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Impugnazione del bando di gara, una visione di insieme

Nella ricostruzione normativa e giurisprudenziale si conferma la regola generale dell'impossibilità di impugnare immediatamente le clausole del bando e che l'impugnabilità del provvedimento escludente postula la necessaria partecipazione dell'operatore economico alla gara. Costituisce, dunque, un'eccezione l'ipotesi in cui l'operatore economico, ancorché non abbia partecipato alla procedura concorrenziale, possa impugnare immediatamente il bando di gara

di Paolo Vincenzo Rizzardi

La tematica dell'impugnazione delle clausole del bando di gara risulta essere più che complessa, in quanto l'ordinario "modus" – partecipazione alla gara ed impugnazione del provvedimento attuativo escludente e della lex specialis - deve tenere conto di due pronunce rese dal Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria.

La prima si identifica nella decisione n. 04/2018, la quale, oltre a confermare l'orientamento prevalente, esegue un'efficace classificazione delle clausole definite "immediatamente escludenti".

L'eterogeneità e la complessità della tematica è, altresì, evidenziata dalla sentenza n. 22/2020, la quale chiarisce che le clausole di senso escludente stabilite dalla stazione appaltate ed in contrasto con il disposto normativo, di cui all'articolo 83, comma 8, del decreto legislativo n. 50/2016, sono affette da nullità parziale, a cui consegue, da un lato, l'inapplicabilità del regime della nullità totale – previsto dall' articolo 31, comma 4, del decreto legislativo n. 104/2010 ( d'ora in avanti c.p.a.) e dall'articolo 21 septies della legge n. 241/1990- e, dall'altro lato, l'annullabilità del provvedimento attuativo.
Ciò premesso, appare opportuno analizzare selettivamente le due pronunce al fine di trarne le relative conclusioni.

CONSIGLIO DI STATO IN ADUNANZA PLENARIA 04/2018

La decisione in commento origina dall'ordinanza collegiale n. 5138 del 7 novembre 2017, con la quale la III sezione del Consiglio di Stato, ai sensi dell'articolo 99 c.p.a., ha rimesso all'Adunanza Plenaria quattro quesiti:

"a) se, avuto anche riguardo al mutato quadro ordinamentale, i principi espressi dall'Adunanza plenaria n.1/2003 possano essere ulteriormente precisati nel senso che l'onere di impugnazione immediata del bando sussista anche per il caso di erronea adozione del criterio del prezzo più basso, in luogo di quello del miglior rapporto tra qualità e prezzo;

b) se l'onere di immediata impugnazione del bando possa affermarsi più in generale per tutte le clausole attinenti alle regole formali e sostanziali di svolgimento della procedura di gara, nonché con riferimento agli altri atti concernenti le fasi della procedura precedenti l'aggiudicazione, con la sola eccezione delle prescrizioni generiche e incerte, il cui tenore eventualmente lesivo è destinato a disvelarsi solo con i provvedimenti attuativi;

c) se, nel caso in cui l'Adunanza plenaria affermi innovativamente il principio dell'immediata impugnazione delle clausole del bando di gara riguardanti la definizione del criterio di aggiudicazione, e individui, eventualmente, ulteriori ipotesi in cui sussiste l'onere di immediata impugnazione di atti della procedura precedenti l'aggiudicazione, la nuova regola interpretativa si applichi, alternativamente:

I) con immediatezza, anche ai giudizi in corso, indipendentemente dall'epoca di indizione della gara;

II) alle sole gare soggette alla disciplina del nuovo codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50/2016;

II) ai soli giudizi proposti dopo la pubblicazione della sentenza dell'Adunanza plenaria, in conformità alle regole generali dell'errore scusabile e dell'irretroattività dei mutamenti di giurisprudenza incidenti sul diritto vivente (secondo i principi dell'overruling);

d) se, nel caso di contestazione del criterio di aggiudicazione o, in generale, dell'impugnazione di atti della procedura immediatamente lesivi, sia necessario, ai fini della legittimazione a ricorrere, che l'operatore economico abbia partecipato alla gara o manifestato formalmente il proprio interesse alla procedura, ovvero sia sufficiente la dimostrazione della qualità di operatore economico del settore, in possesso dei requisiti generali necessari per partecipare alla selezione".


