Civile

Tribunali civili: le principali sentenze di merito della settimana

La selezione delle pronunce della giustizia civile nel periodo compreso tra il 10 e il 14 ottobre 2022

di Giuseppe Cassano

Nel corso di questa settimana le Corti d'Appello sono chiamate a pronunciarsi in tema di sopraelevazione negli edifici condominiali, forma scritta dei contratti della Pa, azione di ripetizione di indebito nei contratti bancari e, infine, contratto per persona da nominare.
Da parte loro i Tribunali si pronunciano su risarcimento danni da illecito penale, sulla figura del direttore dei lavori nei contratti di appalto, sulla transazione nel debito solidale, sulla responsabilità dell'editore, sull'azione generale di arricchimento e, infine, sull'impugnazione delle delibere delle assemblee condominiali.


CONDOMINIO
Condominio negli edifici – Sopraelevazione – Indennità
(Cc, articolo 1127)
Adita in materia di condominio negli edifici la Corte d'Appello di Milano è chiamata a pronunciarsi (tra l'altro) sulla sopraelevazione, nozione, questa, oggetto dell'articolo 1127 c.c., che trova applicazione nei casi in cui il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio condominiale esegua nuovi piani, o nuove fabbriche, ovvero trasformi locali preesistenti aumentandone le superfici e le volumetrie.
La ratio giustificatrice della norma va ricercata nel fatto che la sopraelevazione sfrutta lo spazio sovrastante l'edificio ed occupa la colonna d'aria su cui esso insiste, per cui l'esercizio di tale diritto non resta subordinato alla prestazione del consenso da parte degli altri condomini, a meno che non sia compromessa la statica e l'architettura dello stabile e non siano presenti limitazioni alla luce o all'aria del sottostante appartamento.
Osserva in particolare, la Corte adita come, con riguardo al recupero di un sottotetto, la realizzazione di nuovi piani, mediante la trasformazione dei locali preesistenti con incremento di superfici e creazione di nuovi volumi, determini una modifica degli elementi che concorrono a modificare la proporzione tra diritto di comproprietà sulle cose comuni e porzione di proprietà esclusiva solo quando tale realizzazione è conseguenza dell'esercizio da parte di un solo condomino, di solito il proprietario dell'ultimo piano, del diritto di sopraelevazione.
In tal caso, invero, il singolo, costruendo nuovi piani o nuove fabbriche, aumenta la propria quota nella comunione, tra le altre cose comuni anche sull'area medesima, e questo aumento, rimanendo fisso il parametro di base, ha luogo con una proporzionale riduzione delle quote degli altri partecipanti alla comunione, con conseguente diritto per questi ultimi all'indennità prevista dall'articolo 1127, IV, c.c. e con la facoltà di richiedere la revisione delle tabelle millesimali, a condizione che la variazione subita dal valore proporzionale delle singole unità rispetto a quello dell'edificio non sia di modesta entità.
Al contrario, questa modificazione della proporzione tra diritto di proprietà esclusiva e diritto di comproprietà sulle parti comuni non si verifica nel caso in cui il diritto di sopraelevazione venga esercitato da tutti i condomini perché, una volta realizzato l'intervento, la comunione pro indiviso si estende alla costruzione sopraelevata, che rimane quindi di proprietà comune.
Corte di Appello di Milano, sezione III, sentenza 10 ottobre 2022 n. 3161

