Penale

Il documento di valutazione dei rischi anche semplificato deve specificare le tutele ad hoc per le lavoratrici

La sola assistente alla poltrona obbliga il dentista a indicare i rischi in caso di gravidanza e maternità legati all'uso di agenti chimici

di Paola Rossi

La mancata esposizione dei rischi specifici che corrono sul luogo di lavoro le donne in gravidanza e degli eventuali rimedi per azzerarli rende il documento di valutazione del rischio in azienda illegittimamente incompleto determinando un inadempimento penalmente rilevante a carico del datore di lavoro.

La Corte di cassazione con la sentenza n. 36538/2022 ha per tale incompletezza confermato l'ammenda di 1.200 euro a carico del ricorrente, che aveva commesso il reato previsto dall'articolo 55, comma 4, del Dlgs 81/2008, per non aver adempiuto alla prescrizione dell'articolo 28 del Testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro non specificando la presenza di agenti chimici dannosi per la salute di lavoratrici madri nell'ambiente dove viene esplicata la prestazione lavorativa. Adempimento cui era tenuto, in qualità di datore di lavoro, essendo egli dentista e impiegando di conseguenza agenti o sostanze chimiche rischiose durante la gravidanza e dalle quali le lavoratrici vanno protette fino al settimo mese di vita del proprio figlio.

Infatti, tale dovere di specifica non viene meno a causa della circostanza che nello studio fosse presente solo una dipendente donna addetta ad assistere i clienti. Se è vero che la dimensione - in termini di numero di dipendenti - dell'azienda del datore di lavoro (in tal caso uno studio professionale) incide determinando la semplificazione degli obblighi quando il numero dei lavoraratori è esiguo e al di sotto della decina, è pur vero che tale semplificazione non scatta sulle prescrizioni in materia di tutela della salute e della sicurezza delle lavoratrici madri.

La sentenza fa rilevare la sussitenza di tale obbligo carico del datore di lavoro anche quando, come nel caso specifico la dipendente sia unica. E non ha alcun pregio l'argomento del dentista che sosteneva di aver pretermesso l'adempimento in quanto tale lavoratrice era attempata e non era prevedibile alcuna sua gravidanza. I giudici respingono il ragionamento facendo rilevare come una donna che lavori vada protetta anche in caso di adozione di un figlio.

Infine chiarisce la Cassazione che il decreto ministeriale che semplifica la procedura per le aziende fino a 10 dipendenti non esclude - anzi richiama - l'esigenza di specificità delle valutazioni contenute nel Dvr. E, conclude affermando che va data rilevanza anche alla presenza di una sola donna perché diventi doverosa la specificazione del datore di lavoro dei rischi connessi all'impiego di agenti e sostanze chimiche.

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