• SULLA POSSIBILITÀ PER IL GIUDICE DI APPELLO DI RILEVARE EX OFFICIO LA SUSSISTENZA DEI PRESUPPOSTI DEL RICORSO DI PRIMO GRADO IN CARENZA DI PRONUNCIA DEL GIUDICE DI PRIME CURE

Il primo quesito sottoposto all'Adunanza Plenaria è quello se, attesa l'assenza di una pronuncia del giudice di primo grado sui presupposti processuali e sulle condizioni dell'azione, sussista la possibilità per il giudice di secondo grado di valutare tali profili o, in alternativa, se su di essi venga a crearsi un giudicato implicito.
Sottolinea l'Adunanza Plenaria che la questione deve essere risolta attraverso il disposto degli articoli 35 e 9 del c.p.a.

Infatti, l'articolo 35 c.p.a., previsto dal Titolo IV del Libro I "Disposizioni generali", rappresenta una prescrizione normativa che inerisce l'intero processo amministrativo e, quindi, sarebbe errato escludere che la disposizione in commento non si applichi anche ai giudizi d'appello.

Altresì, il principio del giudicato implicito appare essere limitato alle sole questioni di giurisdizione, impendendo, dunque, che l'assenza di una decisione, ad opera del giudice di prime cure, su una condizione dell'azione o su un presupposto processuale, possa generare un giudicato implicito su tali profili.

L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato evidenzia, invero, che: "Sulla scorta di una semplice esegesi del diritto positivo, dunque, sembra possibile in via piana ricostruire un sistema fondato sulla regola generale del possibile rilievo ex officio di tutte le questioni (condizioni dell'azione e presupposti processuali) che condizionano la possibilità di pervenire ad una pronuncia di merito, e su una espressa eccezione a tale criterio generale, rappresentata dal formarsi di un c.d. "giudicato implicito" sulla problematica relativa alla spettanza della giurisdizione al giudice adito. […] in sostanza il giudice amministrativo, in qualsiasi stato e grado, ha il potere e il dovere di verificare se ricorrono le condizioni cui la legge subordina la possibilità che egli emetta una decisione nel merito, né l'eventuale inerzia di una delle parti in causa, nel rilevare una questione rilevabile d'ufficio, lo priva dei relativi poteri-doveri officiosi, atteso che la legge non prevede che la mancata presentazione di parte di un'eccezione processuale degradi la sua rilevabilità d'ufficio in irrilevabilità, che equivarrebbe a privarlo dell'autonomo dovere di verifica dei presupposti processuali e delle condizioni dell'azione".

Pertanto, fugando ogni dubbio interpretativo, l'Adunanza Plenaria ritiene che: "[…] considerato l'univoco tenore letterale degli artt. 9, 35 e 104 del c.p.a. prima citati, […] debba fornirsi risposta positiva al quesito concernente la permanente possibilità per il giudice di appello di rilevare ex officio la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la proposizione del ricorso di primo grado in carenza di pronuncia del giudice di primo grado, sul punto".

• SUL REGIME DI IMPUGNAZIONE DELLE CLAUSOLE DEL BANDO DI GARA

Il Consiglio di Stato chiarisce che in materia di impugnazione delle clausole del bando di gara sono due le regole generali.

Preliminarmente, è opportuno sottolineare che il bando di gara è un atto amministrativo, sussunto nella categoria degli atti amministrativi generali, i quali, a loro volta, si differenziano dagli atti normativi.

Infatti, mentre gli atti normativi sono caratterizzati dalla generalità, ossia l'attitudine a riferirsi a destinatari non determinabili né a priori né a posteriori, dall'astrattezza, atteso che un atto normativo è passibile di applicazioni indeterminate e dall'innovatività, poiché l'atto introduce un quid novi all'interno dell'ordinamento giuridico; gli atti amministrativi generali – come i bandi di gara – non appaiano né generali né astratti né innovativi.

Invero, relativamente alla generalità, il bando di gara è caratterizzato solo ex ante dall' indeterminatezza dei destinatari, in quanto scaduti i termini per presentare domanda, la platea dei concorrenti diviene determinata.

Per quanto concerne l'astrattezza, il bando di gara non è passibile di applicazione reiterata, ma è volto a disciplinare una singola procedura.