CONTRATTI
Contratti della Pa – Requisiti - Forma scritta ad substantiam
(Cc, articolo 1418; Rd 2440/1923, articoli . 16, 17)
Tutti i contratti stipulati dalla Pubblica Amministrazione – afferma la Corte d'Appello di Napoli - devono rispettare il requisito della forma scritta quale adempimento necessario, a pena di nullità ex articolo 1418 c.c., anche quando essa agisca iure privatorum (articoli 16 e 17, Rd n. 2440/1923).
Gli atti negoziali della Pa, invero, constano di manifestazioni formali di volontà, per le quali è previsto il suddetto obbligo generale di forma scritta e non sono surrogabili con comportamenti concludenti, o meramente attuativi, o sulla base di una manifestazione di volontà implicita.
Tale vincolo di forma costituisce espressione dei principi costituzionali di buon andamento e imparzialità della Pubblica Amministrazione e funge da garanzia per il regolare svolgimento dell'attività amministrativa, sul presupposto che solo tale forma consente di identificare, con precisione, l'obbligazione assunta e l'effettivo contenuto negoziale dell'atto, rendendolo agevolmente controllabile anche in punto di necessaria copertura finanziaria.
Inoltre, per l'esistenza del contratto con la Pa è essenziale che la manifestazione della volontà dell'ente, in forma scritta, emani dall'organo autorizzato a rappresentarlo, sì che la conclusione del contratto non può desumersi da atti provenienti da organi preposti ad altri servizi, ma aventi contenuto e finalità diversi, o da fatti concludenti.
Inoltre, la volontà dell'amministrazione di obbligarsi non può dedursi per implicito da singoli atti, dovendo essere manifestata nelle forme, necessariamente rigide, richieste dalla legge, tra cui la forma scritta "ad substantiam", anche in caso di rinnovo o di proroga del contratto.
È così irrilevante, a tal fine, l'esistenza di una deliberazione dell'organo dell'ente pubblico che abbia autorizzato la stipula, ove tale deliberazione non risulti essersi tradotta in atto contrattuale, sottoscritto dal rappresentante esterno dell'ente stesso.
Detta deliberazione, infatti, non costituisce una proposta contrattuale ma un atto con efficacia interna all'ente pubblico avente, per destinatario, il diverso organo dell'ente legittimato ad esprimere la volontà all'esterno e carattere meramente autorizzatorio e, in quanto tale, non è idonea a far sorgere un valido rapporto contrattuale, dal momento che l'incontro del comune consenso non risulta formalizzato nei modi prescritti dalla legge, ove tale deliberazione non risulti essersi tradotta in atto contrattuale, sottoscritto dal rappresentante esterno dell'ente stesso e dalla controparte.
Corte di appello di Napoli, sezione I, sentenza 10 ottobre 2022 n. 4165

BANCHE

Contratti bancari - Azione di ripetizione di indebito – Onere della prova (Cc, articolo 2033; Dlgs 385/1993, articolo 117)
Secondo la Corte d'appello di Firenze – chiamata a pronunciarsi in tema di azione di ripetizione di indebito ex articolo 2033 c.c. in riferimento ai contratti bancari - opera, in tale contesto, il normale principio dell'onere della prova a carico dell'attore il quale è, di conseguenza, tenuto a dimostrare sia l'avvenuto pagamento, sia la mancanza di una causa che lo giustifichi. Tale principio trova applicazione anche ove si faccia questione dell'obbligazione restitutoria dipendente dalla (asserita) nullità di singole clausole contrattuali: infatti, chi allega di aver effettuato un pagamento dovuto solo in parte, e proponga nei confronti dell'accipiens l'azione di indebito oggettivo per la somma pagata in eccedenza, ha l'onere di provare l'inesistenza di una causa giustificativa del pagamento per la parte che si assume non dovuta.
E così, in tale ottica, si precisa che anche nei rapporti di conto corrente bancario, il cliente che agisca per ottenere la restituzione delle somme indebitamente versate in presenza di clausole nulle, ha l'onere di provare l'inesistenza della causa giustificativa dei pagamenti effettuati mediante la produzione del contratto che contiene siffatte clausole, senza poter invocare il principio di vicinanza della prova al fine di spostare detto onere in capo alla banca, tenuto conto che tale principio non trova applicazione quando ciascuna delle parti, almeno di regola, acquisisce la disponibilità del documento al momento della sua sottoscrizione.
In ambito bancario, infatti, la disciplina di protezione del correntista - quale parte debole del rapporto - affianca al requisito della forma scritta del contratto l'obbligo di consegnarne un esemplare al cliente (articolo 117, I, Dlgs n. 385/1993 - TUB), al fine di consentire a quest'ultimo di acquisire, sin dalla stipulazione, la disponibilità del documento contrattuale e la conseguente possibilità di controllarne la correttezza formale, nonché la regolare esecuzione. Il sistema normativo giustifica quindi l'onere del correntista di produrre in giudizio il contratto bancario al fine di dimostrare la fondatezza dell'asserita invalidità di talune clausole in esso contenute: è appunto mediante la produzione di tale scritto che il correntista può evidenziare la mancanza, nel contratto, della pattuizione degli interessi o la nullità della stessa
Corte di Appello di Firenze, sezione II, sentenza 11 ottobre 2022 n. 2239

