Amministrativo

No al multicarburante se oneroso

di Francesco Clemente

I nuovi impianti di distribuzione di carburante possono vendere solo diesel se ogni obbligo alla vendita di “multicarburante” come condizione necessaria per l’autorizzazione sia un «ostacolo economico e tecnico eccessivo» per gli operatori e non sia «preventivamente» fondato su un’analisi del suo «carattere adeguato, proporzionato e non eccessivo». Il Consiglio di Stato - sentenza 5420/2016 - conferma così lo “storico” stop al vincolo sulle autorizzazioni di nuove pompe in Lombardia di offrire due carburanti tradizionali (diesel e benzina), oltre al metano (o al metano o al gpl a scelta nei bacini in equilibrio col primo), e alle colonnine di ricarica per veicoli elettrici nelle aree individuate dalla Regione.

L’obbligo era stato dichiarato illegittimo nel 2015 dal Tar di Brescia (sentenza 1656) poiché «troppo oneroso» per un mini-impianto avviato nel Mantovano solo con una pompa doppia di gasolio. Era stato sospeso da un Comune poiché violava le norme lombarde del 2009 che disciplinano, anche su urbanistica e sicurezza, il Programma di qualificazione ed ammodernamento della rete di distribuzione dei carburanti (punto 3.5, allegato A, delibera Consiglio regionale 834/2009, attuazione leggi regionali 24/2004 e 25/2008).

Palazzo Spada ha ribadito che il vincolo, di natura regolamentare, non può prevalere su una norma di rango legislativo primario quali i principi di liberalizzazione del settore previsti dal decreto Sviluppo del 2008 - commi 17 e 18, articolo 83-bis, Dl 112/2008 – per cui «l’installazione e l’esercizio» di tali impianti «non possono essere subordinati...al rispetto di vincoli…che prevedano obbligatoriamente la presenza contestuale di più tipologie di carburanti, ivi incluso il metano per autotrazione, se tale ultimo obbligo comporta ostacoli tecnici o oneri economici eccessivi e non proporzionali alle finalità dell’obbligo».

Per la Regione, le proprie norme – modificate da ultimo dalla legge regionale 34/2014, poi “promossa” dalla Consulta salvi i limiti del Dl Sviluppo (sentenza 105/2016) - non poneva ostacoli «eccessivi» nell’imporre anche il carburante ecocompatibile: trovandosi in un bacino in equilibrio col metano, era sempre possibile scegliere se dotarsi «di una (meno onerosa) colonnina per l’erogazione del Gpl e non anche un (più oneroso) impianto per l’erogazione di metano». Sempre a parere dell’Ente, la previsione non violava la legge nazionale né il potere delle Regioni -in piedi anche post-Dl - di richiedere al settore un’offerta differenziata.

Il collegio ha spiegato che, come precisato dallo stesso legislatore (comma 18, art. 83-bis), le citate norme nazionali costituiscono «livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale», per cui vanno considerate «parametro di legittimità degli atti adottati dai diversi livelli di governo interessati che si pongano in potenziale contrasto con essa».

Vi è quindi un contrasto solo se il vincolo implichi «ostacoli tecnici o oneri economici eccessivi e non proporzionali alle finalità dell’obbligo» e non sia «preventivamente» motivato dall’Ente con «un’adeguata analisi» sulla sua proporzionalità. Così per l’impianto in esame: l’operatore aveva provato l’eccessivo costo del gpl con «una articolata perizia», il Comune l’aveva sospeso «senza...alcuna indagine in concreto». In ogni caso anche l’invocata possibilità di scelta tra metano e gpl nei bacini in equilibrio «sembra imporre...un obbligo indifferenziato..., non modulando in modo motivato i canoni di proporzionalità e non eccessività richiamati, con valenza di principio».

Consiglio di Stato - Sentenza 5420/2016

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©