Infine, gli atti amministrativi generali non sono dotati di innovatività, poiché non innovano l'ordinamento giuridico, ma costituisco la lex specialis della procedura.

Ciò posto, la giurisprudenza costante ritiene che soltanto colui che ha partecipato alla gara è abilitato ad impugnare l'esito della stessa.

La principale argomentazione a sostegno di questa ricostruzione è quella in forza della quale si osserva che soltanto il concorrente è portatore di una posizione "differenziata", funzionale ad adire l'autorità giudiziaria. Infatti, la legittimazione ad impugnare "[…] deve essere correlata ad una situazione differenziata e dunque meritevole di tutela, in modo certo, per effetto della partecipazione alla stessa procedura oggetto di contestazione" e che "chi volontariamente e liberamente si è astenuto dal partecipare ad una selezione non è dunque legittimato a chiederne l'annullamento ancorché vanti un interesse di fatto a che la competizione - per lui res inter alios acta - venga nuovamente bandita".

La seconda regola generale postula che, attesa la natura giuridica di atti amministrativi generali, i bandi di gara non producono, tendenzialmente, un immediato effetto pregiudizievole per i suoi destinatari, ma esso, invece, è determinato dagli atti attuativi applicativi delle relative clausole.

Ciò conduce, pertanto, a sostenere che i bandi di gara vanno, normalmente, impugnati unitamente agli atti applicativi, in quanto è con l'adozione di quest'ultimi che si "attualizza" la lesione alla posizione giuridica soggettiva dell'interessato.

Ciò premesso, tuttavia, la giurisprudenza del Consiglio di Stato è costante nel ritenere che la regola suesposta subisca delle deroghe in casi speciali.

Infatti, il Consiglio di Stato chiarisce i casi tassativi in cui un soggetto, ancorché non abbia partecipato alla procedura, possa adire l'autorità giudiziaria. In particolare, il Collegio si riferisce alle ipotesi in cui:

"I) si contesti in radice l'indizione della gara;
II) all'inverso, si contesti che una gara sia mancata, avendo l'amministrazione disposto l'affidamento in via diretta del contratto;
III) si impugnino direttamente le clausole del bando assumendo che le stesse siano immediatamente escludenti."
Il merito della pronuncia in commento è quello, anche, di aver espresso in un unico testo tutte le ipotesi enucleate dalla giurisprudenza amministrativa in varie pronunce.
Infatti, al capo 16.5 della sentenza, il Consiglio di Stato puntualizza che "vanno fatte rientrare nel genus delle "clausole immediatamente escludenti" le fattispecie di:
a) clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale (si veda Cons. Stato sez. IV, 7novembre 2012, n. 5671);
b) regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile (così l'Adunanza plenaria n. 3 del 2001);
c) disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell'offerta (cfr. Cons. Stato sez. V, 24 febbraio 2003, n. 980);
d) condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 21 novembre 2011 n. 6135; Cons. Stato, sez. III, 23 gennaio 2015 n. 293);
e) clausole impositive di obblighi contra ius (es. cauzione definitiva pari all'intero importo dell'appalto: Cons. Stato, sez. II, 19 febbraio 2003, n. 2222);
f) bandi contenenti gravi carenze nell'indicazione di dati essenziali per la formulazione dell'offerta (come ad esempio quelli relativi al numero, qualifiche, mansioni, livelli retributivi e anzianità del personale destinato ad essere assorbiti dall'aggiudicatario), ovvero che presentino formule matematiche del tutto errate (come quelle per cui tutte le offerte conseguono comunque il punteggio di "0" pt.);
g) atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando di gara dei costi della sicurezza "non soggetti a ribasso" (cfr. Cons. Stato, sez. III, 3 ottobre 2011 n. 5421)"
.

Al riguardo, il Consiglio di Stato chiarisce che sono escluse dall'onere di immediata impugnazione le prescrizioni del bando che abbiano ad oggetto il metodo di gara, il criterio di aggiudicazione e la valutazione dell'anomalia, in quanto esse non sono caratterizzate da profili immediatamente escludenti.