CONTRATTO
Contratto per persona da nominare - Preliminare per persona da nominare - Termine
(Cc, articoli 1402, 1405)
Nel contratto per persona da nominare, tema oggetto dell'intervento della Corte d'Appello di Roma, l'esercizio del potere di nomina comporta il subingresso del terzo nel contratto nel senso che il soggetto designato, prendendo il posto della parte originaria, che l'ha nominato, acquista i diritti ed assume gli obblighi correlativi nei rapporti con l'altro contraente, con effetto retroattivo, e dev'essere, pertanto, considerato fin dall'origine come l'unica parte contraente contrapposta al prominente ed a questo legata dal rapporto costituito dallo stipulante.
Il tratto peculiare del contratto per persona da nominare è costituito, quindi, proprio dal subentrare nel contratto di un terzo - per effetto della nomina e della sua contestuale accettazione - che, prendendo il posto del contraente originario (lo stipulante), acquista i diritti ed assume gli obblighi correlativi nei rapporti con l'altro contraente (promittente) determinando, inoltre, la contemporanea fuoriuscita dal contratto dello stipulante, con effetto retroattivo, per cui il terzo – come detto - si considera fin dall'origine unica parte contraente contrapposta al promittente e a questa legata dal rapporto costituito dall'originario stipulante. Il subingresso del terzo allo stipulante che l'ha designato, tuttavia, può avvenire solo a condizione che vi sia stata una tempestiva e valida «electio amici», restando, in mancanza, applicabile l'articolo 1405 c.c., a norma del quale, precisamente, ove la nomina del terzo non sia stata validamente fatta nel termine stabilito dalla legge (e cioè tre giorni dalla stipulazione ex articolo 1402 c.c.), ovvero dalle parti, il contratto produce i suoi effetti nei confronti degli originari contraenti.
Orbene, secondo la Corte d'Appello di Roma, in tema di contratto per persona da nominare, il termine per l'electio amici può essere legittimamente stabilito dalle parti in via derogatoria rispetto alla disciplina legale di cui all'articolo 1402 c.c., con la conseguenza che, in caso di stipula di un preliminare per persona da nominare, detto termine ben può coincidere con la data fissata per la stipula del contratto definitivo.In tal caso, l'indicazione del nome del terzo deve considerarsi tempestiva qualora, non potendo addivenirsi a detta stipula per l'opposizione del promittente alienante, il promissario acquirente abbia avanzato istanza per l'esecuzione in forma specifica, provvedendo all'electio amici con la domanda giudiziale.
Corte di Appello di Roma, sezione VII, sentenza 13 ottobre 2022 n. 6389 

RESPONSABILITA' E RISARCIMENTO

Risarcimento danni – Illecito penale – Danno non patrimoniale (Cc. articoli 2043, 2059)
Il Tribunale di Lecce, adito in materia di risarcimento danni – avuto particolare riguardo al danno non patrimoniale ex articolo 2059 c.c. - conseguenti a reato (nel caso concreto si trattava di una violenza sessuale), osserva come, in tale controversia, trovi applicazione la norme dell'articolo 2043 c.c.. Ai fini della responsabilità aquiliana, in particolare, si definisce contra ius o antigiuridica qualsivoglia condotta che leda una situazione giuridica soggettiva tutelata dall'ordinamento.
In tema di responsabilità extracontrattuale non è sufficiente per chi agisce in giudizio limitarsi a dedurre l'inadempimento richiedendosi invece all'attore di provare con manifesta chiarezza l'entità del danno nel suo esatto ammontare e, soprattutto, l'eziologia, rectius, il nesso causale che correla la condotta dell'agente all'evento lesivo. Non solo. È richiesto finanche che venga offerta esaustiva prova circa l'elemento soggettivo, e quindi che venga offerta la prova del dolo o quanto meno della colpa.
Il danno non patrimoniale, poi, consiste nel pregiudizio che deriva dalla lesione dei diritti della persona costituzionalmente garantiti e si declina nelle diverse voci di danno morale (quale turbamento transuente dello stato d'animo), danno esistenziale (che compromette la possibilità di svolgere attività che realizzano la persona umana e modifica sensibilmente le abitudini di vita), danno biologico (ovvero la lesione psicofisica della persona, suscettibile di accertamento medico legale, che incide sul suo quotidiano e sulle sue relazioni prescindendo dalla sua capacità reddituale). Il danno non patrimoniale costituisce, precisamente, un modello unitario del quale le singole voci appena citate hanno solo una mera valenza descrittiva. E così, quando il fatto illecito integra gli estremi del reato, spetta alla vittima il riconoscimento del danno non patrimoniale nella sua più ampia accezione, ivi compreso il danno morale inteso quale sofferenza soggettiva causata dal reato.
Tribunale di Lecce, sezione I, sentenza 11 ottobre 2022 n. 2808

