Civile

In aula può essere esposto il crocifisso se la comunità scuola è d'accordo

Lo ha deciso la Cassazione con una sentenza a Sezioni Unite depositata oggi

L'aula di una classe "può accogliere la presenza del crocifisso quando la comunità scolastica interessata valuti e decida in autonomia di esporlo, eventualmente accompagnandolo con i simboli di altre confessioni presenti nella classe e in ogni caso ricercando un ragionevole accomodamento tra eventuali posizioni difformi". E' quanto ha stabilito la corte di Cassazione (sentenza n. 24414, pubblicata oggi) che a Sezioni Unite, si è occupata dell'affissione del crocifisso nelle aule scolastiche.
In particolare, la questione esaminata dalla Cassazione riguardava la compatibilità tra l'ordine di esposizione del crocifisso, impartito dal dirigente scolastico di un istituto professionale statale sulla base di una delibera assunta a maggioranza dall'assemblea di classe degli studenti, e la libertà di coscienza in materia religiosa del docente che desiderava fare le sue lezioni senza il simbolo religioso appeso alla parete. La Corte ha affermato che la disposizione del regolamento degli anni Venti del secolo scorso - che tuttora disciplina la materia, mancando una legge del Parlamento - è suscettibile di essere interpretata in senso conforme alla Costituzione. Il docente dissenziente, si legge in una nota della Suprema Corte, "non ha un potere di veto o di interdizione assoluta rispetto all'affissione del crocifisso, ma deve essere ricercata, da parte della scuola, una soluzione che tenga conto del suo punto di vista e che rispetti la sua libertà negativa di religione. Nel caso concreto le Sezioni Unite hanno rilevato che la circolare del dirigente scolastico, consistente nel puro e semplice ordine di affissione del simbolo religioso, non è conforme al modello e al metodo di una comunità scolastica dialogante che ricerca una soluzione condivisa nel rispetto delle diverse sensibilità". Per questo è decaduta la sanzione disciplinare inflitta al professore. "L'affissione del crocifisso - al quale si legano, in un Paese come l'Italia, l'esperienza vissuta di una comunità e la tradizione culturale di un popolo - non costituisce un atto di discriminazione del docente dissenziente per causa di religione. Non è stata quindi accolta la richiesta di risarcimento danni formulata dal docente, in quanto non si è ritenuto che sia stata condizionata o compressa la sua libertà di espressione e di insegnamento", conclude la nota della Cassazione.

Centro Livatino, intervenga Parlamento
"La Cassazione sul Crocifisso si è espressa senza nessun divieto di affissione, ma adesso necessario l'intervento del Parlamento". Lo sostiene il centro studi Livatino di cui fanno parte giuristi, avvocati e costituzionalisti. "La sentenza delle Sezioni Unite civili sul Crocifisso - sottolinea il centro studi - contiene un'affermazione importante: per esso non esiste un divieto di affissione, e la sua presenza in un'aula scolastica non crea discriminazioni. Non vi è alcun divieto, costituzionalmente fondato, alla sua collocazione". Secondo il centro Livatino ''con ciò il discorso però non è chiuso, e deve necessariamente proseguire in Parlamento perchè, a fondamento dell'affissione del Crocifisso vi è una norma, se pure regolamentare, in vigore da quasi un secolo, mentre per le altre confessioni manca qualsiasi aggancio normativo''. Dunque, per il centro studi, ''quando la Cassazione ipotizza la soluzione dell'eventuale affiancamento al Crocifisso di simboli di altre confessioni religiose, coerenti col credo degli alunni presenti nell'aula, si fa creatrice di una norma, più che interprete di quelle esistenti''. ''Per evitare che sul fondamentale diritto alla libertà religiosa ogni scuola e ogni classe facciano da sé - secondo il centro Livatino - è indispensabile che intervenga il Parlamento, con l'approvazione di norme chiare e omogenee''.

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