Altresì, l'Adunanza Plenaria sottolinea che anche sul piano del diritto europeo non si riviene alcuna disposizione che legittimi l'impugnazione diretta delle clausole non immediatamente escludenti da parte dell'operatore economico che non abbia depositato la domanda di partecipazione alla procedura. Infatti, la Corte di Giustizia, Sez. VI, 12 febbraio 2004, in causa C-230/02, ha stabilito che un operatore economico possa impugnare immediatamente una clausola del bando di gara, esclusivamente nel caso in cui quest'ultima esprima un effetto immediatamente escludente.
In conclusione, l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ritiene di doversi conformare al consolidato orientamento che stabilisce che sia precluso all'operatore economico, che non abbia presentato una domanda di partecipazione alla gara, contestare le clausole del bando non immediatamente escludenti.

• CONSIGLIO DI STATO IN ADUNANZA PLENARIA N. 22/2020 (segue).

La pronuncia in commento origina dall'impugnazione di un provvedimento di esclusione di un operatore economico che, essendo ricorso all'istituto dell'avvalimento rispetto ad una certificazione SOA, non aveva prodotto una propria attestazione SOA.

CENNI SULL'ISTITUTO DELL'AVVALIMENTO.

L'istituto dell'avvalimento, ai sensi dell'articolo 89 del decreto legislativo n. 50/2016, postula che un concorrente, singolo o in raggruppamento, possa soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico ed organizzativo, eccezion fatta per quelli di moralità, avvalendosi della capacità di altri soggetti, anche partecipanti al raggruppamento, sempre che il partecipante alla gara provi di aver a disposizione i mezzi di tale soggetto.

L'avvalimento è un istituto che opera nella fase pubblicistica, diversamente dal subappalto che si esplica nella fase esecutiva, ed attua il principio del libero mercato, consentendo la partecipazione alla competizione anche al soggetto sprovvisto dei requisiti tecnico, economico e finanziari mediante il prestito degli stessi dal soggetto avvalso che li possiede.
La ratio sottesa all'istituto è quella del principio comunitario secondo cui occorre assicurare la maggiore partecipazione possibile, permettendo, da un lato, alle imprese minori lo scambio dei requisiti e, dall'altro lato, di superare i rigorosi meccanismi di aggregazione imprenditoriale.
Pertanto, esso rappresenta un istituto di carattere generale, il quale non può essere limitato dalla stazione appaltante se non nelle ipotesi espressamente stabilite dalla legge.

Ciò premesso, l'avvalimento costituisce un contratto attraverso cui l'impresa ausiliaria si impegna a fornire all'impresa ausiliata (concorrente) i requisiti utili a quest'ultima per partecipare alla competizione. Ai sensi di tale impegno, il decreto legislativo n. 50/2016 prescrive che l'impresa ausiliaria è responsabile in solido nei confronti della stazione appaltante circa la prestazione oggetto del contratto. Da ciò si desumono i tratti differenziali rispetto all'istituto del subappalto, in quanto l'impresa ausiliaria non assume il rischio economico – imprenditoriale dell'esecuzione dell'opera, poiché tale tipologia di rischio è sopportata dal concorrente, ancorché l'impresa ausiliaria sia responsabile in via solidale nei confronti della stazione appaltante in relazione alle prestazioni oggetto del contratto.
Appare controversa, sia in dottrina sia in giurisprudenza, la natura giuridica del contratto di avvalimento.

Infatti, una prima ricostruzione sostiene che il contratto di avvalimento sia accostabile al contratto di noleggio, in quanto le due tipologie negoziali condividono la terzietà dell'impresa ausiliaria nei confronti della stazione appaltante. Tale orientamento è, tuttavia, criticato da coloro i quali evidenziano che, da un lato, il contratto di noleggio è previsto dallo stesso decreto legislativo n. 50/2016 e, dall'altro lato, che tali disposizioni non stabiliscono alcuna responsabilità solidale in capo al noleggiatore.

Un altro orientamento sostiene, invece, che l'avvalimento costituisce un contratto atipico equiparabile al mandato. Al riguardo, anche tale ricostruzione è stata criticata da una parte della dottrina (Cirillo) che evidenzia la diversità della prestazione sottesa al contratto di mandato rispetto a quello di avvalimento. Infatti, nell'avvalimento l'impresa ausiliaria assume l'obbligo di mettere a disposizione del concorrente le risorse necessarie per l'intera durata dell'appalto. Tale prestazione appare diversa rispetto a quella sottesa al contratto di mandato, così come stabilito dall'articolo 1703 c.c., ossia l'obbligo del mandatario di eseguire una prestazione, quantomeno, per conto del mandante.