APPALTO
Contratto di appalto – Direttore dei lavori – Competenza – Diligenza
(Cc, articolo 2055)
Afferma il Tribunale di Firenze che, nell'appalto, tra i compiti riconducibili in capo al direttore dei lavori rientrano – tra l'altro - la segnalazione di situazioni anomale riscontrate nel corso dell'appalto e l'adozione di tutti gli accorgimenti volti a garantire che l'opera risulti immune da difetti e vizi.
Il direttore dei lavori invero è tenuto – al di là dell'aver realizzato o meno i progetti relativi alle opere - ad impartire le istruzioni necessarie affinché l'opera venga realizzata conformemente alle aspettative del committente, nonché verificarne l'ottemperanza da parte dei soggetti ai quali sono indirizzate. Il compito del direttore dei lavori, in altre parole, è quello di esercitare in luogo del committente quei medesimi poteri di controllo sull'attuazione dell'appalto, con una valenza tecnica particolare che gli impone di vigilare affinchè l'opera sia eseguita in maniera conforme al progetto, al capitolato e alle regole della buona tecnica. La diligenza del direttore dei lavori deve essere poi valutata non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della diligentia quam in concreto, cioè tenendo conto della specifica perizia e delle capacità tecniche esigibili nel caso concreto, ben potendo il professionista essere chiamato a rispondere in solido con l'appaltatore dei vizi e difetti dell'opera. Con la precisazione che il vincolo di responsabilità solidale fra l'appaltatore, il progettista e il direttore dei lavori, i cui rispettivi inadempimenti abbiano concorso in modo efficiente a produrre il danno risentito dal committente, trova fondamento nel principio ex articolo 2055 c.c., il quale, anche se dettato in tema di responsabilità extracontrattuale, si estende all'ipotesi in cui taluno degli autori del danno debba rispondere a titolo di responsabilità contrattuale.
La natura solidale del debito risarcitorio va infatti affermata, pur a fronte di obbligazioni contrattuali aventi fonti distinte, essendo sufficiente - per la sussistenza della solidarietà - che le azioni e le omissioni di ciascuno abbiano concorso in modo efficiente a produrre l'evento, a nulla rilevando che le stesse costituiscano autonomi e distinti fatti illeciti, o violazioni di norme giuridiche diverse.
Tribunale di Firenze, sezione III, sentenza 12 ottobre 2022 n. 2835

