13 settimane nel periodo compreso tra il 10 Ottobre e il 31 Dicembre 2021.

Le predette 13 settimane sono riconosciute ai datori di lavoro ai quali sia stato già interamente autorizzato il periodo di 28 settimane previsto dall'art. 8, co. 2, del D.L. n. 41/2021, decorso il periodo autorizzato;

• i datori di lavoro delle industrie tessili, delle confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e pelliccia e delle fabbricazioni di articoli in pelle e simili (codici ATECO 13, 14 e 15) che sospendono o riducono l'attività lavorativa per eventi riconducibili all'emergenza epidemiologica possono altresì presentare, per i lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del Decreto, domanda di trattamento ordinario di integrazione salariale, per una durata massima di 9 settimane nel periodo compreso tra il 10 Ottobre e il 31 . Le predette 9 settimane sono riconosciute ai datori di lavoro, decorso il periodo autorizzato;

• per i trattamenti di cui sopra non è dovuto alcun contributo addizionale;

• le domande di accesso ai trattamenti devono essere inoltrate all'INPS, a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell'attività lavorativa. Tuttavia, durante la prima fase applicazione, il termine di decadenza è fissato entro la fine del mese successivo a quello di entrata in vigore del Decreto;

• non di poco conto è la conseguenza di tale richiesta di autorizzazione all'integrazione salariale: infatti, per i datori di lavoro che presentano domanda di integrazione salariale, è prevista la proroga sino al 31 Dicembre 2021 del blocco dei licenziamenti. Per l'intera durata della fruizione dei citati trattamenti di integrazione salariale, restano quindi preclusi l'avvio delle procedure di licenziamento collettivo ex art. 4, 5 e 24 della L. n. 223/1991 nonché la facoltà di recedere dai rapporti di lavoro per giustificato motivo oggettivo ex art. 3 della L. n. 604/1966. Restano altresì sospese le procedure ex art. 7 della L. n. 604/1966 in corso.

Il Decreto Fiscale sancisce, dunque, per le categorie di datori di lavoro suddette, una nuova estensione del blocco dei licenziamenti, che per questi settori sale a ben 21,5 mesi (ossia quasi due anni).

Tuttavia, va – opportunamente – rilevata la più accurata tecnica redazionale utilizzata nel predetto Decreto: viene infatti sancito, con chiarezza, che il blocco dei licenziamenti trova efficacia solo per i datori di lavoro «che presentano» la domanda di CIGD o di assegno ordinario, e solo «per la durata della fruizione del trattamento di integrazione salariale», pertanto, solo chi opta per il beneficio sociale (gravando sulle casse della collettività) avrà il divieto di licenziare, mentre chi non ne usufruisce potrà organizzare la propria forza-lavoro liberamente e secondo i vincoli di legge ordinari, senza ulteriori blocchi.

*a cura di Davide Boffi, partner di Dentons


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