Un'altra ricostruzione assimila il contratto di avvalimento a quello di affitto d'azienda. Tuttavia, anche questa opera di tipizzazione è stata oggetto di critiche (Cirillo), in quanto si osserva che l'impresa ausiliaria, con il contratto di avvalimento, non assume la detenzione dell'azienda o di in suo ramo, diversamente da quanto accade nel contratto di locazione.
Secondo un'altra tesi, avvallata dal Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria n. 23/2016, concorrono a definire il contratto in commento tanto quello di mandato, nella parte in cui si stabiliscono il compimento di alcuni atti giuridici da parte dell'ausiliaria, che quello dell'appalto di servizi e di garanzia atipica.

Ulteriormente, tanto la giurisprudenza quanto la dottrina si sono interrogate sulla forma del contratto. In proposito, il Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria, con decisione n. 23/2016, ha chiarito che il contratto di avvalimento debba riportare "in modo compiuto, esplicito ed esauriente […] le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico".
Sul punto occorre distinguere l'avvalimento c.d. di garanzia dall'avvalimento c.d. tecnico operativo.

Rispettivamente, la prima ipotesi ricorre nel caso in cui l'ausiliaria metta a disposizione del concorrente la propria solidità economica e finanziaria.
Il contratto di avvalimento di tipo tecnico od operativo, invece, postula che l'impresa ausiliaria si impegni a mettere a disposizione dell'impresa ausiliata le proprie risorse tecnico – organizzative funzionali all'esecuzione dell'appalto –come ad esempio la dotazione di personale-.

La rilevanza della distinzione si coglie sotto l'aspetto della precisione del contratto. Infatti, nel caso dell'avvalimento tecnico od operativo è possibile individuare con precisione le risorse che saranno destinate al concorrente della gara.

Nell'avvalimento di garanzia, invece, appare più complessa l'individuazione delle risorse da mettere a disposizione, atteso che la forma del regolamento contrattuale non impone il riferimento a specifici beni patrimoniali. Pertanto, il requisito della determinatezza appare essere soddisfatto se dalla "[…] dichiarazione emerga l'impegno contrattuale dell'ausiliaria a prestare ed a mettere a disposizione dell'ausiliata la sua complessiva solidità finanziaria ed il patrimonio esperenziale, così garantendo una determinata affidabilità e un concreto supplemento di responsabilità" (Cons. Stato, sez. V, 22 novembre 2017, n.5429).

Ciò premesso, per quanto concerne i limiti di applicabilità dell'istituto, l'articolo 89 del decreto legislativo n. 50/2016, nell'ottica di favorire il principio del libero mercato, stabilisce che sono ammessi tanto l'avvalimento "plurimo" (art. 89, comma 6, del decreto legislativo n. 50/2016), e "frazionato" – così come sostenuto dalla giurisprudenza maggioritaria- quanto la sostituzione dell'impresa ausiliaria, ai sensi dell'articolo 89, comma 3, del decreto legislativo n. 50/2016, nei casi di insoddisfazione da parte di quest'ultima dei criteri di selezione. Altresì, il comma 8 del medesimo articolo stabilisce che l'impresa ausiliaria possa assumere la veste di società subappaltatrice.

Quanto al concetto di sostituzione dell'impresa ausiliaria, il decreto legislativo n. 50/2016 distingue le ipotesi di sostituzione in caso di non soddisfazione del criterio di selezione o in cui sussistono motivi obbligatori di esclusione dall'ipotesi in cui l'impresa ausiliaria esprima delle dichiarazioni mendaci. Infatti, rispettivamente, nel primo caso, come precedentemente chiarito, il concorrente ha la possibilità di sostituire l'impresa ausiliaria, in deroga al principio di immodificabilità soggettiva del concorrente. Diversamente, nel caso dichiarazioni mendaci espresse dall'impresa ausiliaria alla stazione appaltante, quest'ultima, sembrerebbe dal dato letterale, che debba, oltre che escutere la garanzia, escludere il concorrente dalla gara. Tuttavia, la Corte di Giustizia, sez. IX, con sentenza del 3 giugno 2021 (causa C-210/20), ha ritenuto tale disposizione in contrasto con l'articolo 63 della direttiva 2014/24/UE letto in combinato disposto con l'articolo 57 della medesima direttiva e del principio di proporzionalità, nella parte in cui prescrive alla stazione appaltante di escludere automaticamente l'offerente dalla procedura di aggiudicazione per una dichiarazione mendace espressa dall'impresa ausiliaria, senza permettere la sostituzione di quest'ultima.

