Penale

Caso Cospito, il Ministro Nordio respinge la richiesta di revoca del 41 bis

La difesa annuncia che ricorrerà contro la decisione del Ministro

Il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, con un provvedimento articolato ha respinto la richiesta di revoca del regime speciale di detenzione di cui all' articolo 41bis dell'ordinamento penitenziario, presentata dall' avvocato del detenuto Alfredo Cospito. Lo rende noto Via Arenula con un comunicato stampa.

Il 41 bis nei confronti dell'anarchico in sciopero della fame da oltre 100 giorni era stato disposto il 4 maggio dell'anno scorso da Marta Cartabia all'epoca ministro della Giustizia.

La difesa di Cospito annuncia che ricorrerà contro la decisione del ministro. Lo si apprende dall'avvocato Flavio Rossi Albertini.

A quanto riferisce l'Ansa mancano i presupposti per la revoca del 41 bis. Sarebbe questo dunque il cuore del provvedimento. Centrale nella decisione sarebbe stata la circostanza che tutte le autorità giudiziarie che hanno espresso il loro parere al ministro - la Procura nazionale antimafia, la Dda di Torino e la Procura generale del capoluogo piemontese - hanno giudicato "infondate" le ragioni di revoca presentate dal legale di Cospito Flavio Rossi Albertini, legate soprattutto a una sentenza della Corte d'Assise di Roma

Nei giorni scorsi la Giunta dell'Unione delle Camere penali italiane aveva espresso apprezzamento, solidarietà e sostegno per la dura azione non violenta con la quale un detenuto in regime di 41 bis, il signor Alfredo Cospito, ha inteso denunziare con forza, a rischio della propria vita, l'incivile barbarie di quel regime detentivo.

Lo Stato, scriveva l'Ucpi, ha certamente il diritto ed il dovere di differenziare i regimi detentivi in ragione della gravità dei reati commessi dal detenuto, e della ritenuta, accertata sua pericolosità. Ma questo elementare principio di sicurezza non ha nulla a che fare con le regole odiose, violente, non di rado irragionevolmente sadiche che connotano il regime del 41 bis. Vietare a quei detenuti di poter fisicamente abbracciare, pur con la dovuta sorveglianza, i propri familiari; di non poter scegliere liberamente i libri da leggere; di non poter cucinare in cella; di avere per tutta la durata della detenzione una sola ora di aria al giorno; di non poter appendere quadri ai muri, ed altre sadiche, stupide e violente misure di tal genere, umilia ad un tempo la dignità del detenuto e la credibilità democratica e costituzionale dello Stato.

La vicenda - L'anarchico è in carcere già da 10 anni per la gambizzazione, nel 2012, dell'amministratore delegato di Ansaldo Nucleare, Roberto Adinolfi. Un attentato rivendicato dal Nucleo Olga della Fai con una lettera inviata al Corriere della Sera. L'anarchico venne arrestato quasi subito con il suo complice ed amico, Nicola Gai, che è tornato libero nel 2020 dopo uno sconto della pena in appello.

Mentre era in carcere, Cospito fu accusato anche dell'attentato del 2006 contro la Scuola carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo. Due ordigni erano stati piazzati all'interno di due cassonetti all'ingresso dello stabile senza però causare né morti né feriti. Per quell'atto è stato condannato dalla Corte d'appello a 20 anni di reclusione con l'accusa di strage. Sedici anni e sei mesi per la compagna Anna Beniamino. La Cassazione, invece, ha ritenuto si trattasse di strage contro la sicurezza dello Stato, un reato che prevede la pena dell'ergastolo ostativo, che non permette di godere cioè di alcun beneficio. Cospito è il primo anarchico a finire al 41-bis, misura disposta lo scorso maggio per quattro anni. Da tre mesi è in sciopero della fame e le sue condizioni di salute continuano a peggiorare di giorno in giorno.

Il 24 febbraio ci sarà in Cassazione la camera di consiglio per decidere sul ricorso presentato dalla difesa contro l'ordinanza del tribunale di sorveglianza di Roma che ha confermato il regime speciale per quattro anni. Se i giudici accogliessero il ricorso, dunque, sarebbe probabilmente necessaria una nuova decisione del tribunale. E' ancora da fissare invece l'udienza in Corte Costituzionale che, su richiesta della Corte di assise d'appello di Torino, è chiamata a giudicare sulla possibilità di applicare la lieve entità nel processo per strage politica per gli ordigni alla caserma degli allievi carabinieri di Fossano, dove non ci sono state vittime. Se fosse riconosciuta l'incostituzionalità della norma che esclude l'attenuante, la pena massima sarebbe 24 anni e non l'ergastolo

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