DEBITO SOLIDALE
Debito solidale – Transazione – Effetti
(Cc, articolo 1304)
Sottolinea in sentenza il Tribunale di Napoli come la norma dell'articolo 1304, I, c.c., nel consentire, in deroga al principio secondo cui il contratto produce effetti solo tra le parti, che il condebitore in solido, pur non avendo partecipato alla stipulazione della transazione tra creditore e uno dei debitori solidali, se ne possa avvalere, si riferisce esclusivamente all'atto di transazione che abbia ad oggetto l'intero debito.Tale norma non include, quindi, anche la transazione parziale che, in quanto tesa a determinare lo scioglimento della solidarietà passiva, riguarda unicamente il debitore che vi aderisce e non può coinvolgere gli altri condebitori, che non hanno alcun titolo per profittarne.
Precisamente, la citata disposizione codicistica, secondo cui «la transazione fatta dal creditore con uno dei debitori in solido non produce effetto nei confronti degli altri se questi non dichiara di volerne profittare», si riferisce unicamente alla transazione che abbia ad oggetto l'intero debito, e non la sola quota del debitore con cui è stipulata, poichè è la comunanza dell'oggetto della transazione che comporta, in deroga – come detto - al principio secondo cui il contratto produce effetti solo tra le parti, la possibilità per il condebitore solidale di avvalersene pur non avendo partecipato alla sua stipulazione.
Se, invece, la transazione stipulata tra il creditore ed uno dei condebitori solidali abbia avuto ad oggetto la sola quota del condebitore che l'ha stipulata, occorre distinguere: nel caso in cui il condebitore che ha transatto abbia versato una somma pari o superiore alla sua quota ideale di debito, il residuo debito gravante sugli altri debitori in solido si riduce in misura corrispondente all'importo pagato; nel caso in cui, invece, il pagamento è stato inferiore, il debito residuo gravante sugli altri coobbligati deve essere ridotto in misura pari alla quota di chi ha transatto.
Tribunale di Napoli, sezione XIV, sentenza 12 ottobre 2022 n. 8941

RESPONSABILITA' E RISARCIMENTO
Editore – Responsabilità – Pubblicazione di una fotografia
(Cc, articoli 2043, 2055 ; legge 47/1948,, articolo 11)
Sottolinea in sentenza il Tribunale di Bologna come il Legislatore abbia previsto che l'editore è civilmente responsabile ex art. 11 L. n. 47/1948 (Legge sulla stampa) dei reati commessi con il mezzo della stampa, in solido con il giornalista e il proprietario della pubblicazione. Non solo. L'editore – come chiunque altro – è soggetto alla responsabilità per fatto illecito ex art. 2043 c.c. qualora dalla sua condotta, anche omissiva, sia derivato un danno a terzi. E così, in base ai principi generali in tema di responsabilità per fatto illecito, non può escludersi la responsabilità dell'editore, quantomeno a titolo di concorso nel fatto illecito del giornale ex artt. 2043 e 2055 c.c. per omesso controllo, a fronte della pubblicazione di un contenuto (una fotografia) che se non appartiene al giornalista o alla testata giornalistica è certamente riconducibile ad un autore, essendo altresì notorio che la fotografia (opera o fotografia semplice) è tutelata dalla legge autorale.In altri termini, è dato affermare che nella pubblicazione di una fotografia senza il consenso e l'autorizzazione del suo autore ricorre la responsabilità per fatto illecito ex artt. 2043 e 2055 c.c. di tutti i soggetti che hanno partecipato alla pubblicazione, compreso l'editore, senza l'intervento del quale – evidentemente – non sarebbe stata possibile la pubblicazione; cioè a dire che grava su tutti i soggetti la cui attività è necessaria per la pubblicazione del contenuto editoriale verificare, con la diligenza proprio del tipo di pubblicazione, di non ledere diritti di terzi.Con la precisazione che, nel caso della pubblicazione di una fotografia che non appartenga al giornale o al giornalista, vieppiù se reperita su internet, tale soglia di diligenza impone di riscontrare la paternità della fotografia e di richiedere il consenso alla pubblicazione al suo autore. È dunque da valutarsi non meno illecito il fatto della pubblicazione (senza il consenso degli aventi diritto) di una fotografia che sia stata reperita su internet e che recava già l'indicazione dell'autore e dell'agenzia che ne aveva i diritti, estrapolando la dicitura che ne riconduceva i diritti esclusivi in capo ad altri.
Tribunale di Bologna, sezione impresa, sentenza 13 ottobre 2022 n. 2548