Altresì, il Collegio sottolinea l'inammissibilità dell'avvalimento c.d. "a cascata", ai sensi dell'articolo 89, comma 6, del decreto legislativo n. 50/2016, ossia l'ipotesi in cui l'impresa ausiliaria si avvalga a sua volta di un'altra persona giuridica al fine di soddisfare il requisito e dell'avvalimento c.d. "meramente premiale".

Relativamente a quest'ultimo concetto, il Consiglio di Stato, sez. V, con decisione n. 2526/2021 , ha ritenuto non ammissibile un avvalimento meramente premiale, ossia eseguito al solo fine di ottenere un maggior punteggio e non per integrare i requisiti di partecipazione di cui il concorrente appare privo. Diversamente, tale ricostruzione ha ritenuto ammissibile l'avvalimento premiale, ossia l'ipotesi in cui il concorrente si avvale di un'impresa ausiliaria al fine di integrare i requisiti di cui è privo, ottenendo, al tempo stesso, il maggior punteggio derivante dal contratto di avvalimento.

Ulteriori limiti al ricorso all'avvalimento sono normativamente previsti dall'articolo 89, commi 4, 10 e 11 del decreto legislativo n. 50/2016. Tali preclusioni, tuttavia, sono state etichettate di dubbia compatibilità comunitaria da una parte della dottrina, in quanto la disciplina sovranazionale non contempla tali limitazioni.

• CONSIGLIO DI STATO IN ADUNANZA PLENARIA N. 22/2020: AMMISSIBILITÀ DELL'AVVALIMENTO DELLA CERTIFICAZIONE SOA E PRINCIPIO DI TASSATIVITÀ DELLE CAUSE DI ESCLUSIONE.

Preliminarmente, occorre chiarire che l'articolo 84, comma 1, del decreto legislativo n. 50/2016 impone che i soggetti esecutori di un appalto di lavori pubblici di importo superiore a € 150.000 debbano provare il possesso dei requisiti di qualificazione, di cui all'articolo 83 del decreto legislativo n. 50/2016, mediante attestazione da parte di appositi organismi di diritto privato autorizzati dall'A.N.A.C.

Al riguardo, il punto 20 del disciplinare di gara, oggetto di vaglio giurisdizionale, stabiliva che in tanto gli operatori economici potessero avvalersi dell'attestazione SOA di altro soggetto in quanto fossero a loro volta titolari di un'attestazione SOA - ovviamente - di contenuto diverso rispetto a quella sottesa all'avvalimento.

Pertanto, con il primo motivo di ricorso si contestava la disposizione del bando di gara secondo cui l'operatore economico, per ricorrere all'avvalimento di un'attestazione SOA, doveva possedere già un'attestazione SOA, pena la sua esclusione.

Dunque, tale disposizione, secondo la prospettazione difensiva, appariva in contrasto con il principio di tassatività delle cause di esclusione, sancito dall'articolo 83, comma 8, ultima parte, del decreto legislativo n. 50/2016.

Prima di risolvere il quesito posto dal ricorrente, il Collegio evidenzia che l'istituto dell'avvalimento, di cui all'articolo 89 del decreto legislativo n. 50/2016, stabilisce che le uniche ipotesi in deroga alla generale applicazione di esso sono quelle contemplate ai commi 4,10 e 11 della medesima disposizione.
Pertanto, dal quadro normativo emerge che la stazione appaltante non può limitare l'uso dell'avvalimento, se non nei casi tassativamente previsti dalla legge.

