Civile

Concordato e fallimento, i paletti per la prededuzione del credito professionale

Le Sezioni unite, sentenza 42093 depositata il 31 dicembre, sciolgono un contrasto interpretativo

Le Sezioni unite, sentenza 42093 depositata il 31 dicembre, sciolgono un contrasto interpretativo in materia di credito professionale dell'advisor contabile che presti la propria assistenza per un concordato preventivo poi non andato in porto, respingendo il ricorso di un commercialista di Mantova contro un fallimento e dettando i paletti per il riconoscimento del compenso.

Secondo il Tribunale che aveva rigettato l'opposizione del professionista, il diniego della prededuzione derivava dalla mancanza di un beneficio, arrecato alla procedura concorsuale come accrescimento dell'attivo e salvaguardia della sua integrità, del tutto assenti nella prestazione professionale resa prima del fallimento da un professionista quando ormai la domanda era inammissibile. E questo per la "mancata integrazione dei suoi elementi costitutivi di completamento ovvero, come nel caso, rinuncia, essendosi accertata la impossibilità di formulare qualsiasi ipotetica proposta". La società, infatti, venuta meno la disponibilità della famiglia di riferimento ad apportare nuova finanza, aveva poi rinunciato al concordato, conseguendone la dichiarazione di fallimento.

Proposto ricorso, la Prima Sezione civile, con una ordinanza interlocutoria, ha posto una serie di questioni alle S.U. che in merito hanno affermato il seguente principio di diritto: «Il credito del professionista incaricato dal debitore di ausilio tecnico per l'accesso al concordato preventivo o il perfezionamento dei relativi atti è considerato prededucibile, anche nel successivo e consecutivo fallimento, se la relativa prestazione, anteriore o posteriore alla domanda di cui all'art.161 l.f., sia stata funzionale, ai sensi dell'art.111 co.2 l.f., alle finalità della prima procedura, contribuendo con inerenza necessaria, secondo un giudizio ex ante rimesso all'apprezzamento del giudice del merito, alla conservazione o all'incremento dei valori aziendali dell'impresa, sempre che il debitore venga ammesso alla procedura ai sensi dell'art.163 l.f., ciò permettendo istituzionalmente ai creditori, cui la proposta è rivolta, di potersi esprimere sulla stessa». «Restano impregiudicate – prosegue la Corte -, da un lato, la possibile ammissione al passivo, con l'eventuale causa di prelazione e, per l'altro, la non ammissione, totale o parziale, del singolo credito ove si accerti l'inadempimento della obbligazione assunta o la partecipazione del professionista ad attività fraudatoria».

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