Penale

Competenza territoriale dei reati di riciclaggio e caratteri della dichiarazione fraudolenta, la Cassazione fa il punto

In tema di riciclaggio, ai fini della determinazione della competenza territoriale, il reato deve considerarsi consumato ove si realizza il primo atto, ancorché costituente un segmento della condotta tipica

di Paolo Comuzzi

Con la decisione emessa in data 27.10.2022 ed avente il numero n. 40861 la Corte di Cassazione ha confermato il sequestro di un'ingente somma di denaro (oltre 3 Ml di euro) conseguente alla contestazione dei reati di dichiarazione fraudolenta (art. 3 del DLgs. 74/2000) ed anche autoriciclaggio (art. 648-ter.1. c.p.).

La decisione è importante in quanto si sofferma in primo luogo sulla competenza territoriale dei reati di riciclaggio che deve far riferimento al luogo ove si realizza il primo atto, ancorché detto atto sia un costituente, in sostanza un segmento, della condotta tipica ( Cass. n. 38105/2021 ).

In aggiunta a quanto sopra la decisione della Cassazione precisa anche i caratteri della dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici che, dopo la riforma del DLgs. 158/2015, presenta, secondo la Corte di Cassazione, una struttura non più trifasica ma bifasica ed è sostanziata con l'effettuazione di operazioni simulate soggettivamente o oggettivamente e, questo un punto importante, alternativamente, con un comportamento in cui vi sia un avvalersi di documenti falsi o altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l'accertamento e ad indurre in errore l'amministrazione finanziaria.

Andando nei dettagli della vicenda possiamo notare come la Corte di Cassazione asserisca con chiarezza quanto segue:

• Riciclaggio
In merito al riciclaggio viene chiarito che "… che commette il delitto di riciclaggio colui che accetta di essere indicato come intestatario di beni che, nella realtà, appartengono a terzi e sono frutto di attività delittuosa, in quanto detta condotta, pur non concretizzandosi nel compimento di atti dispositivi, è comunque idonea ad ostacolare l'identificazione della provenienza del denaro (Sez. 2, n. 21687 del 05/04/2019, Rv. 2761140 ; Sez. 6, n. 24548 del 22/05/2013, Rv. 256815 ). Il compimento in Italia non solo dell'ideazione e programmazione dell'attività di riciclaggio e, quindi, di una parte essenziale della condotta posta in essere dal P. su diretto impulso e nell'interesse dell'indagata, vale non solo a radicare la giurisdizione nazionale in ordine al delitto sub D) (in tal senso la costante giurisprudenza, da ultimo Sez. 2, n. 4583 del 10/12/2021, c. 2022, Rv. 282812 ; Sez. 6, n. 13085 del 03/10/2013, dep. 2014, Rv. 259486 ; Sez. 2, n. 48017 del 13/10/2016 Rv. 268432 ), ma fornisce dati dirimenti al fine dell'individuazione del giudice territorialmente competente …".

La Cassazione afferma che si deve seguire "…il principio, che il Collegio condivide e fa proprio, secondo cui in tema di riciclaggio, ai fini della determinazione della competenza territoriale, il reato realizzato con condotte frammentarie e progressive, affidate a plurimi soggetti che apportino il loro contributo in tempi e luoghi diversi, deve considerarsi consumato ove si realizza il primo atto, ancorché costituente un segmento della condotta tipica (Sez. 2, n. 38105 del 08/04/2021, Rv. 282019 ). Nella specie, in Italia e partitamente nel milanese si sono realizzate non solo le condotte illecite generatrici della provvista riciclata ma anche tutte le attività di pianificazione dei canali di accreditamento del prezzo, di gestione del conto strumentalmente attivato sulla L. nonché quelle successive, relative alla costituzione della V. S. presso la quale i fondi furono successivamente dirottati per poi essere retrocessi su conti riferibili all'indagata …".
In buona sostanza la decisione è stata assunta nell'ambito del territorio italiano e qui si è tenuto il comportamento illecito con la conseguenza che il reato si è consumato in Italia.

• Frode fiscale
In merito alla fattispecie del reato tributario la Corte ritiene di evidenziare che per quanto concerne il delitto preveduto e punito dall'articolo 3 della legge penale tributaria "… rispetto alla precedente formulazione l'intervento novellatore del 2015 ha eliminato dalla norma incriminatrice dell'art. 3 il riferimento alla "falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie" e ha individuato le condotte penalmente rilevanti nell'effettuazione di "operazioni simulate oggettivamente e soggettivamente" ovvero nell'utilizzo di "documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l'accertamento o ad indurre in errore l'amministrazione finanziaria". Come espressamente evidenziato nella relazione illustrativa del Governo alla bozza di decreto, all'eliminazione del riferimento alla "falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie" consegue la possibilità di ravvisare il reato in capo a qualunque soggetto tenuto alla presentazione della dichiarazione dei redditi o della dichiarazione Iva mentre in precedenza la fattispecie integrava un reato proprio in quanto addebitabile esclusivamente al contribuente obbligato alla tenuta delle scritture contabili. A seguito dell'intervento novellatore il reato presenta struttura non più trifasica ma bifasica ed è sostanziato dall'effettuazione di operazioni simulate soggettivamente o oggettivamente e, alternativamente, dall'avvalersi di documenti falsi o altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l'accertamento e ad indurre in errore l'amministrazione finanziaria. Deve peraltro aggiungersi, come evidenziato dalla relazione del Massimario della Corte e dalla dottrina, che la soppressione del riferimento alle scritture contabili obbligatorie non esclude che lo stesso mantenga rilievo ai sensi del secondo comma dell'art. 3 novellato in relazione all'utilizzo di documenti falsi, condotta che normativamente postula che gli stessi siano registrati nelle scritture contabili obbligatorie o, comunque, detenuti a fini di prova nei confronti dell'amministrazione finanziaria …".

Andando nei dettagli del caso portato alla attenzione della Cassazione si deve dare atto che "… l'ordinanza impugnata ha dettagliatamente ricostruito anche le movimentazioni di danaro conseguiti alle compravendite in contestazione, evidenziando come le plurime rogatorie eseguite hanno consentito di accertare che i flussi finanziari generati dalle stesse non sono stati disposti né ricevuti dalle parti contraenti (pag. 19 e segg.). Il Tribunale cautelare ha dato, altresì, conto con una motivazione congrua e priva di criticità giustificative degli elementi che attestano "l'inesistenza giuridica ed economica delle società del network O.I.", sottolineando le emergenze investigative che depongono per detta conclusione, ravvisabili nell'assoluta inconsistenza del capitale sociale, nell'assenza di un'autonoma sede sociale e di personale dipendente, nel mancato rinvenimento di documentazione attestante l'operatività della capofila O.I. Hong Kong; nella mancata emissione di fattura in relazione alla compravendita della I., nella mancanza di un conto corrente attivo, parametri dotati di sicura attitudine dimostrativa e non contrastati efficacemente dall'ampia produzione della difesa …".

In buona sostanza la Corte di Milano (la cui decisione era stata impugnata per Cassazione) aveva portato in debita evidenza elementi di fatto non illogici e che consentono di stabilire in modo evidente la responsabilità del soggetto che formulato il ricorso che quindi viene respinto.

Una decisione, quella che abbiamo commentato, che appare tecnicamente corretta e ben motivata rispetto agli argomenti portati nel ricorso presentato alla attenzione della Cassazione.

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