Al riguardo, è opportuno precisare che ad un primo orientamento – antecedente all'introduzione dell'articolo 89, comma 1, del decreto legislativo n. 50/2016 – che negava l'ammissibilità dell'avvalimento dell'attestazione SOA, in quanto essa veniva interpretata come presupposto "personalistico", è seguita, atteso anche l'attuale quadro normativo, una ricostruzione favorevole all'avvalimento delle certificazioni SOA.
Infatti, la principale argomentazione a sostegno di questa ricostruzione è quella in forza della quale si ritiene che la certificazione di qualità costituisca un requisito speciale di natura tecnico-organizzativo e, quindi, suscettibile di avvalimento.

Tuttavia, al fine di evitare che l'avvalimento dell'attestazione SOA si traduca in un mezzo per eludere il sistema di qualificazione, il Collegio ha sottoposto l'avvalimento della certificazione a due condizioni:
"a) che oggetto della messa a disposizione sia l'intero setting di elementi e requisiti che hanno consentito all'impresa ausiliaria di ottenere il rilascio dell'attestazione SOA;
b) che il contratto di avvalimento dia conto, in modo puntuale, del complesso dei requisiti oggetto di avvalimento, senza impiegare formule generiche o di mero stile".


Ciò conduce a sostenere che in materia di gare pubbliche, quando l'oggetto dell'avvalimento è un'attestazione SOA, occorre, ai fini dell'idoneità del contratto, che l'ausiliaria metta a disposizione dell'ausiliata l'intera organizzazione aziendale, "[…] comprensiva di tutti i fattori della produzione e di tutte le risorse, che, complessivamente considerate, le hanno consentito di acquisire l'attestazione da mettere a disposizione (Cons. St., sez. V, 16 maggio 2017, n. 2316, Cons. St., sez. V, 12 maggio 2017, n. 2226), sicché è onere del concorrente dimostrare che l'impresa ausiliaria non si impegna semplicemente a prestare il requisito soggettivo richiesto e, nel caso di specie, l'attestazione SOA, quale mero requisito astratto e valore cartolare, ma assume la specifica obbligazione di mettere a disposizione dell'impresa ausiliata, in relazione all'esecuzione dell'appalto, le proprie risorse e il proprio apparato organizzativo, in tutte le parti che giustificano l'attribuzione del requisito di qualità".

Ciò chiarito, il Collegio ritiene che l'obbligo imposto dal disciplinare di gara, ai sensi dell'articolo 20, costituisca un adempimento formale e procedurale contrastante con gli articoli 83, 84 e 89 del decreto legislativo n. 50/2016.

Per quanto concerne gli articoli 84 e 89 del decreto legislativo n. 50/2016, l'Adunanza Plenaria sottolinea che le amministrazioni aggiudicatrici non possono limitare l'istituto dell'avvalimento se non nei casi previsti dalla legge. Pertanto, qualsiasi preclusione appare illegittima, in quanto contrastante con il dato normativo.

Relativamente all'articolo 83, comma 8, del decreto legislativo n. 50/2016, il Consiglio di Stato chiarisce che le stazioni appaltanti possono prevedere a pena di esclusione requisiti di capacità economico-finanziaria o tecnica. Diversamente, appare in contrasto con il principio di tassatività delle cause di esclusione l'imposizione da parte dall'amministrazione aggiudicatrice di ulteriori adempimenti formali a pena di esclusione.
Al riguardo, quindi, questa ricostruzione giurisprudenziale evidenzia che le stazioni appaltanti possano richiedere discrezionalmente a pena di esclusione specifici requisiti di capacità economico-finanziaria o tecnica, sempre che quest'ultimi siano proporzionati all'appalto.

Diversamente, l'Adunanza Plenaria stigmatizza l'imposizione di adempimenti formali che ostacolino la partecipazione alla gara, come è avvenuto nella controversia in commento per l'avvalimento dell'attestazione SOA.

Dunque, da tali coordinate ermeneutiche emerge che il divieto di prevedere ulteriori cause di esclusione, sancito dall'articolo 83, comma 8, del decreto legislativo n. 50/2016, debba intendersi riferito esclusivamente alle clausole che stabiliscono l'imposizione di ulteriori adempimenti formali non prescritti dalla legge e non anche alle clausole che richiedano, a pena di esclusione, ulteriori requisiti di capacità economico-finanziaria o tecnica.

