Civile

Il ravvedimento si è perso, il Fisco resiste all’autotutela

di Salvina Morina e Tonino Morina

Per i contribuenti chiedere l’annullamento degli atti sbagliati è diventata un’impresa. Certo, gli uffici sono in difficoltà anche a seguito della sentenza 37/2015 della Consulta sui dirigenti incaricati. Ma anche far valere un proprio diritto può diventare un’odissea. È il caso di un contribuente siciliano che nel 2015 aveva ricevuto una richiesta sbagliata dalla direzione provinciale delle Entrate di Siracusa, a seguito di controllo automatizzato di Unico 2014 (redditi 2013). Per ottenere l’annullamento, il contribuente ha dovuto fare cinque istanze, oltre a recarsi diverse volte all’ufficio di Siracusa. Ecco la vicenda.

Comunicazione di irregolarità

Il 5 giugno 2015, il contribuente riceve una comunicazione di irregolarità (avviso bonario), con richiesta di pagamento di 1.072,42 euro, quali sanzioni e interessi, per gli acconti anno 2013, versati in misura ridotta; come specificato nella comunicazione, gli importi omessi sono di 3.341 euro come primo acconto e 5.146 euro come secondo acconto per il 2013. La richiesta dell’ufficio è sbagliata perché il contribuente, in sede di saldo per lo stesso anno 2013, aveva già regolarizzato i presunti importi omessi con il ravvedimento operoso, versando, contestualmente, anche le sanzioni e gli interessi dovuti, come risulta dalla «stampa di calcolo ravvedimento operoso». Il “problema”, però, è sorto per colpa del sistema del Fisco che spesso non intercetta i ravvedimenti fatti dai contribuenti. A seguito della comunicazione di irregolarità, il contribuente segnala, tramite il canale telematico Civis, la “dimenticanza” dell’ufficio che non ha tenuto conto del ravvedimento.

Le cinque lettere all’Agenzia

La risposta di Civis è stata di rivolgersi direttamente all’ufficio territoriale dell’Agenzia.

È così partita la prima lettera, spedita all’ufficio il 6 luglio 2015, con la quale viene chiesto di annullare in autotutela la richiesta sbagliata, segnalando che si tratta di una svista frequente del sistema delle Entrate che non “intercetta” i ravvedimenti effettuati. L’ufficio, il 28 settembre 2015, comunica di avere accolto parzialmente l’istanza e riduce la richiesta per sanzioni e interessi da 1.072,42 euro a 630,40 euro. E, nel motivare l’accoglimento parziale, afferma che «il versamento del 7 luglio 2014 è stato calcolato in diminuzione di quanto calcolato dall’ufficio come sanzione e interessi procedendo alla rettifica parziale della comunicazione» perché i versamenti non sono stati eseguiti contestualmente. In realtà, i versamenti sono stati eseguiti contestualmente e nei termini: il 7 luglio 2014.

Con la seconda lettera, spedita all’ufficio l’8 ottobre 2015, viene quindi presentata una nuova istanza di annullamento della richiesta ridotta da 1.072,42 euro a 630,40 euro perché non dovuta, e, per evitare ulteriori fastidi, sono allegati di nuovo i versamenti e la «stampa di calcolo ravvedimento operoso». Ma arriva una nuova richiesta dell’ufficio che, con una cartella, chiede il pagamento di 1.720,12 euro, per sanzioni e interessi su presunti omessi versamenti relativi a Unico 2014. Insomma, l’ufficio, dopo avere ridotto la pretesa da 1.072,42 euro a 630,40 euro, chiede 1.720,12 euro.

Il contribuente, il 19 luglio 2017, ha quindi presentato la terza lettera, chiedendo l’annullamento della cartella di pagamento, in virtù del ravvedimento e dei versamenti eseguiti.

Considerata l’inerzia dell’ufficio, con una quarta lettera, spedita il 2 novembre 2017, è stato nuovamente illustrato il ravvedimento del 7 luglio 2014.

Il 2 novembre, con la quinta lettera, il contribuente, allegando nuovamente tutta la documentazione, chiede di annullare in tempi brevi la richiesta sbagliata dell’ufficio, che è conseguenza del sistema di controllo del Fisco che non “intercetta” i ravvedimenti eseguiti.

Finalmente arriva l’annullamento dell’ufficio di Siracusa, con il funzionario che, a parole, non sapeva spiegarsi il perché del ritardo nello stop a un atto sbagliato, durato più di due anni.

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