Giustizia

Cartabia apre ad una "task force di giudici in età pensionabile"

Il Ministro ha incontrato i Capi degli Uffici Giudiziari del Distretto della Corte di Appello di Napoli

di Francesco Machina Grifeo

Nel giorno più difficile del "viaggio" nella Corti d'Appello - "Napoli è un paziente grave" -, la Ministra della Giustizia Marta Cartabia apre al coinvolgimento dei magistrati in età pensionabile per aggredire l'arretrato e fronteggiare le situazioni emergenziali. Non solo dunque potenziamento dell'Ufficio del processo, revisione delle piante organiche e nuovi concorsi.

"C'è un'altra idea alla quale stiamo lavorando - ha detto il Ministro nel corso dell'incontro con i vertici degli uffici giudiziari partenopei - perché veramente non stiamo pensando di accorciare i tempi del processo solo con la tagliola della prescrizione, qualcuno mi raccontava in questi giorni di un desiderio di alcuni magistrati che sono già in età pensionabile di, come dire, mettersi a disposizione: io non so se questo sarà possibile, non so se sarà possibile politicamente, non so se il Csm potrà essere d'accordo ma è un'altra idea una sorta di appunto: una task force di unità nazionali che potrebbe essere di aiuto sempre che sia gradita e che ci sia la disponibilità delle persone".

Intanto dopo l'audizione di questa mattina in commissione Giustizia alla Camera del procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, secondo cui con la riforma "il 50 % dei processi finiranno sotto la scure della improcedibilità", compresi 7 maxi processi contro la 'ndrangheta, i deputati del M5S in Commissione rinfocolano la polemica: "La riforma del processo penale messa a punto dalla ministra Marta Cartabia deve essere modificata".

Per Cartabia però, incalzata sul rischio impunità anche dal procuratore capo di Napoli, "non possiamo stare fermi, non è l'improcedibilità che porterà i problemi che a Napoli come altrove ci sono già". "Dunque, ha proseguito, anche se le forze politiche spingono in direzione diametralmente opposte, questa riforma deve essere fatta perché lo status quo non può rimanere tale". "So molto bene che i termini indicati sono esigenti per questa realtà perché partiamo da un ritardo enorme ma non sono termini inventati perché sono i termini della legge Pinto che non solo la nostra legge ma tutta Europa definisce come i termini della ragionevole durata del processo".

"Non perdiamo il treno del Recovery – ha poi aggiunto - non facciamoci intrappolare in quello che è accaduto ormai da decenni nella giustizia italiana dove ognuno porta esigenze particolari imprigionando tutte le riforme della giustizia". "Sono venuta perché sapevo che sarei andata a incontrare la realtà più complessa e più difficile quella con maggiori problemi ma se l'Italia non rinasce da qui se la giustizia non riparte da qui non ce la farà da nessuna parte".

Cartabia poi è tornata sull'Ufficio del processo: "16.500 laureati che vi assicuro non sono stati mobilitati per fare degli esperimenti, la formazione ci sarà prima che arrivino in tribunale". "Daranno una mano per uccidere quei tempi morti tra il deposito della sentenza il passaggio al grado successivo che non possono rimanere inerti, non possono durare due anni, è un tempo che grava sull'imputato se non grava sull'ufficio successivo, possiamo permettere questo?"

"So bene però che non è una misura sufficiente". Perchè, ha ricordato, in Italia il numero di giudici è la metà di quello che c'è in Germania. E per questo il Ministero si è impegnato a non fermare la macchina dei concorsi: oltre all'esame da avvocato, è stato "reinventato" anche quello della magistratura, che si è svolto la scorsa settimana. "E già l'ho detto e lo ribadisco qui dopo l'estate ci sarà un altro concorso perché i giudici non bastano".

"E guardate – ha concluso Cartabia - che le vostre preoccupazioni di vedere ambiti di impunità, che qui non si possono tollerare, sono anche le mie preoccupazioni, l'ho già detto e l'ho già ripetuto: ogni processo che non arriva a una soluzione definitiva e una sconfitta. Tutti gli Abele e tutti gli imputati, che tante volte non sono neanche Caino, attendono un giudizio severo, giusto e tempestivo questo è quello che la costituzione ci chiede".

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