"Pertanto risulta illegittima, per violazione degli artt. 84 e 89, comma 1, del d. lgs. n. 50 del 2016, la clausola del disciplinare di gara che, senza indicare le specifiche ragioni ai sensi dell'art. 89, comma 4, del d. lgs. n. 50 del 2016, subordini l'avvalimento dell'attestazione SOA alla produzione, in sede di gara, dell'attestazione SOA della impresa ausiliata, ed è conseguentemente di per sé illegittima, come ha statuito il TAR, l'esclusione dell'odierna appellata dalla gara, non essendo peraltro contestato ed anzi essendo stato accertato nel corso del giudizio – come ha ben messo in rilievo la sezione remittente nel respingere, con statuizione ormai coperta da giudicato interno, il ricorso incidentale di [Omissis] – il requisito di idoneità professionale di [Omissis], ai sensi dell'art. 83, comma 1, lett. a), del d. lgs. n. 50 del 2016, quale operatore economico del settore".

Ciò premesso, relativamente alle conseguenze, il Collegio ha chiarito che l'illegittimità della causa escludente determina la nullità parziale della stessa, a cui non consegue l'invalidità dell'intero bando. Altresì, si evidenzia che il concorrente che si ritenga pregiudicato non debba impugnare immediatamente la clausola del bando escludente, poiché essa è come se fosse non apposta.

Al riguardo, il Collegio chiarisce che non trovano applicazione né l'articolo 21 septies della legge n. 241/1990 né l'articolo 30 c.p.a., i quali si riferiscono alle ipotesi in cui il provvedimento sia affetto da nullità totale e non parziale, come nel caso in questione. Pertanto, si ritiene che la clausola del disciplinare di gara, caratterizzata da nullità parziale, sia improduttiva di effetti e, quindi, non impugnabile.

Diversamente, si dovrà procedere all'impugnazione del provvedimento escludente entro il termine di decadenza di 30 giorni previsto dalla legge. Sul punto, il Consiglio di Stato evidenzia che a fronte di una nullità parziale della clausola escludente, il provvedimento attuativo appare annullabile (e non nullo) e, dunque, necessariamente impugnabile, al fine di evitare la stabilizzazione degli effetti negativi dell'atto.

Ciò ha condotto l'Adunanza Plenaria ad esprimere i seguenti princìpi di diritto:

"a) la clausola del disciplinare di gara che subordini l'avvalimento dell'attestazione SOA alla produzione, in sede di gara, dell'attestazione SOA anche della stessa impresa ausiliata si pone in contrasto con gli artt. 84 e 89, comma 1, del d. lgs. n. 50 del 2016 ed è pertanto nulla ai sensi dell'articolo 83, comma 8, ultimo periodo, del medesimo decreto legislativo;
b) la nullità della clausola ai sensi dell'art. 83, comma 8, del d. lgs. n. 50 del 2016 configura un'ipotesi di nullità parziale limitata alla clausola, da considerare non apposta, che non si estende all'intero provvedimento, il quale conserva natura autoritativa;
c) i provvedimenti successivi adottati dall'amministrazione, che facciano applicazione o comunque si fondino sulla clausola nulla, ivi compresi il provvedimento di esclusione dalla gara o la sua aggiudicazione, vanno impugnati nell'ordinario termine di decadenza, anche per far valere l'illegittimità derivante dall'applicazione della clausola nulla
".

• CONCLUSIONI

Alla luce della seppur sintetica ricostruzione normativa e giurisprudenziale è possibile sostenere che rimane ferma la regola generale dell'impossibilità di impugnare immediatamente le clausole del bando e che l'impugnabilità del provvedimento escludente postula la necessaria partecipazione dell'operatore economico alla gara.
Pertanto, costituisce un'eccezione l'ipotesi in cui l'operatore economico, ancorché non abbia partecipato alla procedura concorrenziale, possa impugnare immediatamente il bando di gara.

A ciò si aggiunga, che l'Adunanza Plenaria ha chiarito che l'articolo 83, comma 8, del decreto legislativo n. 50/2016 debba intendersi riferito alle sole clausole escludenti che impongano adempimenti formali non previsti dalla legge e che l'eventuale clausola in violazione del divieto si intenda come non apposta ed affetta da nullità parziale.

Dunque è possibile sostenere che le due pronunce non appaiono reciprocamente escludenti, ma concorrono a definire il sistema dell'impugnazione delle clausole escludenti.