PROCEDIMENTO CIVILE
Azione generale di arricchimento – Terzo avvantaggiato – Esperibilità – Esclusione
(Cc, articoli 2041, 2042)
È affermazione in punto di diritto del Tribunale di Catanzaro quella secondo cui il Legislatore civile, ex articolo 2041 c.c., ha individuato l'azione generale di arricchimento, volta essenzialmente ad evitare che possano sussistere degli spostamenti patrimoniali senza giustificazione, come si evince dal dato letterale secondo cui "chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un'altra persona è tenuto...a indennizzare quest'ultima...". La proponibilità dell'azione generale di indebito arricchimento, in relazione al requisito di sussidiarietà di cui all'articolo 2042 c.c., postula semplicemente che non sia prevista nell'ordinamento giuridico altra azione tipica a tutela di colui che lamenti il depauperamento, ovvero che la domanda sia stata respinta sotto il profilo della carenza "ab origine" dell'azione proposta, per difetto del titolo posto a suo fondamento.
La norma, in definitiva, richiede la sussistenza di un arricchimento di un determinato soggetto nei confronti di un altro in assenza di una valida causa giustificativa. Pertanto, si tratta di un'azione personale, esperibile, cioè, solo tra i soggetti che sono parte del rapporto che ha causato lo spostamento patrimoniale. Il Tribunale adito passa così a chiedersi se possa configurarsi giuridicamente un'azione ex articolo 2041 c.c. contro il terzo avvantaggiato. Sul punto opta per la soluzione negativa precisando che il Legislatore con l'inciso "correlativa diminuzione patrimoniale", abbia escluso tale possibilità. Infatti, il concetto di correlatività comporta la sussistenza di un collegamento eziologico diretto ed immediato tra arricchito e depauperato, sine causa. L'impoverimento deve essere causa dell'arricchimento, per cui va esclusa l'esperibilità dell'azione verso il terzo, perché, costui sarebbe solo soggetto avvantaggiato in modo indiretto, con la conseguenza di non aver potuto causare direttamente un danno all'istante. L'articolo 2041 c.c. non può trovare applicazione nei confronti del terzo, perché questi non si è arricchito a danno di un'altra persona. Incombe poi a carico di colui che promuove l'azione di indebito arricchimento provarne i fatti costitutivi, e cioè il pregiudizio proprio e la dipendenza di questo da una non giustificata locupletazione del convenuto.
Tribunale di Catanzaro, sezione II, sentenza 13 ottobre 2022 n. 1453

CONDOMINIO
Condominio negli edifici – Delibere assembleari - Sindacato giurisdizionale
(Cc, articolo 1137)
Osserva il Tribunale di Roma come, in tema di condominio negli edifici, il sindacato dell'Autorità Giudiziaria sulle delibere assembleari non possa estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità di cui dispone l'assemblea, quale organo sovrano della volontà dei condomini, ma si debba limitare ad un riscontro di legittimità che, oltre ad avere riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale, può abbracciare anche l'eccesso di potere, purché la causa della deliberazione risulti falsamente deviata dal suo modo di essere, in quanto anche in tal caso lo strumento di cui all'articolo 1137 c.c. non è finalizzato a controllare l'opportunità (o la convenienza) della soluzione adottata dall'impugnata delibera ma solo a stabilire se la decisione collegiale sia, o meno, il risultato del legittimo esercizio del potere dell'assemblea. Ne consegue che esulano dall'ambito del sindacato giurisdizionale sulla deliberazione condominiale le censure inerenti alla vantaggiosità della scelta operata dall'assemblea, nonché sui costi da sostenere nella gestione delle spese relative alle cose e ai servizi comuni, o ancora con riguardo alla scelta delle ditte ed ai tecnici a cui affidare l'incarico o il lavoro. Ed invero la scelta dell'assemblea condominiale di affidare un incarico, o un lavoro, ad una determinata ditta o persona costituisce esercizio di un potere amministrativo gestionale del tutto discrezionale, il cui sindacato esula dai poteri del Giudice investito del vaglio sulle questioni condominiali, il quale non può estendere il suo controllo alla valutazione del merito di una delibera condominiale, dovendosi limitarsi al solo riscontro della sua legittimità. Se è vero, infatti, che in tale ultimo riscontro rientra pure l'accertamento della sussistenza di un eventuale vizio per eccesso di potere, non vi rientra valutare l'opportunità di una scelta effettuata dall'assemblea tra una ditta proposta per un determinato lavoro ed un'altra, anche nel caso che sia stato scelto un preventivo più oneroso, potendo peraltro una tale scelta essere finalizzata a privilegiare proposte più complete anche in termini qualitativi rispetto ai preventivi meno onerosi.
Tribunale di Roma, sezione V, sentenza 13 ottobre 2022 n. 14967

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